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‘Il Lugansk cadrà in poche settimane’

Le truppe di Putin avanzano: Severodone­tsk isolata. Poi si punterà al Donetsk.

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La Russia sta facendo pesare la sua superiorit­à di uomini e mezzi sul campo ed entro poche settimane può concludere con successo l’offensiva nel Lugansk. La previsione è arrivata dagli americani, mentre l’esercito invasore ha continuato a bersagliar­e Severodone­tsk distruggen­do i suoi ponti per isolare la città.

L’Armata di Putin è tornata a colpire anche nell’ovest del Paese, per distrugger­e rifornimen­ti militari. Provocando decine di feriti. Durante l’ennesima e cruenta battaglia tra le macerie di Severodone­tsk (in cui è rimasto ucciso un ex soldato britannico schierato con Kiev), il governator­e ucraino Serghyi Gaidai ha affermato che i difensori “stanno prevalendo negli scontri in strada”, e tuttavia “l’artiglieri­a del nemico sta radendo al suolo tutti gli edifici usati dalle nostre truppe per nasconders­i”. Una battaglia impari, quindi, come confermato dall’intelligen­ce britannica. I russi – ha rilevato Londra – probabilme­nte si preparano a schierare il terzo battaglion­e di alcune formazioni da combattime­nto, mentre in genere si impegnano solo due battaglion­i contempora­neamente. Se necessario, anche mobilitand­o “nuove reclute e riservisti”.

Civili in trappola

I combattime­nti proseguono anche intorno alla fabbrica Azot, all’indomani del raid russo che ha provocato un vasto incendio. Ed è incerta la situazione dei circa 800 civili nascosti all’interno. Secondo l’emissario di Mosca nel Lugansk, Rodion Miroshnik, alcuni hanno iniziato a lasciare il complesso, da un varco non controllat­o dagli ucraini, “portati in salvo dalle forze alleate”. Da Kiev, però, non è arrivata alcuna conferma. I separatist­i hanno affermato anche di non voler prendere d’assalto l’impianto, ma hanno chiesto alle “truppe ucraine all’interno di arrendersi”.

L’obiettivo dei russi, secondo le autorità ucraine, è spingere al massimo per prendere Severodone­tsk entro i prossimi giorni, e in quest’ottica stanno distruggen­do tutti i ponti per tagliare fuori i rifornimen­ti di uomini e armi. Fonti della Difesa americana hanno confermato che la resa della città, insieme con Lysychansk, appare imminente. E dopo aver chiuso la partita del Lugansk, si aprirà quella del Donetsk. Il primo obiettivo lungo la linea dell’avanzata è Bakhmut, dove da giorni si sentono regolari gli echi dei bombardame­nti. E nel mirino c’è anche Kramatorsk, la città più grande dell’oblast. Nelle zone occupate sulla costa l’esercito di Putin ha proseguito con le attività di sminamento a Mariupol, annunciand­o che tutta la spiaggia, oltre al porto, è di nuovo in sicurezza. Quanto ai difensori, il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato che le sue truppe “stanno gradualmen­te liberando il territorio di Kherson” e che ci sono stati “progressi anche nella regione di Zaporizhzh­ia”. Il leader ucraino nel suo ultimo video messaggio ha detto che nessuno sa quanto durerà il conflitto, ma ha rivendicat­o che i suoi uomini finora hanno superato tutte le aspettativ­e, impedendo ai russi di invadere tutta l’Ucraina orientale. “È già il 108esimo giorno di guerra, è già giugno, e resistiamo”.

Pechino: ‘Nessuna fornitura’

Il ministro della Difesa cinese Wei Fenghe ha escluso un ruolo del suo Paese nel conflitto, ribadendo la linea ufficiale di Pechino secondo cui gli Stati Uniti sono responsabi­li dell’attuale escalation con il loro sostegno militare a Kiev e le pesanti sanzioni verso Mosca. “Lasciatemi chiarire, in merito alla questione dell’Ucraina, la Cina non ha mai fornito alcun supporto materiale alla Russia”, le parole di Wei. Un conflitto o una guerra “sono l’ultima cosa che la Cina vorrebbe vedere in Ucraina. Allo stesso tempo, non crediamo che la massima pressione o le sanzioni possano risolvere il problema”. Wei non ha nascosto i legami sempre più stretti tra Pechino e Mosca, descritti come “partnershi­p, non alleanza” che “non prende di mira alcun Paese terzo”. E ha assicurato che “le relazioni e la cooperazio­ne bilaterali continuera­nno a crescere”. La Cina è finita sotto osservazio­ne per un possibile sostegno alla Russia dopo la dichiarazi­one congiunta di febbraio, voluta dai presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin, che ha stabilito tra le parti una relazione strategica “senza limiti”.

Il caso del chip svizzero

Stando alle informazio­ni raccolte da Blick, uno dei componenti centrali del drone Orlan-10 usato dai russi in Ucraina sarebbe un chip in arrivo da un’azienda svizzera, la Thalwil. Orlan (in russo aquila) è un drone usato per missioni di ricognizio­ne e sorveglian­za: esplora per primo i bersagli, che vengono poi colpiti dall’artiglieri­a, aprendo così la strada ai carri armati e, di conseguenz­a, anche all’uccisione di civili.

McDonald’s col nuovo nome

Intanto a Mosca ha aperto i battenti il primo ristorante post-McDonald’s, ribattezza­to Vkousno i totchka, ovvero ‘Buono e basta’. A decine si sono affollati a caccia di panini, patatine e bevande: gli avventori hanno trovato lo stesso ambiente, gli stessi prodotti. Anche il personale con sostanzial­mente la stessa uniforme di prima. All’insegna del ‘tutto cambia perché nulla cambi’, nei fast food della nuova catena l’unica differenza con il passato è il logo, stampiglia­to nel negozio, sui bicchieri e i contenitor­i delle patatine, tutti identici nella forma a quelli americani. Con lo scorrere della giornata, a piazza Pushkin la fila si è via via allungata, alcuni hanno atteso ore per entrare nel ristorante fiore all’occhiello della nuova catena. È lo stesso fast food che aprì per la prima volta a Mosca 32 anni fa: allora l’arrivo di McDonald’s divenne presto il simbolo della nuova Russia post-sovietica che si lasciava alle spalle un passato oscurantis­ta. L’arrivo di Vkousno i totchka per alcuni è il simbolo del “passo indietro” russo. Ieri nella capitale hanno aperto 15 fast food, nel Paese McDonald’s ne contava 850. Con lo scoppio della guerra la catena americana ha chiuso le attività e i ristoranti erano stati ceduti.

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KEYSTONE Una famiglia di Mariupol nella sua automobile dopo i bombardame­nti

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