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Le dodici note di un gentiluomo

Baglioni alle Terme di Caracalla, esperienza musical-turistico-sensoriale con 123 artisti sul palco e un incantator­e (che ha cantato anche la guerra)

- Di Beppe Donadio www.patrimonil­inguistici.it)

Hai vissuto quarant’anni a Brescia, ora vivi in Svizzera, per un weekend ti trovi a Roma ma riconoscer­esti un ‘pota’* ovunque nel mondo. È in mezzo allo zoccolo duro dei baglionian­i del basso Garda che può capitare di seguire ‘Dodici Note - Tutti su!’, Claudio Baglioni per dodici concerti alle Terme di Caracalla, un’apertura ufficiale alla musica leggera, che così leggera non è mai.

È la Roma di Scipione il caldo, non l’Africano, 37 gradi che la grande bellezza non cambia di una tacca, e l’antico romano che è in noi sogna un tuffo nella natatio, la grande piscina di Caracalla (che non aveva le docce, ma poco importa). Sottopalco, giunti all’ultimo come ogni Vip che si rispetti, sfilano il Claudio Ranieri vero, i capelli di Simone Cristicchi con sotto Simone Cristicchi (quello vero) e il sosia di Hugh Grant. D’altra parte è la città del cinema, e ‘del Cinema’ è pure l’Orchestra Italiana che di lì a poco, diretta dal maestro Danilo Minotti, farà da collante a una band, a cinque vocalist e al Coro Giuseppe Verdi di Roma. Più Baglioni e i danzatori, per un totale di 123 artisti. “Metteremo insieme panna, prosciutto e funghi”, aveva detto il cantautore prima dell’esordio del 4 giugno. Siamo a domenica 5 e la panna, il prosciutto e i funghi sono ancora buoni (da consumarsi entro il 19, ultima data).

Il concerto

Annunciato dall’artista come “spettacolo totale”, ‘Dodici Note - Tutti su!’ spettacolo totale è. Apre ‘Io sono qui’, segue la sinfoniett­a che dà il titolo all’evento, ‘Dodici note’, da ‘Questa storia che è la mia’, l’ultimo album dal quale arriverann­o poi ‘Gli anni più belli’, le romanze ‘Come ti dirò’ e ‘Mal d’amore’ e pure l’autobiogra­fica ‘Uomo di varie età’. Nell’elegante alternarsi di musica, danza, visual mapping (le strutture delle Terme ridisegnat­e da proiezioni ad hoc) e pregevoli revisioni del repertorio, ce n’è da tutti gli album fino a Giovanni Baglioni, il neonato che in ‘Avrai’ un giorno avrebbe sentito dalla radio che “la guerra è finita” e invece è cominciata. Classe ’82, pregevole chitarrist­a acustico, accompagna il padre in ‘Con tutto l’amore che posso’ e ‘Quanto ti voglio’, più vecchie di lui di dieci anni. Tempo di una ‘Poster’ con l’Orchestra del Cinema che si alza a ogni “andare lontano”, e della preghiera laica ‘Uomini persi’, il racconto dell’umanità varia sballottat­a dalla vita ha una sua sosta: “Trent’anni fa venni a vedere qui un concerto di Vangelis – dice Baglioni – e scoprii questo posto straordina­rio. Nel frattempo siamo invecchiat­i, ma per fortuna siamo in un posto più vecchio di noi”. E ancora: “Restano echi di voci, di opere, di balletto, di concerti. Anche se abbiamo atteso tutto questo tempo, ne è valsa la pena”. L’inchino alla storia è il prologo a ‘Ninna nanna nanna ninna’, ovvero la ‘Ninna nanna della guerra’ di Trilussa messa in musica su ‘E tu…’, album del 1974 affidato proprio agli arrangiame­nti di Vangelis. Questa ennesima versione è ancora lì a dire che si può cantare d’amore e di altro, e che le due cose non si elidono. Prima del medley al pianoforte e degli inni generazion­ali, una ‘Buona fortuna’ dall’album ‘Strada facendo’ (1981) per voce e Coro Giuseppe Verdi, che con Caracalla alle spalle vale il viaggio, la cena, il biglietto e i 37 gradi, un dettaglio. Del fatto, invece, che verso la fine tutti si buttino sotto il palco a farsi i selfie come al concerto di Benji e Fede, e il Baglioni che prova a cacciarli via con le buone, riferiamo citando il tizio sotto il palco, smartphone in mano, nell’atto di fare la diretta social mentre l’artista sta cantando. Da tempo la diretta social ai concerti non serve più a far vedere al mondo l’artista in azione, bensì a mostrare la propria faccia mentre la star si esibisce alle tue spalle. È ‘l’esperienza’, quella che trasforma il concerto dal vivo nella festa di compleanno, o nella caccia grossa, che poi te ne torni a casa con la testa del cervo da appendere sopra il camino. Quello che può capitarti a Caracalla è che l’artista ti tiri il microfono sulla testa, che è un po’ come portarsi a casa il cervo senza le corna. È successo lunedì 13 giugno, peccato non esserci stati: mentre il Baglioni si occupava del microfono, noi ci saremmo offerti di occuparci dell’asta.

Appendice

Il tempo di tornare dalla Città Eterna e il Corriere della Sera scrive: “Claudio Baglioni ha ottenuto il sequestro del libro ‘Tutti poeti con Claudio’ che, su ordine del gip del Tribunale di Monza, non è più scaricabil­e dal sito di Striscia la Notizia per un’inchiesta che vede indagati per diffamazio­ne Antonio Ricci, patron del tg satirico, i presentato­ri Enzo Iacchetti ed Ezio Greggio e il Mago Casanova, alias Antonio Montanari”. Qualcuno forse ricorderà la crociata televisiva iniziata ai tempi di Sanremo 2018 col Baglioni direttore artistico, accusato di avere copiato poesie a destra e a manca (chiedete ai cantautori e agli scrittori quanti poeti hanno citato nell’atto di scrivere poesie, o in quello di scrivere canzoni).

A oggi, col ritiro del libro-denuncia, resta un mistero perché se Bob Dylan cita Shakespear­e senza avvisare a New York nessuno si scandalizz­a, e se invece Claudio Baglioni cita Federico García Lorca a Milano fanno una crociata. Perché allora non scrivere un ‘Tutti poeti con Zucchero’, ispiratosi a Joe Cocker, Michael McDonald, Bob Seger e tanti altri; perché non un ‘Tutti maestri con Ennio’, che attinse da Palestrina, Monteverdi, Bach (“I miei maestri”, li chiamava il Maestro); e perché non un ‘Tutti direttori d’orchestra con John’, per l’attingere di John Williams da Stravinski­j, Ciaikovski­j, Dvořák per le colonne sonore di ‘E.T.’, ‘Guerre stellari’ e ‘Lo squalo’. La tristezza, in tutta questa vicenda, mossa peraltro contro un gentiluomo, non è tanto il pensare che “passerotto non andare via” e “accoccolat­i ad ascoltare il mare” siano “versi osceni” (Ricci), perché nemmeno “vagabondo che non sono altro” è Ungaretti. È sostenere, in nome della satira, che Claudio Baglioni sia stato il cantante dei fascisti (per la precisione, “un cantante insopporta­bile, amato dai fascisti”).

Dal 1981 a oggi, per quel che ci riguarda, davanti a folle osannanti su ‘Strada facendo’ o ‘La vita è adesso’ non si ricordano mani tese ed ‘eia alalà’. Al massimo un ‘Alé-oó’, ultima traccia di un album di quarant’anni fa. Certo, se il Baglioni un giorno avesse dichiarato che “Hitler è stato la prima grande rockstar e il nazionalso­cialismo una splendida iniezione di morale”, oggi la penseremmo diversamen­te. Ma quello era David Bowie.

*‘Pota’ è una generica esclamazio­ne non volgare, ben diffusa in tutta la Lombardia orientale, sia a Brescia sia a Bergamo, traducibil­e in italiano con ‘accipicchi­a’ o se ci piace il gusto antico con ‘corbezzoli’ (fonte:

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ROBERTO PANUCCI ‘Siamo invecchiat­i, ma per fortuna siamo in un posto più vecchio di noi’ (fino al 19 giugno a Roma)
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ROBERTO PANUCCI Scenografi­a naturale

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