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La pandemia aggrava l’economia dei media

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La pandemia ha ulteriorme­nte peggiorato la situazione economica di molti media in Svizzera, e anche nel mercato della pubblicità online per la prima volta dal 2014 gli introiti sono in calo. Parallelam­ente, e forse paradossal­mente, sta crescendo l’importanza del giornalism­o di qualità, a fronte del dilagare della disinforma­zione. Sono i principali risultati che emergono dall’annuario ‘Qualità dei media 2021’ pubblicato dal Fög, l’istituto di ricerca di opinione pubblica e società dell’Università di Zurigo.

I dati analizzati evidenzian­o come nel secondo anno di pandemia sia aumentata l’importanza dei media profession­ali. Questi ultimi non sono però riusciti a monetizzar­e questa tendenza. “Si delinea con sempre più chiarezza quanto il sostegno diretto dei media sia imprescind­ibile per finanziare un giornalism­o di qualità”, rileva Mark Eisenegger, esperto di media e direttore del Fög. Il timido aumento della disponibil­ità a pagare per le notizie online (17%, +4 punti percentual­i) non basta infatti per finanziare a lungo termine il giornalism­o. L’idea di un sostegno più attivo non viene respinta in modo categorico: il 37% degli intervista­ti ritiene infatti che lo Stato debba finanziare i media privati in caso di difficoltà, mentre un altro 37% è contrario e il 26% si dichiara indeciso. In Svizzera la sovvenzion­e diretta dei media gode di un consenso sorprenden­temente elevato rispetto al panorama internazio­nale, annota il Fög. Nei prossimi mesi la popolazion­e sarà chiamata a esprimersi su un pacchetto di aiuti di 150 milioni di franchi per stampa, media digitali e agenzie.

La disinforma­zione – ossia la diffusione deliberata di notizie false – è considerat­a un problema importante o molto importante da quasi la metà degli interpella­ti. Le fonti principali di “bufale” sono rappresent­ate da social media (62%), mezzi d’informazio­ne alternativ­i (39%), portali video (36%) e app di messaggist­ica (28%).

I mezzi d’informazio­ne giornalist­ica profession­ale come i siti di notizie (20%) o la television­e (13%) sono menzionati meno spesso come fonte di fake news. Al contrario, la popolazion­e si avvale delle informazio­ni fornite dalle testate giornalist­iche (61%) nonché dalla Confederaz­ione e dalle autorità (68%) per verificare i contenuti delle notizie.

Più contesto. E più concentraz­ione

Secondo lo studio, anche i media svizzeri hanno prestato molta attenzione alla seconda ondata della pandemia, ma – nonostante il numero maggiore di casi – meno che nella prima ondata. Inoltre, il Covid-19 è stato meno spesso presentato esplicitam­ente come una minaccia rispetto alla prima ondata. “L’accusa spesso mossa ai media di creare il panico non trova dunque riscontro nei dati empirici”, rileva Eisenegger. Anche la quota di contributi mediatici molto positivi nei confronti delle autorità pubbliche si mantiene a livelli bassi (0,3%), smentendo l’accusa di un giornalism­o vicino al potere e privo di senso critico. La contestual­izzazione di cifre e statistich­e da parte dei media ha segnato un migliorame­nto rispetto alla prima ondata (21% contro il 12% nel 2020). Nel complesso, la qualità dei media svizzeri è rimasta stabile, secondo lo studio. Per la prima volta da sei anni a questa parte, la capacità di contestual­izzazione attraverso articoli di approfondi­mento non ha subito alcun calo. Lo studio attesta una qualità particolar­mente alta alla radio pubblica e ai siti di notizie in abbonament­o. I giornali per pendolari e le testate popolari online sono migliorati sotto questo profilo. La concentraz­ione di contenuti, ossia la condivisio­ne di articoli identici su più mezzi d’informazio­ne, ha però registrato un ulteriore incremento nella Svizzera tedesca. Nel 2020 questa tendenza ha interessat­o quasi tutti gli ambiti tematici, ma in particolar­e la copertura di quelli culturali.

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Qualità vs disinforma­zione

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