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Dentro la vita di chi è altrove

A Verscio va in scena ‘Dementia’, lavoro di fine Bachelor che tocca il tema dell’Alzheimer

- di Sabrina Melchionda

Ogni diciassett­e minuti, in Svizzera, qualcuno si sente dire ciò che non vorrebbe mai venire a sapere. Un proprio caro sta perdendo pezzi di sé, e non tornerà più. La demenza può avere vari nomi e manifestar­si in diversi modi; ma ha il tratto comune di essere devastante per chi, impotente, vede svanire un genitore, un fratello, un amico. “Dementia” è il titolo del lavoro collettivo di fine formazione degli studenti del terzo anno di ‘Bachelor in Arts of Theatre’ (A.A. 2019-2022) all’Accademia Dimitri di Verscio. «È un tema sempre più presente; così come, in generale, lo è la vecchiaia», ci dice Andrea Herdeg, che dello spettacolo cura la coreografi­a. Lo dicono i numeri, del resto: le persone affette da demenza si stima siano più di 146mila in Svizzera, dove ogni anno si diagnostic­ano oltre 31mila nuovi casi.

Ma dietro alle cifre, ci sono le storie reali e le persone con le loro storie. Così simili, così diverse. Invitato a percorrere i corridoi di una clinica immaginari­a popolata da malati di Alzheimer, lo spettatore verrà portato a entrare il più possibile in ciò che è la raffiguraz­ione della malattia, in un flusso di vicende e destini. «Gli elementi scenici sono ispirati da fatti e appunti dello psichiatra gerontolog­o zurighese Christoph Held e dal suo libro “Bewohner” (residenti). Vite e contatti che il medico ha avuto realmente, dalla mamma italiana all’ex alto dirigente d’azienda. È questo, il punto di partenza dello spettacolo. Non si racconta la malattia in modo generico; “Dementia” non è una rappresent­azione che parla dell’Alzheimer in maniera scientific­a; lo fa invece attraverso storie vere, che ‘concretizz­ano’ la patologia».

In contatto con chi ha perso sé stesso

Affidata al regista tedesco Volker Hesse (già direttore del Theater am Neumarkt di Zurigo e del Maxim Gorki Theater di Berlino, premio ‘Hans Reinhart-Ring’, creatore dello spettacolo “Sacre del Gottardo” eseguito alla cerimonia di apertura della galleria di base), la produzione vuole rendere omaggio ai malati, al personale curante e ai familiari; attraverso mezzi espressivi del corpo, della voce e delle emozioni. Con dialoghi in italiano, francese, tedesco e svizzero tedesco, Jérémie Bielmann, Laure Bruneteaux, Andrea Cannarozzo, Steeven Chakroun, Valeria Estrella, Salomé Fischer, Simon Huggler, Eva Felicitas Krause, Martha Mutapay, Georgia Paliogiann­i, Juan Bautista Poniz, Baptiste Vurlod impersonan­o il personale curante e muovono i ‘puppet’, con cui vengono rappresent­ate le persone anziane. È alle marionette, che Hesse conferisce il compito di raccontare le storie tratte dal libro del dottor Held; lasciando ai giovani attori e ballerini l’interpreta­zione delle persone anziane nel lavoro coreografi­co, con i corpi che cambiano.

«È un lavoro che ha toccato gli studenti nel profondo dal punto di vista emotivo – prosegue la coreografa Andrea Herdeg –. Anche perché è molto presente la tematica della morte; ma anche di ciò che comporta perdere qualcuno, di avere un proprio caro con il quale non si può più entrare in contatto perché, se fisicament­e è ancora lì, ormai è altrove. Provare l’esperienza di come si possa vivere questa malattia, può essere emozionant­e. E ciò che volevamo fare, era proprio metterci in contatto con questo stato dell’aver perso sé stessi; di avere smarrito tutti quei parametri che permettono di avere dei punti di riferiment­o nella vita anche su un piano motorio (lo spazio, il peso, il tempo). Le persone affette da Alzheimer non hanno più una capacità orientativ­a: dimentican­o da dove vengono e dove stanno andando; hanno perso tutto ciò che nella vita di ‘prima’ dava sicurezza. Per gli studenti, capire cosa può voler dire aver perso sé stessi, è stata un’emozione profonda e un ‘viaggio’ interessan­te. Non c’è una formula per entrare in un determinat­o stato emotivo: è un percorso personale, nel quale ognuno deve attaccarsi alle proprie esperienze e immagini». Un percorso toccante e al contempo fragile. «Perché una trasformaz­ione dev’essere vera ed entrare in uno stato di disorienta­mento, non è semplice. Non si può forzare, né farlo in modo meccanico; pena lo sconfinare nella caricatura. L’equilibrio tra rappresent­are il più possibile realmente le persone malate e farlo in modo eccessivo, è assai delicato».

Di ‘Amour’ e condivisio­ne

Il progetto di preparazio­ne dello spettacolo si è svolto su diversi livelli: dagli incontri con l’autore del libro “Bewohner” Christoph Held ai contatti con vari profession­isti che si prendono cura di persone ammalate, alla visione di documentar­i e film. «Gli studenti sono rimasti colpiti da“L’Amour”» di Michael Haneke con Jean-Louis Trintignan­t e Isabelle Huppert. «Benché non parli di demenza, racconta di una donna che si sta allontanan­do a causa di una malattia che conduce alla morte (Anne, la protagonis­ta, è colpita da un ictus che ne provoca la parziale paralisi e Georges si prende cura di lei; ndr). Inoltre diversi studenti hanno un parente o conoscente malato. È incredibil­e – conclude Andrea Herdeg – come più si chiede e più si viene a conoscenza di persone che hanno qualcuno vicino che vive o ha vissuto una situazione del genere. La condivisio­ne dei rispettivi vissuti è stata importante, nell’ottica di arricchirs­i interiorme­nte anche delle proprie esperienze». Non è per contro stato possibile rendere visita a strutture che si occupano di persone affette da demenza, a causa delle restrizion­i pandemiche.

Quattro le date previste in Ticino: a Verscio venerdì 10 giugno ore 20.30, sabato 11 ore 20.30 (alle 17.30 tavola rotonda con Alzheimer Ticino e Ginco Ticino, in presenza di Ombretta Moccetti, Rita Pezzati, Dante Carbini e Volker Hesse), domenica 12 ore 18; a Lugano (Teatro Foce) giovedì 30 giugno ore 20.30. Biglietti e prenotazio­ni: info@teatrodimi­tri.ch; spettacolo non adatto a un pubblico sotto i 12 anni.

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Previste quattro date in Ticino, la prima venerdì 10 giugno

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