Culture in dialogo su carta
‘Sur papier’ di Mingjun Luo, Francine Mury, Jiang Zuqing e Sivan Eldar, fino al 20 marzo
«Il tratto che fai con una matita non esiste nella pittura diciamo libera, che sia calligrafica o pittorica: il pennello non fa mai un tratto, il pennello ha un movimento». Siamo nella prima sala dello Spazio Cielo del Musec, il Museo delle culture di Lugano, quando l’artista romanda, ma da anni attiva in Ticino, Francine Mury spiega la peculiarità del “suo” lavoro su carta. Davanti a noi, una “grande” opera in cui l’inchiostro di china tratteggia strani mondi. Spieghiamo subito quelle virgolette, iniziando dal “grande”. Le opere che troviamo esposte al Musec fino al 20 marzo sono effettivamente di grande formato ma, ha spiegato il curatore Marco Franciolli, ve ne erano di ben più grandi al Mahn, il Musée d’art et d’histoire di Neuchâtel dove il progetto ‘Sur papier’ è stato presentato la scorsa estate. «Ero un po’ preoccupato dal passaggio da questo edificio imponente (il Mahn, ndr) a una dimensione più intima ma come sempre i limiti aiutano la creatività a essere più forte e in questo caso la concentrazione in spazi più piccoli ha obbligato alla costruzione di un progetto diverso che porta a confrontarsi con i lavori in modo più personale, più contemplativo».
E ora il “suo” lavoro: ‘Sur papier’ è una mostra collettiva che coinvolge quattro artiste, ma non è semplicemente questo il motivo per cui non si può parlare di opere soltanto di Francine Mury (anche perché sono esposti alcuni lavori individuali). Il fatto è che il progetto nasce dall’incontro tra due artiste: la svizzera Francine Mury e la cinese Jiang Zuqing. La storia di questo incontro è raccontata nel film ‘One Leaf One World’ di Domenico Lucchini (montato dagli allievi del Cisa «con sguardo artistico oltre che tecnico», ha spiegato il regista e direttore della scuola) proiettato in anteprima nei giorni scorsi al Lux di Massagno e del quale è presente un estratto a conclusione del percorso espositivo. Qui è importante sottolineare il dialogo artistico e culturale che si è creato tra le due artiste, dialogo che è interessante leggere alla luce delle riflessioni sulla globalizzazione che se da una parte omologa e uniforma, dall’altra permette sintesi creative tra tradizioni lontane. Su quella carta preparata seguendo tradizioni orientali partendo da bambù o dal gelso (quella impropriamente chiamata “carta di riso”) abbiamo un superamento dell’aspetto artistico individuale, uno degli elementi che ha convinto Franciolli a curare il progetto. Abbiamo chiesto a Francine Mury – Jiang Zuqing è purtroppo rimasta in Cina a causa della pandemia – qualche dettaglio in più sulle modalità di lavoro. «Nel nostro mestiere ci sono tante cose misteriose. All’inizio si fa un progetto, si pensa di fare qualcosa insieme, magari un viaggio, una cena… Qui dopo la visita alle cartiere abbiamo detto che avremmo potuto unire dei rotoli nel grande studio dell’accademia a Pechino per fare qualcosa insieme, ognuno il suo foglio. Ma alla fine li abbiamo messi per terra e senza un progetto prestabilito ci siamo lasciate andare al gioco. Siamo entrate in un ritmo, non si può dire “questa è la mia parte, questa è la tua”».
Il contrappunto di Mingjun Luo e Sivan Eldar
Il dialogo tra Francine Mury e Jiang Zuqing avviene su carta: grandi opere (anche se come detto in realtà sono di “medio formato”) realizzate incollando insieme fogli – di nuovo seguendo una tradizione cinese – e altri lavori in cui vengono ripresi e reinterpretati elementi della cultura cinese, in particolare della medicina tradizionale («il tema della cura è per noi molto importante» ha spiegato Mury durante la visita). Il supporto non è un elemento secondario e basta avvicinarsi alle opere per capirlo, per percepire quanto sia importante l’elemento materiale. Viene voglia di toccarla, quella carta, tanto che abbiamo suggerito di rendere disponibili ai visitatori dei campioni per appropriarsi della materia. Ovviamente più articolato il rapporto degli artisti: del pennello che non disegna tratti ma movimenti si è già detto. Ancora Francine Mury: «Abbiamo l’abitudine, se si schizza qualcosa che non funziona, di strappare la carta e buttarla… ma queste carte cinesi sono molto diverse da quelle occidentali, anche delle più care, con la loro sottigliezza e la loro resistenza è come se portassero dentro tutta la natura, tutti gli elementi. Per fare impallidire i trucioli vengono messi al sole su delle colline per anni: abbiamo la luce, abbiamo l’acqua, abbiamo il vegetale, la terra. E con l’inchiostro sulla carta si vede ogni sbaglio».
Dopo questa descrizione non stupisce che quella carta sia stata non solo supporto artistico, ma anche sostegno esistenziale nei momenti difficili per Mingjun Luo, artista cinese da oltre vent’anni in Svizzera e che, ha raccontato, nel tocco della carta orientale ha trovato conforto. ‘Sur papier’, come detto, è un progetto che ha coinvolto il Mahn di Neuchâtel dove la curatrice Antonia Nessi ha pensato di allargare il dialogo ad altri punti di vista.
L’opera di Mingjun Luo, con questo suo riguardare alla propria formazione cinese secondo le forme artistiche e culturali apprese in Europa, è il contrappunto ideale al dialogo tra Francine Mury e Jiang Zuqing. In perfetta alternanza, troviamo le sue opere nella seconda e nella penultima sala dello Spazio Cielo. Troviamo opere che rompono con il passato, in senso metaforico e letterale: nella serie ‘Break the Chinese Character’ vediamo una sorta di ripensamento artistico degli ideogrammi, mentre la serie ‘Bols’ (ciotole) consiste in vecchi lavori su carta di Mingjun Luo strappati in piccoli pezzettini e ricomposti formando, appunto, delle ciotole. Tuttavia i lavori più suggestivi, che l’allestimento del Musec ben valorizza, sono quelli della serie ‘Break up étoilé’.
Infine abbiamo Sivan Eldar, compositrice israeliana: per la mostra al Mahn aveva realizzato una complessa installazione che sfruttava le vibrazioni sonore per muovere dei pigmenti. L’allestimento al Musec è più semplice: una sequenza acustica che dialoga con le opere di Francine Mury e Jiang Zuqing nella sala centrale; limitata ma importante nel dare un senso musicale al lavoro delle due artiste.