L’arma del frumento di Putin e le nuove minacce
Accordo su come liberare il grano fermo a Odessa
Kiev – La consegna di nuove armi a Kiev da parte dei suoi alleati, sta facendo infuriare Mosca, le minacce del presidente Putin sono chiare: «Se l’Ucraina avrà missili a lungo raggio – avverte – colpiremo nuovi siti stategici a Kiev». Ma almeno una notizia positiva c’è: Mosca, Kiev e la Turchia avrebbero concordato un corridoio per il frumento bloccato nei silos ucraini a Odessa. Uno schema preliminare c’è già: prima lo sminamento del mar Nero da parte dei genieri turchi (potrebbe volerci un mese) poi la scorta della Marina di Ankara ai cargo ancorati nei porti ucraini fino ad acque neutrali, con un centro di coordinamento e monitoraggio a Istanbul. La scommessa di Erdogan per sbloccare la crisi mondiale del grano arriva alla prova dei fatti. L’accordo di massima, limitato per ora a Odessa, sarebbe stato raggiunto da Mosca e Kiev con la mediazione turca e finirà mercoledì al centro della visita del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. «Spero – ha detto fiducioso il capo della diplomazia di Putin – che saremo in grado, se non di chiudere l’argomento, questo deve ancora essere fatto dai nostri leader, di elaborare in dettaglio le opzioni». Per Erdogan, la sfida sembra essere ora quella di convincere Kiev, timorosa che la riapertura dei porti offra la via a un cavallo di Troia. «Putin – ha avvertito il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba – dice che non userà le vie commerciali per attaccare Odessa. È lo stesso Putin che diceva al cancelliere tedesco Scholz e al presidente francese Macron che non avrebbe attaccato l’Ucraina».
25 milioni di tonnellate nei silos
A placare la diffidenza potrebbero essere le garanzie di un allargamento della missione internazionale, con un possibile coinvolgimento della marina britannica – difficile da digerire per Mosca – e un più percorribile ombrello dell’Onu, e soprattutto l’urgenza del bisogno: le circa 25 milioni di tonnellate di grano ferme nei silos che stanno soffocando l’economia ucraina e affamando Africa e Medio Oriente e che, secondo il presidente Zelensky, da qui all’autunno diventeranno 75 milioni.
Missili dal Regno Unito e Mosca alza il tiro
Intanto la Russia alza il tiro dopo che pure il Regno Unito ha annunciato l’invio di missili con una gittata di 80 km, i sistemi lanciarazzi multipli M270 per “colpire in profondità le posizioni russe posizionando le batterie più lontano dal fronte”, che vanno ad aggiungersi agli Himars promessi dagli Usa. Mosca ha minacciato di colpire il cuore del potere di Kiev, prendendo di mira infrastrutture strategiche e istituzioni del governo. L’avvertimento è giunto dal capo della commissione Difesa della Duma, la Camera bassa, Andrei Kartapolov, citando tra gli obiettivi possibili l’aeroporto della capitale ucraina e la Verkhovna Rada, la sede del Parlamento. Parole minacciose che fanno seguito a quelle del presidente Vladimir Putin nella sua intervista alla tv di Stato Rossiya-1, in cui ipotizzava attacchi a “strutture finora risparmiate dal conflitto” in caso di escalation nelle forniture militari occidentali. Minacce confermate anche dal ministro degli Esteri Serghei Lavrov: «Più lunga sarà la gittata degli armamenti che fornirete – ha avvertito il capo della diplomazia di Mosca –, più noi sposteremo avanti dal nostro territorio la linea oltre la quale la presenza dei neonazisti verrà considerata una minaccia per la Federazione Russa».
IL CONTRACCOLPO IN SVIZZERA Negoziare aumenti di salario anti-inflazione
Come conseguenza della guerra in Ucraina la vita in Svizzera diventa sempre più cara, in particolare perché aumentano i prezzi dell’energia. Il consigliere federale Guy Parmelin ritiene che le parti sociali abbiano un ruolo da svolgere: negoziare gli aumenti salariali. Lo Stato non deve anticipare tali colloqui tra datori di lavoro e sindacati, ha detto il ministro dell’Economia sul Sonntagsblick. «Se necessario, la Confederazione può apportare correzioni, ad esempio, alle prestazioni complementari o ad altre prestazioni per le famiglie a basso reddito». Secondo Parmelin è molto probabile che le nuove sanzioni decise venerdì provochino un nuovo aumento dei prezzi dell’energia sui quali la Confederazione ha un’influenza limitata. «Quello che possiamo fare tutti è usare l’energia con parsimonia. In questo senso la Svizzera è già sulla buona strada. La nostra industria è già molto efficiente». Se i prezzi dell’energia dovessero continuare a salire, la Confederazione potrebbe anche prendere in considerazione misure mirate.