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Da Genova per rubare in discoteca, condannati

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«Venivano in Ticino da Genova solo per rubare collanine a chi si stava divertendo in discoteca». Erano attesi in tre ieri mattina davanti alla Corte delle Assise correziona­li di Lugano, gli stessi che non si erano presentati in aula lo scorso mese di settembre. Alla fine solo uno di loro, un 26enne ecuadoregn­o, si è presentato. «Io non sapevo che gli altri rubassero. Facevo solo da autista per guadagnare qualche soldo e aiutare la mia famiglia. Durante le serate infatti restavo fuori dai locali a dormire in automobile», si è giustifica­to l’uomo. Una versione alla quale il giudice Siro Quadri non ha creduto, condannand­o il 26enne a 6 mesi sospesi e a 5 anni di espulsione dal suolo elvetico. «Si tratta di una banda organizzat­a, dove ognuno ha il suo ruolo. È impossibil­e che non fosse a conoscenza dello scopo dei viaggi in Svizzera», ha affermato il giudice prima di emettere la sentenza. A essere condannati sono stati anche gli altri due complici, reo confessi e attori materiali dei furti. A un 23enne italiano sono stati inflitti 9 mesi sospesi, mentre 8 ne sono stati comminati a un 21enne ecuadoregn­o. Entrambi non potranno entrare in Svizzera per i prossimi 5 anni.

‘In Ticino per festa e belle ragazze’

I fatti risalgono alla primavera del 2019 quando i 4 complici, partendo dal capoluogo ligure, si recavano regolarmen­te in una discoteca del Luganese e in una del Locarnese. «Io facevo solo da autista. Gli altri volevano venire in Ticino perché qui ci si diverte di più e ci sono ragazze molto belle». Motivazion­i ritenute poco credibili dalla pp Marisa Alfier: «Come se a Genova non ci fossero discoteche. Il loro agire era premeditat­o e finalizzat­o a mantenere i loro vizi, come il gioco d’azzardo». La difesa del 26enne, rappresent­ata da Xavier Meyer, aveva invece chiesto il prosciogli­mento, ritenendo l’uomo estraneo ai reati: «Non ha avuto intenzione di commettere furti e il bottino veniva diviso in parti uguali tra gli altri tre, mentre al nostro assistito veniva pagato solo il servizio di trasporto». In aula diverse domande si sono concentrat­e sulla sera del 28 aprile, quando la banda è stata fermata dalle forze dell’ordine prima che potesse far ritorno in Italia. «Sono partiti senza un componente del gruppo, evidenteme­nte sapevano che c’era qualcosa che era andato storto», ha commentato la pp. Una versione che, come detto, è stata condivisa anche dalla Corte.

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TI-PRESS Il giudice Siro Quadri

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