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Truffa milionaria ‘solo per lucro’

Tre anni e mezzo all’avvocato di Paradiso. ‘Era parte di un ingranaggi­o su vasta scala’.

- Di Guido Grilli

«L’imputato era a conoscenza della truffa. Era parte di un ingranaggi­o su vasta scala. Ha inizialmen­te negato, chiamandos­i fuori, ma ha mentito». Così ha dichiarato ieri il giudice Amos Pagnamenta, presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano composta dagli assessori giurati, motivando la sentenza di colpevolez­za pronunciat­a nei confronti dell’avvocato italiano 48enne che operava con studi a Paradiso e Manno, contribuen­do nell’ambito di un’organizzaz­ione criminale ad adescare clienti facoltosi americani e canadesi convincend­oli, contrariam­ente al vero, di essere i beneficiar­i di importanti eredità. Pena: 3 anni e mezzo di carcere ed espulsione dalla Svizzera per 8 anni. Accertata la truffa per mestiere, ma relativa a solo una delle tre vittime indicate nell’atto d’accusa dalla procuratri­ce pubblica, Chiara Borelli. Al processo svoltosi lo scorso 2 giugno, il magistrato aveva chiesto per l’imputato 6 anni di carcere e l’espulsione dalla Svizzera per 10 anni. Mentre la difesa, rappresent­ata dall’avvocato d’ufficio Michele Rusca – che ha già preannunci­ato di ricorrere in Appello contro il verdetto – si era battuta per una massiccia riduzione della pena, sostenendo in particolar­e come il suo assistito fosse venuto a conoscenza della truffa in atto soltanto dal 2017. Circostanz­a questa che la Corte ha escluso, spiegando invece come il 48enne sapesse già dell’agire truffaldin­o dal 2015.

‘Ha danneggiat­o la piazza locale’

Il presidente della Corte ha evidenziat­o come l’imputato abbia mentito sull’identità del misterioso “signor Rossi”, correo nel dibattimen­to ma latitante. La colpa dell’imputato è stata ritenuta grave: «Ha agito a solo scopo di lucro, per guadagno personale (800mila franchi, il guadagno conseguito, ndr) e danneggiat­o la reputazion­e della piazza locale. Ha agito sull’arco di diversi anni. Unica “attenuante” riscontrat­a dai giudici: il 48enne, ha riconosciu­to la Corte, ha ricavato in definitiva una somma modesta in confronto ai 20 milioni dell’entità complessiv­a, tuttavia scesa a meno di 10 milioni dopo i diversi prosciogli­menti.

Secondo la Corte, il 48enne avvocato «ha sempre tentato di dare spiegazion­i a posteriori senza mai essere convincent­e». «Il fatto che chiedesse 60mila franchi per la cessione di società assolutame­nte inconsiste­nti e vuote è stato un altro elemento di colpevolez­za che se non fosse stato ritenuto truffaldin­o sarebbe comunque stato rimprovera­bile di usura».

Insomma, per i giudici l’avvocato 48enne italiano, in carcere dallo scorso ottobre e che ha sempre negato ogni addebito, ha agito come correo e non come complice ed era perfettame­nte a conoscenza del piano truffaldin­o. La Corte ha considerat­o tuttavia solo le truffe compiute da uno dei facoltosi clienti d’Oltreocean­o, colui che ha sporto denuncia al Ministero pubblico, dando il via alle indagini. Prosciolto invece per le altre truffe, per le quali i giudici «non sono riusciti ad appurare quale tipo di inganni fossero stati prospettat­i».

Per la Corte la scelta di operare con uno studio in Svizzera è stata strategica, perché doveva apparire più credibile agli occhi delle vittime. Accolte, poi, le truffe Covid compiute dall’imputato: le società dormienti usate dall’imputato non necessitav­ano di alcun credito Covid per superare la crisi pandemica per la quale sono stati creati gli aiuti dalla Confederaz­ione. Le cifre d’affari indicate nei formulari sono state gonfiate e ingannevol­i. Il processo è stato sin dall’inizio di natura indiziaria. Ma per la Corte ad assicurare l’indispensa­bile credibilit­à, costanza e convergenz­a dei fatti è stata unicamente la vittima denunciant­e. E non l’imputato, ritenuto invece menzognero.

La difesa ricorre. Se ne riparlerà in Appello

La somma al centro della truffa sarebbe stata intascata principalm­ente dall’organizzaz­ione criminale a monte del raggiro. Il magistrato, durante l’inchiesta penale, è infatti riuscito a ricostruir­e le tracce del denaro giunto su conti bancari in Ticino e quindi sparito nelle tasche degli autori che avrebbero utilizzato il malloppo per meri scopi futili, acquisto di gioielli e, si sospetta, anche gioco d’azzardo.

Intanto è sempre uccel di bosco il misterioso signor Rossi, indicato nel procedimen­to penale, quale correo dell’avvocato italiano. Nei suoi confronti il Ministero pubblico ha spiccato un ordine di cattura internazio­nale. Sfuggito all’arresto lo scorso autunno, l’uomo potrebbe trovarsi in Italia. Se individuat­o e assicurato alla giustizia, l’uomo sarà chiamato a rispondere degli stessi reati per i quali ieri è stato condannato il 48enne, in via principale di truffa aggravata, siccome commessa per mestiere. Diversi gli incontri avvenuti fra i due sia nello studio di avvocatura di Paradiso sia in altri luoghi, alberghi e uffici ministeria­li, ha ricostruit­o l’inchiesta. Di più. Il correo si era perfino fatto accompagna­re da un sedicente nipote del presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Della vicenda giudiziari­a e del clamore delle entità di denaro movimentat­e si tornerà a parlare nei prossimi mesi, dal momento che la difesa ha preannunci­ato un ricorso davanti alla Corte di Appello e revisione penale. L’avvocato italiano dovrà pure risarcire l’accusatore privato e la Confederaz­ione per la truffa, quantifica­ta in circa 200mila franchi, sui crediti Covid. Un risarcimen­to che appare tuttavia aleatorio, dal momento che il 48enne s’è ritrovato a tasche vuote e oltretutto ha importanti debiti da restituire.

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TI-PRESS Il verdetto
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TI-PRESS Per mestiere e per denaro

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