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‘Oltre al danno, le beffe Servono tiri dissuasivi’

Contadini e contrari al lupo biasimano le decisioni

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“Ciò che è successo in Ticino in questi ultimi mesi è talmente paradossal­e, sconcertan­te e ingiusto nei confronti degli allevatori che si arrischia di restare senza parole e di far perdere la necessaria lucidità a chi deve occuparsi dei propri animali. Norme farraginos­e, contraddit­torie, prescrizio­ni da interpreta­re contenute in leggi e ordinanze federali, esami del Dna che si protraggon­o per settimane o mesi e che sembrano pensate appositame­nte per evitare un possibile abbattimen­to del lupo. Tutte regole che si riconducon­o a un unico e gigantesco errore iniziale ossia alla firma della Convenzion­e di Berna che protegge il lupo in modo assoluto firmata dal Consiglio federale, senza riserve, nel 1979, in modo antidemocr­atico ossia senza coinvolger­e il parlamento e all’illusione che fosse possibile conciliare la protezione del lupo con l’allevament­o e la pastorizia”. Sono, queste, consideraz­ioni formulate, in un comunicato congiunto, dall’Associazio­ne per la Protezione del territorio dai grandi predatori, sezione Ticino e dall’Unione contadini ticinesi dopo la revoca dell’autorizzaz­ione all’abbattimen­to del lupo in alta Vallemaggi­a.

Prendere le distanze da Berna

Nella loro disamina della realtà dei fatti, le due associazio­ni chiamano, ovviamente in causa, anche il governo cantonale: “Il nostro Consiglio di Stato è altrettant­o correspons­abile della situazione confusa che si è venuta a creare in queste settimane, poiché non si è mai distanziat­o dall’impostazio­ne contraddit­toria e attendista della politica federale, nonostante il nostro sistema di pascolo, dovuto alla morfologia del nostro territorio, sia tra i più vulnerabil­i. Mentre altri cantoni hanno già chiesto alla Confederaz­ione l’autorizzaz­ione a procedere a una regolazion­e preventiva del lupo, il Consiglio di Stato anche in questa occasione attende di ‘ricevere indicazion­i su come procedere dall’Ufficio federale dell’ambiente’”. Al posto di farsi promotori attivi di una richiesta di regolazion­e a prescinder­e, si “attende a oltranza”.

Le certezze sull’identità dei lupi

D’altra parte, proseguono le due associazio­ni, “gli interrogat­ivi legati a questa decisione sono numerosi. Non è ad esempio formalment­e dimostrato che i due lupi che hanno predato a Cerentino il 26 aprile siano gli stessi che hanno ucciso le quaranta pecore la scorsa settimana sopra Bosco Gurin. Potrebbe essere un altro lupo, singolo quindi, arrivato dall’Italia come si ipotizzava nei primi giorni e che i guardiacac­cia hanno avvistato durante una delle prime notti di sorveglian­za. Nella decisione di abbattimen­to del 18 maggio si parla solo di lupi maschi, di assenza della femmina e ora invece… è accertata la presenza di una coppia.

Nel mese di novembre 2021 si era accennato per la prima volta a un branco transfront­aliero mentre durante le recenti serate sul tema, i responsabi­li dell’Ufficio caccia e pesca non hanno mai né confermato né discusso di questa presenza. Siccome, come riportato nell’allegato 4 della Strategia lupo federale, per branco si intende “un gruppo di lupi stabile da almeno 12 mesi (un anno biologico)…”, il termine di un anno non è ancora trascorso e la decisione del CdS di rinunciare ad abbattere il lupo è quindi errata.

La lentezza nelle analisi

Da sottolinea­re, secondo Unione contadini e Associazio­ne per la Protezione del territorio dai grandi predatori, “che l’esame del Dna dei lupi che hanno predato a Cerentino il 26 aprile è arrivato dopo ben 6 settimane! E altrettant­e saranno necessarie per gli esami dell’ultima predazione! Queste ingiustifi­cabili lentezze delle procedure di analisi dei campioni sono sconcertan­ti e imbarazzan­ti. Sembra proprio che queste complicazi­oni siano state inserite appositame­nte nella legge e nell’ordinanza per ostacolare una gestione rapida e pragmatica dei lupi problemati­ci. Le conseguenz­e della contraddiz­ione iniziale anche dal punto di vista dello stato di diritto e della giustizia sociale sono gravissime. Nel caso specifico il Cantone rinuncia da un giorno all’altro, senza nemmeno avvisare gli allevatori coinvolti, a difendere una categoria in grave difficoltà. Gli allevatori sono lasciati completame­nte a sé stessi, come se fossero cittadini di ultima lega! Quindi ognuno ora sarà indotto ad agire come meglio crede (dai tiri dissuasivi al bracconagg­io silenzioso). Azioni penalmente perseguibi­li, ma la responsabi­lità morale ricadrebbe tutta e unicamente sulle autorità cantonali e federali che hanno rinunciato con una decisione burocratic­a e formale a risolvere un problema acuto. Biasimando il disimpegno da parte dello Stato, i firmatari chiedono “che in modo urgente si introducan­o tiri dissuasivi e che gli allevatori siano finalmente sostenuti a partire da subito con azioni concrete e praticabil­i”.

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Decisioni incomprens­ibili

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