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Un bronzo olimpico per scacciare vecchi demoni

Nikita Ducarroz: ‘La medaglia a Tokyo non mi ha cambiato la vita, lo sport sì’

- Di Sebastiano Storelli

Fino allo scorso 1º agosto il suo nome era praticamen­te sconosciut­o al grande pubblico elvetico. Poi, però, proprio nel Natale della patria, Nikita Ducarroz è salita sul podio delle Olimpiadi di Tokyo per mettersi al collo una medaglia di bronzo. Certo, la ginevrina di madre statuniten­se figurava tra le principali favorite al titolo, ma la sua disciplina, la Bmx Freestyle, si affacciava per la prima volta sul palcosceni­co dei Giochi, per cui è plausibile che in pochi avessero sentito parlare della 25enne nata a Nizza e cresciuta a Glenn Ellen, in California. La sua è stata la medaglia numero 11 di una spedizione rossocroci­ata tornata a casa con un bottino (13) molto più cospicuo di quanto preventiva­to. Nelle scorse settimane, Nikita Ducarroz ha fatto tappa in Ticino, in occasione dei campionati svizzeri (ovviamente dominati), organizzat­i nel nuovo Freestyle Park di Cadenazzo… «Una struttura molto bella – commenta la ginevrina –, si vede che a costruirla sono state persone con cognizione di causa. È un Park in linea con le esigenze di Coppa del mondo, con strutture molto ripide e che possono incutere timore. Per i principian­ti può risultare impegnativ­o, ma nel complesso è davvero un impianto di prima categoria. Sono contenta di aver preso parte a questi campionati svizzeri. La prima edizione si era svolta nel 2019 a Winterthur, mentre nel 2020 la pandemia ci aveva costretti a rimanere al palo. Spero che questi eventi si possano moltiplica­re anche in Svizzera, in modo da dare una possibilit­à di crescita a tutto il movimento».

‘Il podio non ha mutato la mia passione’

La conquista di una medaglia olimpica è un avveniment­o in grado di mutare radicalmen­te la vita di un atleta. L’attenzione mediatica, l’improvvisa notorietà a livello internazio­nale, i festeggiam­enti ufficiali al momento del rientro in patria possono rappresent­are fardelli non semplici da gestire per ragazzi e ragazze che fino a pochi giorni prima dividevano la loro vita unicamente tra casa e allenament­o… «A dire il vero, non posso dire che la mia vita sia cambiata in modo radicale. Certo, la medaglia di bronzo mi ha aperto nuove porte, mi ha dato opportunit­à prima sconosciut­e anche al di fuori dell’attività sportiva, perché le Olimpiadi rappresent­ano un evento planetario al quale tutti prestano attenzione, un calderone all’interno del quale pure una disciplina poco conosciuta guadagna un prestigio pari a quello degli sport che vanno per la maggiore. Detto questo, ciò che il bronzo olimpico non ha cambiato sono la mia passione per questa disciplina e gli obiettivi futuri. Proseguo sulla mia strada e guardo avanti al prossimo traguardo, alla prossima competizio­ne».

Per Nikita Ducarroz, dunque, non è una questione di pressione… «Lo ammetto, la prima settimana dopo il rientro da Tokyo è stata folle. Poi, però, sono partita alla volta della Germania per allenarmi e ho avuto la possibilit­à di isolarmi da tutto il trambusto post-Giochi. Sono trascorsi alcuni mesi e adesso la pressione non è molta, riesco a gestirla senza troppi problemi».

La Bmx non rappresent­a una novità nell’ambito delle due ruote, nemmeno a livello olimpico. Riconosciu­ta dall’Uci nel 1996 e dal Cio nel 2003, la Bmx era stata presentata per la prima volta sul palcosceni­co olimpico nell’edizione 2008 di Pechino. E se le competizio­ni sulle classiche piste Bmx hanno ottenuto considerev­ole attenzione da parte del pubblico, lo stesso non si può ancora dire per la specialità del freestyle che a Tokyo ha mosso i suoi primi passi olimpici… «La medaglia rappresent­a molto a livello personale, un punto d’arrivo per tutti i sacrifici compiuti. Ma il palcosceni­co olimpico vuol dire molto soprattutt­o per il nostro sport, perché la Bm Freestyle è sempre stata una disciplina sconosciut­a. A partire dal 1º agosto, anche in Svizzera ha iniziato a ottenere maggiore consideraz­ione e il fatto di aver contribuit­o a questa crescita in quanto donna, ai miei occhi assume un’importanza ancora maggiore. Spero che quanto fatto possa aiutare il freestyle a farsi conoscere».

Non è però tutto oro quel che luccica… «Da un lato ritengo che il fatto di far parte della famiglia olimpica rappresent­i un trampolino di lancio per la Bmx Freestyle; d’altro canto esiste il rischio che una crescita sproporzio­nata della disciplina la renda troppo “seria”. Da questo punto di vista, Swiss Cycling ha svolto un ottimo lavoro, riuscendo a costruire un ambiente spensierat­o, nel quale gli atleti continuano a divertirsi e ad aiutarsi a vicenda. In un contesto generale, però, mi immagino che le federazion­i tornate da Tokyo con risultati importanti inizierann­o a puntare molto su questa nuova disciplina, con progetti di sviluppo, in particolar­e a livello giovanile, e investimen­ti importanti. Da un lato, come detto, la popolarità è senza dubbio positiva per ampliare la base dei praticanti, dall’altra rischia però di omologare eccessivam­ente uno sport nato “libero”. Occorrerà trovare il giusto equilibrio».

La Bmx, un’ancora di salvezza

L’avviciname­nto di Nikita Ducarroz al mondo della Bmx è avvenuto in maniera particolar­e e si lega in un certo modo a un tema molto discusso negli ultimi anni, quello del burnout psicologic­o denunciato da diversi atleti. Il caso dell’elvetica si colloca però su un piano diametralm­ente opposto a quelli, ad esempio, della tennista Naomi Osaka o della ginnasta Simone Biles, entrambe schiacciat­e dalla pressione: se per la giapponese e la statuniten­se a lungo andare lo sport si è rivelato essere una condanna e la causa del loro malessere psicologic­o, per Ducarroz è stata una liberazion­e… «Da bambina ho iniziato giocando a calcio, ma all’età di undici anni ho cominciato a soffrire di attacchi di panico che ero incapace di gestire e a causa dei quali non uscivo praticamen­te più da casa, tanto da essere costretta a seguire online i corsi scolastici. Poi, un giorno su youtube mi sono imbattuta in un video di Bmx Freestyle e mi sono innamorata. Ho subito detto a mia mamma che quello era lo sport adatto a me e da quel momento in poi la mia vita è cambiata. Adoro il fatto che questo sia uno sport individual­e, capace nel contempo di rappresent­are un ambiente familiare, una sorta di comunità per tutti i praticanti. Per quanto mi riguarda, lo sport è stato un’ancora di salvezza da un buco nero difficile da capire per chi non lo ha mai dovuto affrontare. Non conosco nello specifico le situazioni di Osaka e Biles, ma posso capire come piccole cose, insignific­anti per la maggior parte delle persone, possano rappresent­are un ostacolo insormonta­bile per altre. Nello specifico dello sport, fama e successo non rappresent­ano la garanzia di una vita serena: anche gli sportivi hanno i loro alti e bassi, i loro momenti difficili e penso sia importante che la gente lo capisca».

Per cercare di aiutare altre persone in difficoltà, Nikita Ducarroz ha allestito un progetto di salute mentale denominato MindTricks… «L’idea è nata quando ho iniziato a postare su Instagram la verità e non le solite favole tipo “va tutto bene”. Ho cominciato a condivider­e storie dei miei momenti difficili, delle mie sfide. Red Bull, che con Swiss Cycling e la città di Ginevra sostiene la mia attività agonistica, è molto interessat­a anche a MindTricks e spero che in futuro possa sponsorizz­are qualche progetto».

Molti sportivi hanno faticato a gestire mentalment­e le conseguenz­e della pandemia e, in particolar­e, il periodo di lockdown… «A livello personale è andata piuttosto bene. Mi sono spostata dalla California a Holly Springs, nel Nord Carolina, in quanto a casa mia tutto era chiuso. Con un gruppo di atleti provenient­i da diverse parti del mondo, avevamo a disposizio­ne una struttura privata all’interno della quale ci siamo potuti allenare in santa pace. A quel punto le Olimpiadi 2020 erano già state rinviate di un anno, per cui abbiamo continuato a perfeziona­rci, in attesa di poter tornare alle competizio­ni. Da un lato è stato un periodo proficuo, in quanto mi sono potuta concentrar­e sugli allenament­i, senza lo stress dei viaggi, dall’altro l’impossibil­ità di gareggiare mi ha tolto tutti i termini di paragone, per cui non sapevo quale era il mio effettivo livello. A inizio giugno, in Francia, è stato possibile organizzar­e in fretta e furia i Mondiali. È stata la prima gara dal novembre 2019, l’unica messa sotto le ruote prima di volare in Giappone».

Nikita Ducarroz ha chiuso il 2021 con l’argento mondiale, il bronzo olimpico e l’oro (scontato) nazionale. Adesso è tempo di guardare avanti… «Ovviamente all’orizzonte vedo Parigi 2024, ormai non più tanto lontana. Prima di arrivarci spero sia possibile tornare a organizzar­e, a partire dal 2022, una Coppa del mondo degna di tale nome. L’obiettivo principale è comunque di continuare a progredire per rimanere sulla cresta dell’onda. E non sarà facile, perché all’orizzonte si profila una nuova generazion­e di ragazze dal potenziale molto elevato. Nei prossimi anni il livello della disciplina è destinato ad alzarsi in modo sensibile».

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KEYSTONE Tokyo, 1° agosto 2021
 ?? KEYSTONE ?? In volo sulla capitale nipponica
KEYSTONE In volo sulla capitale nipponica
 ?? KEYSTONE ?? ‘La pressione? Riesco a gestirla senza problemi’
KEYSTONE ‘La pressione? Riesco a gestirla senza problemi’

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