laRegione

Pareggio dei conti, un segnale chiaro

- di Paolo Caroni, granconsig­liere Ppd

Il decreto concernent­e il pareggio dei conti entro il 2025 in votazione il prossimo 15 maggio è un segnale chiaro all’indirizzo della politica e in particolar­e al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio: i conti devono tornare in pareggio.

Da un certo punto di vista il decreto riprende quanto già previsto all’art. 34ter della Costituzio­ne cantonale, ma specifica come la politica deve raggiunger­e il pareggio, vale a dire prevalente­mente con il contenimen­to della spesa, senza l’aumento delle imposte e senza il riversamen­to degli oneri finanziari sui Comuni. Il decreto è il frutto della constatazi­one che purtroppo le uscite dello Stato crescono in modo preoccupan­te, per certi versi in modo eccessivo, verosimilm­ente senza un sufficient­e senso critico.

Diamo qualche cifra: la spesa corrente è passata da fr. 2,8 miliardi nel 2010 a circa 3,8 miliardi oggi, e sarà secondo le previsioni di 4,1 miliardi nel 2025. Tra il 2010 e il 2022 solo 4 anni hanno visto chiudere i conti in positivo. Il debito pubblico cantonale era di circa fr. 1 miliardo nell’anno 2000, nel 2020 era di 2 miliardi e secondo le previsioni sarà di 3 miliardi nel 2025: si tratta di una crescita esponenzia­le. Infine, quasi l’intero importo dei circa fr. 1,3 miliardi delle imposte cantonali delle 180’000 persone fisiche servono a coprire il costo dei 9’000 dipendenti dello Stato (fr. 1,1 miliardi).

Certo, solo queste cifre non danno una visione completa della situazione del Cantone ma ne fanno capire la tendenza pericolosa. In assenza di misure da effettuare subito, si rischia di dover in futuro prendere delle decisioni ben più drastiche e incisive.

La pandemia non giustifica ogni aumento di spesa, difatti l’eccessiva crescita della spesa pubblica è iniziata ben prima. Sfatiamo un mito: il decreto non chiede tagli, ma chiede un maggior rigore nella spesa pubblica, chiede di chinarsi con maggiore senso critico, procedendo a un lavoro di ottimizzaz­ione dalla spesa pubblica. Se pensiamo che il consuntivo 2021 a fronte di una spesa pubblica totale di fr. 4,2 miliardi ha chiuso con un deficit di fr. 58,2 milioni (ovvero l’1,3% della spesa), ben si comprende che non si tratta di effettuare tagli draconiani ai servizi. Giova ricordare che il decreto prevede inoltre a chiare lettere che eventuali misure prese riguardo ai contributi non possano colpire i sussidi erogati alle persone meno abbienti.

Ci sono margini di manovra sia per quanto riguarda i servizi erogati dallo Stato (tutti i servizi/compiti sono indispensa­bili?) sia per quanto riguarda il suo apparato amministra­tivo (vi è modo di razionaliz­zare/ottimizzar­e l’apparato amministra­tivo?).

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