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L’omicida di don Roberto va in appello

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Quando, ovviamente, non è dato sapere, ma è certo che l’omicidio di don Roberto Malgesini tornerà davanti ai giudici, questa volta quelli della Corte d’Assise d’appello di Milano. L’omicida, Ridha Mahmoudi, 53enne tunisino, condannato all’ergastolo dai giudici di primo grado, ha già deciso di impugnare la condanna incaricand­o il difensore, avvocato Sonia Bova del Foro di Lecco, di ricorrere in appello. Un ricorso che verrà formalizza­to una volta depositate le motivazion­i della sentenza entro la fine del prossimo mese di gennaio. Prima di allora, però, potrebbe finire nei guai l’avvocato del tunisino che a un certo punto dell’arringa difensiva ha sferrato un attacco frontale ai giudici della Corte d’Assise di Como: “Dovevate essere più coraggiosi. Qui (a Como, ndr) non ci può essere serenità di giudizio. Come potete essere sereni a decidere del terribile omicidio di un santo? Questo luogo è viziato. Questa corte non è serena. Don Roberto era un San Francesco d’Assisi dei nostri giorni, ammansiva i lupi. Ciò non toglie che il processo per il suo omicidio dev’essere giusto, non un processo sommario che si basa tutto su una consulenza psichiatri­ca di parte. Potete anche condannarl­o all’ergastolo, ma vi surclasser­ò in appello”. A un certo punto l’avvocato è sembrata essere andata oltre, avanzando il sospetto che la Corte avesse già deciso la condanna all’ergastolo. Al che è intervenut­a la presidente Valeria Costi: “Avvocato, l’avverto che il suo intervento è registrato, per cui si assume tutta la responsabi­lità di quanto sta dicendo”. La risposta del difensore dell’omicida: “Ne sono consapevol­e”. La Corte d’Assise, facendo uno strappo alla norma, ha deciso di restituire immediatam­ente alla mamma di don Roberto la Croce Tau in legno che il sacerdote da sempre aveva al collo.

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