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Il nucleare è convenient­e?

- Patrizio Fenini, Bignasco

Lo sostiene l’Udc, ma la risposta va contestual­izzata. Nel 2020 abbiamo comperato energia elettrica dall’estero per 1’254 miliardi a un prezzo medio effettivo di 3,82 cts/kWh, mentre il costo di produzione dichiarato per la centrale di Leibstadt era di 6,67 cts/kWh (media ultimi 5 anni), costo raggiunto aumentando la potenza da 3’012 a 3’600 MW termici (senza costose modifiche) e calcolando una durata di vita prolungata da 40 a 60 anni.

Forse i signori della General Electric che hanno ideato, prodotto e venduto il reattore erano degli sprovvedut­i tali da non proporre quel 79% di energia in più che il loro reattore sarebbe stato in grado di produrre aumentando­ne potenza e durata, forse invece volevano sempliceme­nte rinunciarv­i proprio per rimanere nel campo di minimo rischio. La lunga storia dei pericolosi “dryouts” e di corrosione delle guaine delle barre di combustibi­le che hanno condotto a un fermo centrale di sette mesi e a una limitazion­e d’esercizio per anni dimostra però che uscire dai sentieri battuti può riservare qualche sorpresa. Come quella delle anomalie nel materiale del reattore di Beznau 1 che la stampa ha riportato come “925 fessure di 7,5 x 7,5 mm in media”, poi spiegate come inclusioni di ossido di alluminio già presenti dalla fabbricazi­one.

Al di là degli aspetti tecnici, ci si può chiedere come mai tali anomalie siano state scoperte solo dopo 46 anni d’esercizio e come mai siano stati necessari tre anni, a reattore fermo, per chiarire una faccenda poi vendutaci come una banalità. Sfruttando al massimo il parco nucleare esistente si può dunque ottenere un approvvigi­onamento energetico convenient­e, ma occorre essere coscienti che ciò va a scapito della sicurezza, compresa quella di approvvigi­onamento. L’ingordigia di taluni non ha limiti, e certi paradossi diventano normalità: in una centrale francese (e dal 2017 anche a Beznau) si è addirittur­a arrivati a riscaldare l’acqua di raffreddam­ento d’emergenza del reattore il cui materiale, reso fragile dal flusso di neutroni nel corso di 40 anni d’esercizio, potrebbe cedere al contatto con l’acqua troppo fredda. I gestori delle nostre centrali nucleari sono assicurati per 1,5 miliardi di euro, mentre i costi del disastro di Fukushima ammontano a 322 miliardi (758 con smaltiment­o), pur avendo disperso nell’ambiente un decimo di quanto rilasciato da Chernobyl. Fukushima ha infatti avuto la fortuna di poter raffreddar­e i reattori nei 40 importanti­ssimi minuti intercorsi tra il sisma e l’arrivo dello tsunami, riducendo così di molto l’ampiezza del disastro.

Sia per Chernobyl che per Fukushima, è stata proprio la ricerca della convenienz­a all’origine dei disastri. Il presidente della commission­e d’inchiesta designata dal governo giapponese, nell’introduzio­ne del suo rapporto scrisse: “Non può essere visto come un disastro naturale. Fu un disastro profondame­nte fatto dall’uomo – che poteva e doveva essere previsto e impedito”.

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