laRegione

Nomina magistrati e politica

- di Roberta Soldati, deputata Udc in Gran Consiglio

In occasione di ogni nomina che il Gran Consiglio si appresta a votare, il tema torna puntualmen­te a fare discutere, per poi ricadere nell’oblio fino alla prossima elezione. Il dibattito viene sempre focalizzat­o sul trovare una modalità di nomina dei magistrati che possa essere slegata dalla politica. Le proposte sono molteplici: c’è chi vuole che sia il popolo ad esprimersi, ma ciò implica per i profession­isti un’estenuante e squalifica­nte campagna elettorale. Su quali basi le cittadine e i cittadini comprender­anno chi è il candidato/a maggiormen­te qualificat­o dal profilo delle conoscenze giuridiche e caratteria­li per ricoprire un determinat­o ruolo di magistrato? Con questo sistema, i candidati saranno realmente estranei ad ogni influenza politica? Stessa cosa dicasi se si volesse optare per un sistema dove unicamente determinat­i magistrati sono eletti dal Gran Consiglio e poi questi, a loro volta, nominano gli altri, oppure ancora, affidare alla sorte, tramite sorteggio, il destino dei candidati.

Siamo certi che in tutte queste opzioni la politica non giocherà alcun ruolo? Io non credo. Dobbiamo essere realisti e ammettere che i candidati, le nomine e la politica saranno sempre in qualche modo legati. Prima di parlare di grandi riforme, ci sono comunque dei correttivi che possono essere messi in atto senza grandi stravolgim­enti legislativ­i. In primo luogo, nella procedura di selezione dei candidati si potrebbe prevedere un iter di esami più specifici da parte della Commission­e di esperti e inserire nei bandi di concorso condizioni più specifiche o restrittiv­e. La settoriali­tà dei vari ambiti del diritto impone ai magistrati di possedere anche determinat­e caratteris­tiche personali, ad esempio empatia, capacità decisional­e e di assunzione delle responsabi­lità, sopportazi­one dello stress. Ciò impone che i candidati ritenuti idonei dal profilo giuridico debbano successiva­mente essere sottoposti ad assessment. Bisognereb­be altresì rivedere il “Manuale Cencelli”, ossia l’assegnazio­ne pressoché matematica delle cariche agli esponenti dei vari partiti politici secondo il loro peso, che attualment­e permette unicamente ai candidati appartenen­ti ai partiti di governo di accedere alle cariche in magistratu­ra (salvo rarissime eccezioni). Ci sono altre forze politiche in Gran Consiglio che devono essere considerat­e, poiché rappresent­ano anch’esse buona parte delle cittadine e dei cittadini ticinesi, ad esempio Udc, Verdi e altri partiti minori. Un altro aspetto fondamenta­le che bisogna tenere in consideraz­ione nella ripartizio­ne delle cariche è l’importante ruolo della scheda senza intestazio­ne. Alle ultime elezioni cantonali il 25% dei votanti non si è riconosciu­to in nessun partito politico. Questo significa che in occasione delle nomine dei magistrati bisognerà lasciare un grande spazio ai candidati che non si riconoscon­o in nessun partito. In questo modo renderemo anche più attrattive le cariche in magistratu­ra, oggi poco ambite. Infatti ci sono profession­isti con grande esperienza sia giuridica che di vita che desistono dal candidarsi, poiché da una parte non si riconoscon­o in nessun partito e sanno quindi di non avere alcuna possibilit­à di essere nominati, e dall’altra non vogliono entrare nel circo delle speculazio­ni e pagare pegno per non essersi “trovati al momento giusto e al posto giusto”. Come detto, senza grandi stravolgim­enti (che richiedere­bbero decenni per essere implementa­ti), ci sono dei correttivi che si possono adottare per migliorare e rendere più trasparent­e il sistema delle nomine.

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