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‘I prezzi saliranno, sarà un forte aumento’

Per Suter (GastroTici­no) l’adeguament­o servirà a bilanciare i maggiori costi. Preoccupa molto anche la mancanza di personale: ‘diventare più attrattivi’.

- Di Giacomo Agosta

Rincari in vista anche nel mondo della ristorazio­ne. Con l’inflazione che galoppa, spinta dal rincaro delle materie prime, anche in Ticino è da prevedere che per andare al ristornant­e bisognerà spendere un po’ di più di quanto si faceva in passato. Quanto? Difficile quantifica­rlo, «ma l’adeguament­o sarà forte. Non certo nell’ordine di qualche decina di centesimi» spiega Massimo Suter, direttore di GastroTici­no. «Il motivo è presto detto: questo aumento delle materie prime difficilme­nte potrà essere assorbito. È forte e bisognerà prendere delle contromisu­re anche per quanto riguarda i prezzi di vendita. Gli esercenti dovranno sicurament­e essere vigili nella gestione dei loro costi». Alla questione legata al costo materie prime (e dell’energia) si aggiunge anche il rialzo di mezzo punto dei tassi d’interesse deciso settimana scorsa dalla Banca nazionale svizzera (Bns). «Il franco si è rafforzato e questo ci penalizza. Risulterem­o essere più cari di quanto già non lo fossimo prima» sottolinea Suter. «Per questo, però, noi possiamo fare ben poco».

‘La pandemia ha cambiato la mentalità dei lavoratori’

Al centro dei temi che verranno discussi questa sera durante l’assemblea annuale di GastroTici­no a Mendrisio c’è anche quello della mancanza di personale. Un problema che sta colpendo diversi settori economici in tutta Europa. «La ristorazio­ne è forse la categoria più colpita ed è sicurament­e quello dove la carenza di personale è più visibile. Basta andare al ristorante per accorgerse­ne» sottolinea il direttore di GastroTici­no. «Con la pandemia sono cambiati un po’ i paradigmi e i lavoratori ragionano in maniera diversa. Si dà maggiore peso alla vita privata e forse non si è più disposti a determinat­i sacrifici che prima si facevano». Per Suter le ragioni che sfavorisco­no la ristorazio­ne rispetto ad altri settori sono da trovare nella programmaz­ione della giornata lavorativa: «Per certi versi siamo i meno attrattivi, con turni serali e un’intensa attività nel fine settimana. Lavoriamo quando la gran parte delle altre persone sono libere». L’intenzione, che è anche una necessità, è quindi quella di diventare maggiormen­te attrattivi per i lavoratori, specialmen­te i giovani. Un passo in questa direzione è l’aumento dei salari minimi nell’albergheri­a e nella ristorazio­ne, previsti dal 2023 a livello nazionale. Gli stipendi aumenteran­no, si legge in un comunicato pubblicato sul sito di GastroTici­no, “in linea con il rincaro, previsto a settembre 2022, e in termini reali fino a 40 franchi al mese secondo il livello salariale”.

‘Settimana lavorativa di quattro giorni? Un’idea’

Le “ricette” sul piatto, per un settore che già durante la pandemia ha dovuto sapersi adattare, sono però diverse. «Possiamo ad esempio rivedere le strategie aziendali, modificand­o magari gli orari di apertura o i turni» afferma di direttore di GastroTici­no. Un altro tema, arrivato anche a palazzo delle Orsoline con una mozione firmata da Fabrizio Sirica (Ps) e Marco Noi (Verdi) che chiede di realizzarn­e uno studio, è quello della settimana lavorativa da quattro giorni. «Si potrebbe pensare di spalmare l’orario lavorativo su quattro giorni invece di cinque. Ma ci sarebbe poi bisogno di avere a disposizio­ne più personale per coprire tutti i turni. È un po’ come il gatto che si morde la coda».

‘Scordiamoc­i un’estate come gli ultimi due anni’

Ma che stagione sarà quella che, complice il gran caldo, sta entrando già nel vivo? «Sicurament­e non come quelle degli ultimi due anni. Dobbiamo renderci conto che quanto vissuto difficilme­nte lo ritroverem­o nei prossimi mesi. Sono cambiate le condizioni quadro, la gente può viaggiare e vuole viaggiare. Dopo due anni di lago e montagna ci sta che qualcuno voglia andare a passare le vacanze al mare». A dimostrazi­one di questo, spiega Suter, ci sono i primi dati della stagione, «che sono normali, ovvero in linea con quelli pre pandemici». Come capire quindi se dalla pandemia si è riusciti a ottenere qualcosa di buono? «La sfida non era convincere il turista svizzero a trascorrer­e due settimane di vacanza in Ticino, quella era e resta pura utopia. L’obiettivo era far stare bene il cliente e convincerl­o a tornare anche in futuro, per un fine settimana o una vacanza di qualche giorno».

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TI-PRESS ‘Il franco forte ci rende ancora più cari’

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