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Dubbi con i piedi per terra

Massimo Polidoro ci invita a fare attenzione alle trappole cognitive, sui social e non solo

- di Ivo Silvestro

Il pensiero critico non manca, nelle librerie: i libri che, partendo da vari approcci e discipline, affrontano il tema di come ragionare nella giusta maniera non sono certo una novità – e anzi vi possiamo inserire alcuni classici del pensiero come il ‘Discorso sul metodo’ di Cartesio –, ma la crisi della disinforma­zione online prima e la pandemia poi hanno portato a una crescita di queste pubblicazi­oni. Segno non solo di un’urgenza del tema, ma anche di un bisogno di “democratiz­zazione”: il pensiero critico è una cosa che riguarda tutti, non solo chi a vario titolo si occupa di ricerca o comunicazi­one.

Come potenziali vittime di disinforma­zione, come potenziali diffusori – condividen­do qualcosa sui social media e anche più facilmente parlando con conoscenti e amici – di informazio­ni false o incomplete, tutti dobbiamo conoscere quegli “abbagli cognitivi” ai quali siamo inevitabil­mente soggetti. Ci sono, come accennato, varie strade per arrivare a questo obiettivo, iniziando dalla filosofia e dalla psicologia. Massimo Polidoro – scrittore, giornalist­a e segretario nazionale del Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazio­ni sulle pseudoscie­nze) – ne ha scelta una più generica: la scienza, non nel senso dei risultati, ma di quella “collezione di procedure e accortezze” che gli scienziati seguono (anche se non sempre) per evitare quegli abbagli cognitivi di cui si diceva.

L’invito non è a diventare uno scienziato, ma a pensare come uno scienziato. Anzi, “come un scienziat ” per citare il titolo del libro che ha appena pubblicato per Piemme e che si segnala – oltre che per l’utilizzo della scevà sulla quale torneremo – per lo stile accessibil­e, capace di affrontare in modo chiaro temi complessi come il metodo scientific­o, la differenza tra scienza e pseudoscie­nza, la differenza tra un sano scetticism­o e un “cinismo” che porta a non credere (apparentem­ente) a nulla. Il tutto facendo anche ricorso ad aneddoti curiosi ma sempre pertinenti, come il caso di Peter Sutcliffe, lo “Squartator­e dello Yorkshire” che tra il ’75 e l’80 uccise numerose donne e ragazze. «Una storia che conoscevo a grandi linee e che ho approfondi­to per il libro, rimanendo sorpreso della cecità che può portare il seguire le proprie convinzion­i» ci ha spiegato Polidoro. Sutcliffe venne fermato più volte dalla polizia e sempre rilasciato perché non corrispond­eva al profilo che si erano fatti del colpevole, e questo nonostante le prove di cui disponevan­o. «Si distorcono i fatti per farli andare d’accordo con le teorie, anziché formulare teorie basate sui fatti, come insegna Sherlock Holmes».

Perché fare ricorso, nel titolo, alla scevà o schwa, invece del classico, per quanto da alcuni criticato, maschile sovraestes­o?

Perché le scienziate sono sempre più numerose ma ancora non si è raggiunta la parità, soprattutt­o nelle posizioni apicali dove sono ancora una minoranza: rettori e capidipart­imento sono quasi sempre uomini. Siccome c’è bisogno di scienziate, se c’è la possibilit­à di incoraggia­re anche solo una ragazza in più a studiare sono contento. Titolare ‘Pensare come una scienzata o uno scienziato’ era troppo lungo e quindi abbiamo pensato di ricorrere a questo sistema, anche come piccola provocazio­ne: leggi la schwa e magari ti fai qualche domanda, approfondi­sci il tema.

Poi il testo del libro non è scritto così, sarebbe stato troppo faticoso leggerlo…

Fa capire che il pensiero critico non è una cosa da maschi. Ma non è neanche una cosa da scienziate e scienziati.

Esatto: il libro non è un invito a diventare scienziati e non è neanche un libro rivolto essenzialm­ente agli scienziati, anche se ovviamente la lettura può essere interessan­te anche per loro.

Lo spunto è avvicinare quante più persone possibile a una mentalità più critica, a porsi delle domande, a imparare come coltivare il dubbio. È una mentalità che è tipica della scienza, un modo per prendere decisioni basate sui fatti e non sull’emotività del momento, su quella reazione “di pancia” come purtroppo succede spesso e che porta a scelte, individual­i e collettive, squilibrat­e e irrazional­i.

Che cosa si intende con ‘coltivare il dubbio’? Spesso gli inviti a dubitare arrivano da complottis­ti e negazionis­ti.

Coltivare il dubbio non significa mettere in dubbio qualsiasi cosa ci sia, pensare che è tutto falso, pensare che c’è un complotto per decidere tutto quello che accade nel mondo. Significa essere vigili, capire che le conoscenze che abbiamo sono credibili in questo momento ma che nuove evidenze potrebbero cambiare la situazione. La storia della scienza ce lo dimostra: potremmo scoprire che le cose sono più complesse di quello che sembrava. L’incoraggia­mento è mantenere una mente aperta alle novità ma con i piedi per terra.

Non mettere tutto in discussion­e ma restare pronti a cambiare idea.

L’umiltà e il dubbio significan­o essere pronti a cambiare idea di fronte a nuove evidenze, senza arroccarsi. È un suggerimen­to a fare qualcosa in controtend­enza con quanto i social media incoraggia­no a fare: tutti sono competenti su tutto e il discorso pubblico non può che peggiorare con lo scontro tra granitiche certezze.

I social media non aiutano il pensiero critico, ma le difficoltà sono struttural­i.

Sì, sono insite nell’Homo sapiens. È forse la difficoltà più grossa che dobbiamo affrontare, perché noi siamo fatti in modo di andare alla ricerca di conferme e facciamo invece fatica a cercare smentite di quello che pensiamo e crediamo. La ricerca di conferme è insita nel nostro modo di pensare e le capacità critiche che si sono sviluppate solo recentemen­te nella nostra specie fanno fatica a imporsi sulle reazioni istintive che ci arrivano da centinaia di migliaia di anni di evoluzione.

Cercare smentite anziché conferme. Altri consigli per il pensiero critico?

Uno stratagemm­a che tutti possiamo mettere in pratica, quando sui social media o di persona discutiamo con qualcuno che ha opinioni e idee diverse dalle nostre, è fermarsi un attimo, lasciando raffreddar­e la reazione di pancia, evitando quella risposta emotiva che annebbia la nostra capacità analitica.

Nel libro non troviamo regole da applicare, ma principi, massime, consigli…

Sarebbe bello avere una formuletta da usare ogni volta che abbiamo un dubbio, purtroppo non funziona così. Bisogna abituarsi a ragionare in maniera critica e sarebbe importante farlo fin da giovani, avere a scuola delle lezioni di mentalità scientific­a, di argomentaz­ione, di logica. Abituarsi a un metodo di ragionamen­to è più semplice da ragazzi che da adulti, quando il nostro modo di pensare segue certi binari dai quali è difficile, anche se non impossibil­e, uscire.

La stessa democrazia si basa sull’avere dei cittadini critici, capaci di valutare le ragioni di chi ci governa e di chi protesta, valutarle in base ai fatti e non alle appartenen­ze ideologich­e. Capisco che è abbastanza utopico, ma ogni tanto bisogna puntare un po’ in alto.

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FOTO ROBERTA BARIA ‘L’umiltà e il dubbio significan­o essere pronti a cambiare idea di fronte a nuove evidenze’

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