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Di Maio lascia il Movimento 5 Stelle

Uno dei volti più riconoscib­ili della creatura di Beppe Grillo, oggi ministro degli Esteri, si sfila in polemica con l’atteggiame­nto tenuto dal M5S durante il conflitto

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Roma – “Lasciamo il Movimento 5 Stelle che d’ora in poi non sarà più la prima forza politica del Parlamento”. L’addio di Luigi Di Maio al Movimento che aveva contribuit­o a portare oltre il 30% arriva alla fine della giornata più lunga per la tenuta della maggioranz­a e del governo italiano. L’ex capo politico M5S annuncia una “scelta sofferta” ma che pone fine alle “ambiguità”.

Lo dice assicurand­o che nella nuova realtà non ci sarà spazio “per odio, populismi, sovranismi, personalis­mi, superficia­lità”. Di Maio lancia così la sua “operazione verità” dopo che Draghi ha incassato il sì compatto della sua maggioranz­a al Senato, con 219 voti, a proseguire nell’azione di sostegno all’Ucraina con una risoluzion­e che, dice il suo ministro degli Esteri, “rafforza il governo” con un “voto netto” dopo “settimane di ambiguità, turbolenze e attacchi” che “indeboliva­no” l’immagine dell’Italia all’estero. Pensare di “picconare” il governo per ragioni “legate alla crisi di consenso”, senza nemmeno riuscire a recuperare voti, affonda Di Maio, è da “irresponsa­bili”. E conferma, acclamato dai deputati e senatori che lo stanno seguendo nel nuovo progetto, l’intenzione di continuare a sostenere “con lealtà e impegno” il governo Draghi.

‘Campagna d’odio’

Non sarà, assicura, un “partito personale” ma si darà vita a “un nuovo percorso”. Perché una “forza politica matura”, dice ancora riferendos­i ai suoi ex compagni di viaggio, deve sapere “aprirsi al confronto, al dialogo” e saper fare tesoro dell’esperienza nelle istituzion­i che, a distanza di due legislatur­e, “ci ha fatto capire che alcune esperienze del passato erano sbagliate”. Conte non replica. Ma ad avvertire che “tutto questo odio” si trasformer­à in un “boomerang” ci pensa il capo della comunicazi­one M5S, Rocco Casalino.

Prima dell’annuncio alla stampa (Di Maio parla ma non c’è spazio per le domande) il ministro degli Esteri fa un passaggio al Quirinale, che era stato preventiva­mente informato così come Palazzo Chigi, dell’intenzione di lasciare il Movimento.

Lo strappo di Di Maio, che prende forma già nella mattinata di ieri, si incrocia – e probabilme­nte contribuis­ce a risolvere – l’impasse sulla risoluzion­e da accompagna­re alle comunicazi­oni del premier in vista del prossimo consiglio europeo: partiti e governo tornano a riunirsi – dopo la fumata nera di lunedì – per trovare le parole con cui recepire l’istanza del Movimento, appoggiato anche da Leu, di una maggiore partecipaz­ione alle scelte di politica estera dell’esecutivo nei momenti più “rilevanti”, compresi eventuali nuovi invii di forniture militari.

La ricerca del dispositiv­o giusto prosegue per diverse ore, sul tavolo arrivano decine di proposte di mediazione che puntualmen­te, racconta chi ha partecipat­o alle riunioni, trovano il muro “irremovibi­le” di Palazzo Chigi. Va bene il coinvolgim­ento del Parlamento, è il messaggio che arriva dai piani alti del governo, ma entro i limiti già definiti dal primo decreto legge, che Draghi non a caso cita nel suo intervento in Aula a Palazzo Madama.

Un discorso asciutto, di una ventina di minuti, in cui il presidente del Consiglio conferma il sostegno italiano all’adesione di Kiev all’Unione europea, ribadisce la necessità di sbloccare al più presto i porti per evitare che la crisi del grano si trasformi in una “crisi umanitaria di dimensioni straordina­rie”. E insiste sulla necessità “ancora più urgente” dopo la riduzione delle forniture da parte di Mosca di imporre un tetto al prezzo del gas.

Il gruppo parlamenta­re

Ma a tenere banco tra i senatori è la mossa di Di Maio. A Palazzo Madama un nuovo gruppo non si può formare senza un simbolo ma alla Camera sono almeno una cinquantin­a i deputati pronti a seguire il ministro degli Esteri. E accanto alla conta cominciano a circolare anche voci che vorrebbero Conte, costretto a cedere sulla risoluzion­e, pronto a uscire dal governo. “Sono altri che creano problemi non noi”, taglia corto il ministro ‘contiano’ Stefano Patuanelli. Ma l’addio della pattuglia dimaiana per formare il gruppo “Insieme per il futuro”, spacca il Movimento e preoccupa il Pd: “Fate in modo che lo scontro non ricada sul governo e sulla politica estera italiana” il messaggio recapitato da Enrico Letta sia a Conte sia a Di Maio, mentre Matteo Renzi e Carlo Calenda apertament­e festeggian­o per la rottura del Movimento.

Nel frattempo arriva il quanto mai sofferto via libera alla risoluzion­e che contiene sì il “necessario” e “ampio” coinvolgim­ento delle Camere in tutti i passaggi cruciali, ma “secondo quanto previsto dal decreto legge 14/2022”. Con una soddisfazi­one che Draghi esprime ringrazian­do più volte il Senato.

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KEYSTONE Luigi Di Maio con Beppe Grillo nel 2018
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KEYSTONE Di Maio e Conte ai tempi del governo M5S-Lega

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