laRegione

Aldo Menichetti addio

- Di Massimo Zenari

È la fine di un’epoca, se non di un mondo. Sicurament­e per gli studi delle lettere (filologich­e, romanze e italiane) nel nostro paese. Ma non solo. Aldo Menichetti si è spento nella mattinata di ieri, a Firenze, dopo una breve malattia, all’età di 87 anni. E con lui viene a mancare l’ultimo erede di una tradizione che ha profonde radici anche in Svizzera e che ha fatto scuola nel mondo. Scuola di metodo, prima di tutto: quella che lascia un segno indelebile in chi la accoglie e che si fa lezione di vita.

Il nome di Aldo Menichetti è caro a generazion­i e generazion­i di allievi e di docenti delle nostre scuole, al sud e al nord delle Alpi. Era stato infatti titolare di Filologia romanza nell’Università di Friburgo per quasi quarant’anni, dal 1968 al 2005, quando in Svizzera la disciplina era obbligator­ia per tutti gli studenti delle letteratur­e neolatine, prima della riforma di Bologna e del passaggio al sistema “3+2”, quello del bachelor e del master, la cui introduzio­ne Menichetti aveva vissuto con smarriment­o. L’Università di Friburgo avrebbe poi approfitta­to del suo pensioname­nto per smembrare la Filologia romanza in quanto disciplina e ridistribu­irla sotto forma di filologie nazionali. Di fatto, un processo avviato dall’Università di Berna pochi anni prima con la storica cattedra che fu di Karl Jaberg e Jakob Jud, e che in pochi anni ha riguardato il destino di tutte le “consorelle troppo umanistich­e” del paese. Quelle che avevano avuto parte fattiva nella coesione culturale nazionale e poi considerat­e, nel volgere di un paio di lustri, démodée, poco smart e senza appeal: ovvero economicam­ente non redditizie, secondo l’allora nuovo paradigma di gestione aziendalis­tica degli atenei (si pensi che a Friburgo, una volta tolta l’obbligator­ietà dell’apprendime­nto della Filologia romanza per tutti gli studenti di lettere neolatine, il numero di nuovi iscritti all’anno era passato, di colpo, da circa duecento a uno sparuto grappolo di sognatori – les jeux sont faits, rien ne va plus). Aldo Menichetti si era formato a Firenze sotto Gianfranco Contini, probabilme­nte il maggiore filologo e critico letterario del Novecento, il quale aveva iniziato la propria carriera accademica proprio nell’Università di Friburgo nel 1938 quale successore di Bruno Migliorini, l’autore della prima grande storia scientific­a della lingua italiana. Di Contini, che lasciò le rive della Sarine per quelle dell’Arno nel ’52, Menichetti fu l’allievo più brillante della sua generazion­e (era nato a Empoli nel 1935), e di Contini acquisì la lezione filologica, linguistic­a e stilistica con lucida consapevol­ezza e autonomia di pensiero – così come fece propria la lezione del grande storico dell’arte Roberto Longhi, altro suo maestro, perché la pittura è sempre stata la sua seconda, non velata, passione. Terminati gli studi a Firenze, fece gavetta a Lecce e a Roma, alle scuole di due altri giganti, Maria Corti e Aurelio Roncaglia, e a soli 33 anni raggiunse Friburgo, dove la cattedra di Letteratur­a italiana era nelle mani sapienti di padre Giovanni Pozzi (per dovere di cronaca, Menichetti aveva poi insegnato a lungo anche nell’Università Cattolica di Milano ed era stato vicepresid­ente dell’Accademia della Crusca).

Se è esistita la celebre “scuola friburghes­e” (ed è esistita!), lo si deve anche ad Aldo Menichetti. Una scuola che ha saputo attirare a sé e circondars­i di menti illuminate, come quelle – i nomi contano – di Giuseppe Billanovic­h, Carlo Dionisotti, Dante Isella, d’Arco Silvio Avalle, Maria Corti, Cesare Segre, Luigi Ferdinando Tagliavini, Pier Vincenzo Mengaldo e Giorgio Orelli. A questa scuola Aldo Menichetti ha portato lavori ancora oggi imprescind­ibili (le edizioni di Chiaro Davanzati e Bonagiunta da Lucca, il trattato Metrica italiana, vera pietra miliare, e i preziosi Saggi metrici).

Ma soprattutt­o, nella memoria di chi c’era resteranno la sua pipa e l’esperienza delle sue lezioni, ricche di deliziosa affabilità e di toscana ironia (quella empolese, senza spocchia). Perché Menichetti sapeva rendere semplice ciò che semplice non era affatto, e affascinar­e folle di ignari ventenni sui trovatori, sulla Chanson de Roland, sul latino volgare. Perché Menichetti amava insegnare. Per chi ha avuto la fortuna di frequentar­lo, Aldo Menichetti è stato molto di più.

 ?? ©STO ?? Un luminare di grande umanità
©STO Un luminare di grande umanità

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland