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L’inflazione e il ceto medio

- Di Ivo Durisch, capogruppo Ps

L’aumento del costo della vita non è uguale per tutti. Il suo effetto sulle economie domestiche può essere paragonato a quello di un’imposta regressiva, perché colpisce maggiormen­te il ceto medio e medio-basso rispetto ai nuclei familiari benestanti o molto benestanti.

Inoltre il rincaro che stiamo vivendo oggi è particolar­mente insidioso, perché dovuto in maniera prepondera­nte all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Un aumento generato non tanto dalla crescita della domanda, ma piuttosto dalla carenza di materie prime causata dalla guerra in Ucraina e dalle difficoltà nelle catene di approvvigi­onamento a livello mondiale. A farla da leoni sono l’aumento del prezzo del gas, del petrolio e della farina. In una situazione in cui anche l’economia soffre, da una parte per la carenza di materie prime e di prodotti semilavora­ti, e dall’altra per l’aumento dei costi di produzione, sarà molto difficile ottenere adeguament­i salariali, anzi è probabile che i posti di lavoro diminuiran­no.

È della scorsa settimana la notizia che Tesla intende tagliare il 10% dei suoi impieghi.

Con queste premesse sarà il ceto medio e medio-basso a subire molto pesantemen­te le conseguenz­e dell’inflazione.

Proviamo a fare qualche calcolo sui bilanci familiari basandoci, da una parte, sugli ultimi dati presentati dall’Ufficio federale di statistica per quanto riguarda l’indice dei prezzi al consumo e, dall’altra, sulla scomposizi­one della spesa domestica rilevata tramite l’Indagine sul budget delle economie domestiche.

Per quanto riguarda l’indice dei prezzi al consumo, i dati del 2 giugno attestano un aumento su base annua del 2,9%. Se guardiamo più da vicino queste cifre rileviamo però quanto segue. Per i beni alimentari abbiamo un aumento del prezzo della farina del 4%, un aumento del prezzo della pasta del 9%, un aumento del prezzo del latte del 5%, un aumento del prezzo del burro del 5,5%, un aumento del prezzo degli oli vegetali da cucina del 9% e un aumento del prezzo del caffè del 6 per cento.

Per quanto riguarda invece il consumo energetico, abbiamo un aumento del prezzo dell’energia del 24%, un aumento del prezzo del gas del 40% e un aumento del prezzo della nafta dell’84 per cento.

A crescere particolar­mente sono anche i costi del trasporto privato, che subiscono un aumento del prezzo della benzina del 28 per cento. Si tratta di aumenti ben al di sopra del 2,9% per beni di prima necessità, che rappresent­ano una fetta importante del budget familiare del ceto medio e medio-basso.

Se già così la situazione sarebbe preoccupan­te, diventa allarmante aggiungend­o per il 2023 l’aumento dei premi di cassa malati, stimato attorno al 7%, e l’ulteriore aumento del prezzo dell’energia, stimato attorno al 47 per cento. Vediamo ora come si componeva nel 2021 la spesa mensile di una persona sola con uno stipendio lordo di 4’500 franchi.

Per il 26% erano spese di trasferime­nto obbligator­ie fra cui le imposte, gli oneri sociali e i premi di cassa malati, per il 24% erano spese di affitto ed energia, per il 7,5% erano spese alimentari e per l’8% erano spese per il trasporto privato. Aggiungend­ovi le spese per abbigliame­nto, svago, ristorazio­ne, cultura e comunicazi­one, una persona sola con uno stipendio di 4’500 franchi riusciva a risparmiar­e ancora 120 franchi al mese. Purtroppo non sarà così nel 2023. Se aggiorniam­o le cifre, avremo il 27% di spese di trasferime­nto, l’8% di spese alimentari, il 28% di spese per affitto ed energia e il 10% per il trasporto privato.

L’aumento complessiv­o sarà allora di 320 franchi al mese, pari al 7% dello stipendio lordo. Questo è il reale aumento del costo della vita per i nuclei familiari del ceto medio e medio-basso. Invece di risparmiar­e 120 franchi al mese, nel 2023 una persona sola con uno stipendio di 4’500 franchi al mese si troverà con una spesa scoperta di 200 franchi e dovrà necessaria­mente ridurre le sue spese, già molto modeste. Ad andarci di mezzo saranno purtroppo anche i beneficiar­i di prestazion­i assistenzi­ali o di assegni familiari di complement­o, perché il reddito minimo riconosciu­to verrà aggiornato, ma non tanto quanto gli aumenti reali di spesa che le economie domestiche subiranno. Anche l’economia soffrirà, perché dovrà confrontar­si, oltre che con i maggiori costi di produzione, anche con una inevitabil­e contrazion­e della domanda nel mercato dei prodotti. In questa situazione è più che mai necessario uno Stato consapevol­e e presente, capace di intervenir­e con politiche mirate per garantire al Paese coesione e stabilità sociale! Coesione e stabilità sociale che le recenti derive a destra della politica cantonale rischiano di minare.

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