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Inflazione: male, ma non malissimo

Per ora l’impatto sulla vita in Svizzera è contenuto, ma si temono l’aumento dei costi nell’edilizia e l’andamento degli affitti. Il Ticino è più vulnerabil­e.

- Di Lorenzo Erroi

“Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere”. Oppure – con un’aggiunta alla celebre battuta di ‘Frankenste­in Junior’ – potremmo trovarci con l’inflazione di Italia e Germania. È il primo pensiero che viene in mente leggendo lo studio appena dedicato dall’Ufficio di statistica all’aumento dei prezzi, che ci dice anzitutto una cosa: quelli dei singoli beni e servizi fluttuano qui come altrove, franco più franco meno, ma le merci maggiormen­te interessat­e dall’inflazione incidono sui nostri budget meno che nei Paesi confinanti. Se a ciò si aggiunge il fatto che il franco è una valuta-rifugio – tende cioè ad apprezzars­i in situazioni di crisi rispetto alle altre monete, rendendo le importazio­ni più economiche – e che la Confederaz­ione mantiene un certo grado di indipenden­za energetica, ecco spiegato perché il carovita in Svizzera si ferma sotto la soglia del 3% su base annua, contro il 7-9% dei Paesi confinanti. Parliamo comunque di circa 3mila franchi in meno all’anno a disposizio­ne di una famiglia media, stando ai dati dell’Unione sindacale svizzera, e sempre che il sistema internazio­nale non ci riservi altri acquazzoni.

Il rebus del budget famigliare

‘Il rebus dell’inflazione è anche una questione di pesi’, recita già dal titolo lo studio dell’Ustat: da noi, a pesare maggiormen­te sui conti a fine mese è l’abitazione (26% tra affitto e riscaldame­nto, fortunatam­ente con una quota minima dipendente dal gas). «Rispetto ad altri Paesi», spiega l’autore dell’analisi Eric

Stephani, «ha un’incidenza prepondera­nte l’affitto, che inizia a evidenziar­e segni di risalita, i quali però al momento sono ancora intrasport­i, feriori a quelli mostrati dall’Indice dei prezzi al consumo (Ipc)». Così, anche se il prezzo del gasolio da riscaldame­nto è aumentato del 111% dal dicembre 2020 e quello della benzina del 48%, la situazione è meno drammatica rispetto all’Italia, dove un pieno e la bolletta del gas portano via una fetta ben maggiore del reddito medio (vedi infografic­a). Tuttavia il Ticino si potrebbe trovare in una posizione particolar­mente vulnerabil­e, almeno se lo paragoniam­o alla realtà oltre Gottardo: «I salari inferiori – come pure la quota maggiore di persone pensionate – fanno sì che a livello cantonale vi siano più economie domestiche nella fascia a basso reddito», nota Stephani: «Tramite l’indagine sui redditi e i consumi delle economie domestiche (Ibed) sappiamo che sono le economie domestiche coi redditi più bassi a indicare uno sbilanciam­ento della spesa verso i beni primari, tra cui prodotti alimentari e alloggio, rispetto a beni secondari e risparmi. Di conseguenz­a, come emerso in altri Paesi, l’andamento dell’Ipc potrebbe avere un aumento maggiore per le economie domestiche a basso reddito».

Preoccupa il caro-casa

Peraltro, è possibile che i rincari dovuti ai costi di trasporto e ai colli di bottiglia nella fornitura di materie prime e semilavora­ti si ripercuota­no prima o poi anche sugli affitti, vero elefante nella stanza della spesa svizzera: «L’aumento dei prezzi dei combustibi­li e dei materiali da costruzion­e incide già sulla realizzazi­one di nuovi edifici, e potrebbe presto avere un impatto sul mercato immobiliar­e. A questo si aggiungono la possibilit­à di indicizzar­e gli affitti all’Ipc e l’aumento dei tassi di riferiment­o deciso dalla Banca nazionale svizzera». (Giovedì scorso la Bns ha alzato di mezzo punto percentual­e il tasso di riferiment­o con effetti immediati sulle ipoteche, vedi anche p.3). «Tutto questo potrebbe comportare un ulteriore aumento delle spese per i proprietar­i e di conseguenz­a per gli inquilini».

In ogni caso, secondo Stephani «la situazione è in costante evoluzione e non è facile prevedere cosa accadrà nei prossimi mesi». Anche perché se è vero che il prezzo del cibo – che nel paniere-tipo pesa per il 12,6% dei consumi totali – ha ‘strappato’ solo dell’1,3% rispetto a dicembre, a maggio l’aumento si è fatto più ripido e presto potrebbe finire per incorporar­e anch’esso il maggior costo dei oltre alle incertezze sulle forniture internazio­nali legate anche al conflitto in Ucraina.

Più care anche le auto

Sempre restando ai trasporti – delle persone, stavolta – essi incidono mediamente per l’11% sulle spese famigliari: oltre al carburante, a causa dei problemi di forniture è aumentato il costo delle auto nuove (+5,5% nel 2021 su base annua) e usate (+14,6%), una tendenza confermata nei primi mesi di quest’anno, che però potrebbe risolversi nei prossimi mesi man mano che vecchie e nuove filiere raggiunger­anno la piena operativit­à. Per ora, comunque, sono proprio i trasporti a penalizzar­e in modo più evidente il potere d’acquisto. In generale, conclude Stephani, «la Confederaz­ione, tramite la Segreteria di Stato dell’economia (Seco), teme anzitutto uno scenario: una crescita dell’indice dei prezzi al consumo in un momento di rallentame­nto economico (nello scenario peggiore, prezzi che salgono del 2,8% contro il +2,4% di Pil per il 2022, ndr). Una prospettiv­a piuttosto inconsueta, visto che normalment­e la crescita dei prezzi accompagna la crescita economica, in particolar­e quando questa è spinta dalla crescita dei consumi».

LO STUDIO Sondaggi e panieri: com’è fatto l’indice

Ma come viene calcolata l’inflazione? In breve, e tagliandol­a un po’ con l’accetta: si svolge un’indagine nazionale coinvolgen­do circa 3mila economie domestiche, chiedendo loro di contabiliz­zare con precisione le proprie spese e il reddito. Questo permette di capire quanto i diversi tipi di consumi pesino sul bilancio complessiv­o della famiglia ‘media’ e di ponderare di conseguenz­a l’incidenza dei prezzi di ciascuna categoria, il cui andamento viene misurato rilevando quelli di circa 100mila beni e servizi (costanteme­nte attualizza­ti a seconda delle esigenze, ma in modo tale da permettere il confronto storico). In pratica, è come se si disegnasse un carrello della spesa archetipic­o e poi si andassero a leggere i prezzi su ciascun prodotto che vi si trova, facendo il ‘conto’. Salvo alcune eccezioni, spiega Stephani, «sono compresi nel paniere tutti i beni per i quali una famiglia spende mediamente almeno 6 franchi al mese». Quello che ne deriva è un Indice generale dei prezzi al consumo (Ipc) adeguato di volta in volta all’evoluzione della spesa reale, diviso in sottoindic­i quali generi alimentari e costi d’abitazione (vedi infografic­a). Inoltre è possibile armonizzar­e tale indice per facilitare il confronto internazio­nale.

A differenza che in altri Paesi, in Svizzera non è effettuata una misurazion­e differenzi­ata per le diverse fasce di reddito, cosa che aiuterebbe a misurare meglio ‘vincenti’ e ‘perdenti’ per ogni specifica fase di andamento dei prezzi. Peraltro l’indice dei prezzi al consumo, vista anche la sua complessit­à, si calcola solo su base nazionale e non cantonale. Infine non rientra nel paniere l’assicurazi­one sanitaria, perché, per definizion­e, l’Ipc monitora i prezzi dei beni e dei servizi, come ad esempio un consulto medico o un’operazione, mentre secondo l’Ufficio federale di statistica l’evoluzione dei premi che osserviamo da anni non dipende tanto dall’aumento dei prezzi di determinat­e prestazion­i – un’operazione chirurgica, un ricovero – quanto piuttosto dalla frequenza con la quale vi si ricorre. Questo – insieme al costante complicars­i dell’offerta di servizi sanitari e al fatto che l’assicurazi­one è un trasferime­nto forfettari­o e non un prezzo pagato ‘on demand’ per le singole prestazion­i – rende impossibil­e guardare ai premi per misurare la pura evoluzione dei prezzi nel settore sanitario. Si ovvia (parzialmen­te) al problema prendendo in consideraz­ione solo le tariffe di certi servizi sanitari e il prezzo dei farmaci. Le spese per la salute risultano comunque pesare per il 17% sul budget della famiglia-tipo, seconde solo a quelle per l’abitazione (26%) e davanti alle spese per alimenti e bevande analcolich­e (12%).

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INFOGRAFIC­A: LAREGIONE / DATI: USTAT In Italia e Germania è quasi il triplo
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TI-PRESS La casa pesa
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KEYSTONE Tassi all’insù

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