Voleva proprio colpirlo Condannata a tre anni
Colpevole di lesioni gravi, dovrà restare in carcere la donna che ferì gravemente un amico con un oggetto in vetro, compromettendone l’uso dell’occhio destro
È stata condannata a tre anni e tre mesi di carcere la donna colpevole di aver colpito al volto un amico con un oggetto in vetro (non si è potuto accertare se una bottiglia o un boccale) causandogli, nonostante le tre operazioni chirurgiche a cui si è sottoposto, la quasi completa perdita dell’uso dell’occhio destro e il rischio di perdere la vista anche da quello sinistro. Per la Corte delle assise criminali l’agire della donna fonda il reato di lesioni gravi per dolo eventuale. L’episodio è avvenuto nel Sopraceneri l’11 settembre 2021 al termine di una serata di eccessi tra alcol e droga, culminata con la lite e l’aggressione ingiustificata dell’imputata all’interno dell’appartamento dell’uomo. Decisive per ricostruire l’accaduto si sono rivelate le testimonianze della vittima e della terza persona presente nell’abitazione, alle quali la Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani ha infine dato credito, giudicandole credibili e lineari. Molto probabilmente, ha detto ieri mattina il giudice prima di pronunciare la sentenza, la donna ha utilizzato, impugnandola per poi colpire al volto l’amico, una bottiglia di birra in vetro. «Non voleva ferirlo in quel modo, ma ha certamente voluto colpirlo», ha detto Ermani. Le amnesie della donna (in aula ha affermato di non ricordare nulla) sono invece state giudicate opportunistiche. Tre, ha detto il giudice, i motivi che hanno portato l’imputata (sulla quarantina) a ferire gravemente una persona a lei cara: il suo disturbo borderline di personalità, la dipendenza da alcol e sostanze stupefacenti e il sentimento di tradimento e abbandono (pensava che l’amico le avesse rubato della cocaina) che come in altre occasioni ha fatto riaffiorare sensazioni legate al suo difficile passato.
Danneggiamenti per 20mila franchi
Oltre alla pena detentiva (da dedursi il periodo di prigione già scontato a partire dal 17 settembre 2021), la donna è stata condannata a una pena pecuniaria di 1’200 franchi per i reati di ingiuria e danneggiamento di cui si è macchiata la stessa sera, avendo insultato la vittima ma soprattutto messo a soqquadro l’appartamento e rovinato le auto parcheggiate sotto casa: quando la terza persona presente nell’appartamento si è allontanata con la vittima per portarla in ospedale, in preda alla collera la donna ha infatti rotto vetri, lanciato dalla finestra lampade e tavolini da salotto e sradicato dalla parete il termoventilatore. Il mobilio gettato dalla finestra ha colpito una macchina parcheggiata. Uscita di casa ha rincarato la dose colpendo la stessa vettura con un martello. Stessa sorte è toccata a un’altra automobile. In totale ha cagionato danni per più di 20mila franchi. La donna dovrà inoltre risarcire la vittima per il torto morale subito, quantificato in 30mila franchi.
Negata la possibilità di seguire una terapia fuori dal carcere
Contrariamente a quanto auspicato dalla difesa rappresentata dall’avvocata Elisabeth Britt, la Corte non ha ritenuto opportuno concedere all’imputata la possibilità di scontare la pena fuori dal carcere in una comunità di recupero: il percorso per far fronte ai suoi problemi psicologici e di dipendenza lo seguirà al penitenziario. «In passato ha già vissuto in maniera infruttuosa un periodo in comunità e oggi non è affatto pronta: ci ha detto che è consapevole che si tratta di una vita che comporta sforzi superiori rispetto al carcere», ha sottolineato il giudice Ermani. Nella commisurazione della pena la Corte ha tenuto conto della lieve scemata imputabilità ravvisata dalla perizia psichiatrica (ciò che ha mitigato la sua colpa da grave a medio-grave), del difficile passato della donna e del fatto che non avesse intenzione di arrecare simili ferite all’amico. Settimana scorsa il procuratore pubblico Pablo Fäh aveva chiesto una pena di quattro anni, rimettendosi al giudizio della Corte per quanto riguardava la possibilità di scontare la pena in comunità. Dello stesso avviso la rappresentante legale della vittima, avvocata Sofia Padlina, che durante la sua arringa aveva sottolineato le gravi conseguenze per il suo assistito: inabile al lavoro, affronta con preoccupazione una vita stravolta, scandita dalle visite, vissute con l’ansia che la situazione peggiori ulteriormente. «Lui che era un buon amico dell’imputata, che sapeva ascoltarla e sostenerla. E mai si sarebbe aspettato un gesto tanto violento». Settimana scorsa la donna aveva messo in luce il suo dispiacere: «Mi vergogno e non mi riconosco: è davvero difficile sentire fino a che punto sono arrivata. Avrei dovuto farmi aiutare prima, a livello psicologico ed emotivo, ma non ne sono stata capace. E questo mi ha portato a fare del male a persone care che credevano in me».