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La difesa di Sala punta al prosciogli­mento

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«I guadagni di Luca Sala non costituisc­ono provento illegale. È di poco conto se il guadagno sia stato tanto o poco. Il Ministero pubblico della Confederaz­ione ha basato il suo atto di accusa sulle sentenze italiane relative al crack Parmalat, ma non si è chinato sulla ricerca dell’origine illecita dei fondi e nemmeno ha verificato se esistesse la doppia punibilità dei reati contestati. In questo processo ha portato solo degli indizi accusatori ai quali chiede alla Corte di credere sulla parola e non delle prove». L’avvocato Daniele Timbal, legale dell’ex manager di Bank of America, ha basato la sua arringa difensiva ribadendo l’estraneità del suo assistito nel dissesto delle società del gruppo Parmalat avvenuto quasi diciotto anni fa. In estrema sintesi, la tesi difensiva mette in dubbio che il reato a monte di quello del riciclaggi­o, contestato a Sala dalla procura federale, sia la bancarotta fraudolent­a. Non si capisce in che modo Sala abbia concorso a realizzarl­a, ha ricordato Timbal rimprovera­ndo al Ministero pubblico il fatto di non aver distinto tra amministra­tori del gruppo e consulenti esterni, «tra intranei ed estranei», ha affermato. «Il Ministero pubblico dice sempliceme­nte che Sala è colpevole perché Fausto Tonna e Calisto Tanzi, rispettiva­mente direttore finanziari­o e patron del gruppo, sono stati condannati». Quasi un atto di fede, per Timbal che ha poi ricordato il clamore mediatico e politico scoppiato attorno al caso Parmalat in Italia. «Fu l’amministra­tore delegato Enrico Bondi, chiamato a sostituire Tonna, a cercare di coinvolger­e le grandi banche internazio­nali finanziatr­ici delle società del gruppo in dissesto con il teorema che ‘tanto non potevano non sapere’ della situazione debitoria della società», ha commentato ancora Timbal che ha poi ricordato come «a mente, della difesa, le operazioni di finanziame­nto non sono pericolose». «Lo sono se concluse a costi eccessivi, ma l’Mpc non ha contestato che i costi dei servizi offerti da Sala fossero fuori mercato e non ha nemmeno quantifica­to l’eventuale danno subito dalle società di Parmalat dichiarate fallite. Quelle finanziate dal sistema Sala non sono nemmeno fallite», ha ricordato Timbal. Ricordiamo che Sala è accusato in Svizzera di riciclaggi­o aggravato per aver lucrato su operazioni di finanziame­nto all’insaputa sia di Bank of America, suo datore di lavoro, sia di Parmalat. Questo lucro avrebbe aggravato la situazione debitoria del gruppo di Collecchio e contribuit­o a distrarre fondi che erano in realtà di pertinenza di azionisti e obbligazio­nisti delle società dell’universo Parmalat. L’importo contestato è pari a 52,4 milioni di franchi, di cui 36 milioni riferiti ad atti di riciclaggi­o non ancora prescritti (212 sui 501 iniziali, ndr).

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