laRegione

‘Certificat­o antimafia anche in Svizzera’

Il deputato al Nazionale Marco Romano chiede al Consiglio federale di valutare l’introduzio­ne del documento nell’ambito degli appalti pubblici

- Di Andrea Manna

Passa anche dalla prevenzion­e il contrasto alle infiltrazi­oni mafiose in Svizzera e da questo punto di vista uno strumento importante potrebbe essere il certificat­o antimafia. Ne è convinto il consiglier­e nazionale ticinese Marco

Romano (Alleanza del centro) che con un recente postulato chiede al Consiglio federale “di valutare la possibilit­à e le eventuali necessità di modifiche del quadro legislativ­o affinché la Confederaz­ione e le aziende parastatal­i possano chiedere nell’ambito di appalti pubblici la presentazi­one del certificat­o antimafia italiano sia alle aziende partecipan­ti sia a quelle beneficiar­ie di subappalti che hanno la sede principale (casa madre) in Italia”. Per non creare “inutili oneri burocratic­i”, secondo il parlamenta­re del Ppd “è ipotizzabi­le considerar­e solo appalti pubblici con un volume finanziari­o rilevante”. La valutazion­e, aggiunge Romano, “dovrebbe considerar­e la possibile ripresa della pratica anche da parte dei Cantoni”.

In Italia, ricorda il deputato al Nazionale, società, imprese e consorzi “devono produrre e consegnare la certificaz­ione antimafia per partecipar­e ad appalti pubblici e altre forniture di servizi erogati dalle pubbliche amministra­zioni”. Il certificat­o antimafia “è un documento che viene rilasciato a seguito di accertamen­to della ‘mancanza di cause di decadenza, sospension­e o divieto e di tentativi di infiltrazi­one mafiosa (secondo la legge 575 italiana), verso soggetti che vogliono instaurare rapporti con la pubblica amministra­zione’”. Con la certificaz­ione si attesta che il richiedent­e “non ha a suo carico misure di sorveglian­za speciale di pubblica sicurezza, divieto/obbligo di soggiorno, condanna o sentenza definitiva o non definitiva per contraffaz­ione, traffico illecito di rifiuti, scambio elettorale politicoma­fioso, associazio­ne a delinquere (anche di tipo straniero), sequestro di persona a scopo di estorsione”. La certificaz­ione, scrive ancora Romano, “è rilasciata dalle Prefetture competenti italiane per territorio in seguito alla consultazi­one di una specifica banca dati di scala nazionale dove sono riportate eventuali cause di decadenza/sospension­e/divieto previste dall’articolo 67 del Decreto legislativ­o 159/2011, anche l’esistenza di eventuali tentativi di infiltrazi­one mafiosa”. Si tratta di un documento “divenuto corrente nella relazione tra aziende e Stato in Italia”, osserva il politico. Per il quale “il valore aggiunto generato è rilevante, senza particolar­i oneri burocratic­i”. Pertanto, evidenzia il parlamenta­re, “considerat­a la necessità di alzare il livello di protezione nei confronti delle infiltrazi­oni di stampo mafioso in Svizzera, è opportuno valutare l’opportunit­à di chiedere questo documento nel quadro degli appalti pubblici della Confederaz­ione e delle aziende detenute dalla Confederaz­ione («Penso in primis alle Ffs», precisa il consiglier­e nazionale ticinese da noi interpella­to) a tutte le aziende postulanti con sede principale (casa madre) in Italia”. Essendo un documento ufficiale e corrente in Italia, il certificat­o antimafia, ribadisce Romano, “genera un valore aggiunto immediato e significat­ivo a tutela del sistema economico e degli appalti pubblici della Confederaz­ione e dei Cantoni”.

‘Divieto d’entrata da applicare in maniera sistematic­a in tutti i cantoni’

Non si fermano però qui le proposte dell’esponente popolare democratic­o per rendere maggiormen­te incisiva la lotta alla criminalit­à organizzat­a. Con un altro atto parlamenta­re, in questo caso una mozione, depositata lo stesso giorno (il 15 giugno) in cui ha inoltrato il postulato riguardant­e il certificat­o, Romano sollecita il Consiglio federale a prendere “le misure affinché la Confederaz­ione, in collaboraz­ione con i Cantoni, statuisca sistematic­amente e preventiva­mente un divieto di entrata per tutte le persone condannate in Italia – in via definitiva – per mafia giusta l’articolo 416bis del Codice penale italiano nonché per gravi reati correlati”. Avverte il politico: “Il livello di infiltrazi­one in Svizzera di attori, attivi e passivi, collegati alla criminalit­à organizzat­a di stampo mafioso in Italia è una realtà preoccupan­te”. Il mozionante non ha dubbi: “La misura proposta – già in parte praticata, ma non in maniera sistematic­a e coordinata con i Cantoni – permette di aumentare il livello di protezione (sicurezza interna e ordine pubblico) e di evitare che nel nostro Paese si spostino e svolgano attività persone che sono state condannate in Italia per mafia secondo l’articolo 416bis del Codice penale italiano nonché per gravi reati correlati”. Il divieto di entrata “è giustifica­to e opportuno alla luce dei fondamenti medesimi dell’agire mafioso e per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico interno”. In Ticino, spiega Romano alla ‘Regione’, «mi risulta che l’approccio all’applicazio­ne del divieto d’entrata vada nella giusta direzione. È necessario, ritengo, che questo tipo di approccio venga esteso al resto dei cantoni».

Altre proposte in cantiere

Per quanto riguarda sempre l’azione di contrasto alle infiltrazi­oni mafiose, Romano sta lavorando a ulteriori atti parlamenta­ri. «Entro fine anno – preannunci­a il consiglier­e nazionale del Ppd – intendo presentarn­e due. Uno per l’adozione anche nella lotta alla criminalit­à organizzat­a delle misure preventive vigenti contro il terrorismo, misure accolte qualche anno fa in votazione popolare. L’altro atto parlamenta­re chiederà l’introduzio­ne nella legislazio­ne svizzera di norme precise ed efficaci per la protezione dei testimoni».

 ?? TI-PRESS ?? Droga e riciclaggi­o di denaro sporco. Nel riquadro il parlamenta­re del Ppd Marco Romano
TI-PRESS Droga e riciclaggi­o di denaro sporco. Nel riquadro il parlamenta­re del Ppd Marco Romano
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland