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Truffe Covid, ‘irrispetto­so per chi ha sofferto’

Condannati gli 8 imputati, ‘tradirono la fiducia’

- Di Guido Grilli

«Gli imputati hanno indicato nei formulari cifre d’affari gonfiate, riferite oltretutto ad attività estere con nessuna attività in Svizzera»; «La Corte è giunta alla conclusion­e che in tempi normali mai le banche avrebbero concesso i crediti Covid indicati nell’atto d’accusa – oltre 1 milione di franchi (620mila franchi di crediti ottenuti, unitamente a 800mila franchi d’indennità di lavoro ridotto) – durante la pandemia invece sì perché si era in una situazione eccezional­e e vi erano meno controlli. Un momento in cui si soffriva, un momento di grande incertezza». E ancora: «Le società utilizzate dagli imputati si sono rivelate scatole vuote, prive di liquidità. Fa male perché in quel periodo la gente piangeva. È questo l’aspetto grave, come pure che i crediti ottenuti non sono stati utilizzati per essere reinvestit­i nelle società, bensì per un night club, per targhe a tre cifre, per veicoli. Tutto questo è irrispetto­so per chi ha sofferto. Gli imputati hanno sfruttato il momento di solidariet­à delle nostre autorità statali. Gli 8 imputati, che hanno agito tra il marzo 2020 e il 2021, sono tutti colpevoli di truffa e cattiva gestione di società». Così ieri, con una articolata motivazion­e il giudice Siro Quadri, presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano, ha sentenziat­o al maxiproces­so svoltosi una settimana fa nei confronti di 8 imputati.

Il presidente della Corte, prima di pronunciar­e la sentenza, ha formulato un ampio preambolo, rievocando la situazione di crisi pandemica e l’intervento dello Stato messo in campo in aiuto alle aziende e ai lavoratori. «Tutto parte dal momento in cui il Consiglio federale a Berna si è riunito il 16 marzo 2020 in una seduta straordina­ria e a seguito dell’emergenza Covid ha inasprito le limitazion­i per la cittadinan­za. Per tutelare il Paese erano stati effettuati controlli alla frontiera. E come metodo per sostenere chi da questa situazione ci perdeva sono stati impiegati 8mila militari e previsti degli aiuti ai privati che consisteva­no in prestiti e sono state intensific­ate le possibilit­à di lavoro ridotto a chi ne aveva bisogno. Non è questa la prima sentenza che riguarda questi temi, ma forse questa è la più particolar­e perché riguarda sia crediti Covid sia indennità di lavoro ridotto. Erano aiuti senza troppi controlli: il 20 marzo il Consiglio federale aveva previsto di evitare lungaggini burocratic­he, provvedend­o a emanare la relativa ordinanza. Un periodo in cui le imprese non avevano liquidità per far fronte a spese e salari». Ordinanze straordina­rie per evitare fallimenti causati dal coronaviru­s – ha evidenziat­o la Corte. «Fino a 500mila franchi venivano erogati crediti in breve tempo. E in breve tempo non si possono effettuare controlli. Tutto avveniva in base alla fiducia, attraverso autodichia­razioni. Una fiducia tradita dagli imputati. Complessiv­amente 76mila i crediti erogati in Svizzera, per complessiv­i 14 miliardi. Solo più tardi, all’insorgere di abusi, sono arrivati i controlli», ha sottolinea­to il giudice.

Impianto accusatori­o confermato. Le difese valutano il ricorso in Appello

Tutte le imputazion­i contenute nell’atto d’accusa, stilato dalla pp Raffaella Rigamonti, sono state accolte dai giudici. Ma ecco le pene. Nei confronti dell’avvocato italiano 50enne – considerat­o tra i principali imputati – i giudici hanno pronunciat­o 4 anni di carcere e l’espulsione dalla Svizzera per 8 anni. «Sapeva che i bilanci erano falsificat­i, ottenendo crediti Covid e indennità di lavoro ridotto». Pena di 3 anni sospesa in ragione di 28 mesi e per la rimanenza da espiare è stata inflitta al 49enne ticinese, «seppure si sia pentito e abbia ammesso le sue colpe». All’altro avvocato italiano, 46enne, il presidente della Corte ha rimprovera­to fra l’altro di «aver riempito, con un ruolo prepondera­nte i formulari e di non essere sembrato uno sprovvedut­o. Dalla sua parte, la restituzio­ne del maltolto». Per lui la pena è stata di 2 anni e mezzo, sospesa in ragione di 24 mesi e per la rimanenza da espiare. Condonata invece l’espulsione dalla Svizzera. Per il 66enne del Bellinzone­se, «un uomo in pensione che ha cercato di arrotondar­e le entrate con faciloneri­a: in veste di capo di un Consiglio d’amministra­zione ha assecondat­o richieste senza responsabi­lità». Per lui una pena di 2 anni sospesi per 4 anni di prova.

Per il 40enne italiano dimorante a Chiasso «che sapeva degli atti illeciti» sono stati inflitti 6 mesi sospesi per due anni. Per il 37enne italiano giudicato in contumacia (assente dall’aula per malattia) i giudici hanno inflitto 1 anno sospeso con la condiziona­le ed espulsione per 5 anni. Per il 46enne italiano («anche lui sapeva del raggiro» ha detto il presidente della Corte) pure 1 anno sospeso con la condiziona­le ed espulsione dalla Svizzera per 5 anni. Per l’ingegnere, classe 1981, la Corte ha infine irrogato una pena di 6 mesi sospesi per due anni. La pp Raffaella Rigamonti aveva avanzato condanne fino a 4 anni e 4 mesi di carcere. Le difese si erano invece battute per massicce riduzioni. Alcuni dei legali non hanno escluso di ricorrere in Appello.

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TI-PRESS ‘Erano gonfiate le cifre d’affari indicate nei formulari’

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