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Salario minimo, resta l’incognita TiSin

- L.E.

D’accordo, ma con TiSin come la mettiamo? Si potrebbe sintetizza­re così la reazione dei sindacati Ocst e Unia, dopo il rassicuran­te comunicato del Dipartimen­to delle finanze e dell’economia che martedì faceva il punto sul rispetto del nuovo salario minimo: solo una cinquantin­a le infrazioni su oltre 1’600 aziende controllat­e da inizio anno, un misero 3% “perlopiù da ricondurre a errori di calcolo” e tale che “la quasi totalità dei datori di lavoro ha reintegrat­o la differenza dovuta” ai suoi impiegati. Perché certo, «il numero basso di infrazioni riscontrat­e costituisc­e un risultato positivo, un buon segnale in merito al rispetto della legge da parte delle imprese», osserva Renato Ricciardi, segretario cantonale Ocst. Tuttavia «resta una forte preoccupaz­ione circa quelle aziende che il salario minimo hanno attivament­e cercato di aggirarlo, penso a quelle del Mendrisiot­to che proprio a questo scopo hanno cercato di siglare un nuovo contratto collettivo di lavoro con TiSin».

Ovvero il sedicente sindacato che nel direttivo annoverava, accanto al sindacalis­ta Nando Ceruso, anche i granconsig­lieri leghisti Sabrina Aldi e Boris Bignasca. Un sindacato ormai defunto, o meglio, rifondato dopo la partenza dei due politici come Sindacato libero della Svizzera italiana. Insieme all’associazio­ne padronale Ticino Manufactur­ing, aveva tentato di siglare un’intesa con retribuzio­ni inferiori alla soglia minima prescritta dalla legge, che d’altronde prevede esplicitam­ente un’eccezione proprio per le aziende sottoposte a contratto collettivo. Per Ricciardi «si è trattato di un chiaro ed esplicito tentativo di eludere il salario minimo, promuovend­o nei fatti il dumping salariale e sociale. Sappiamo che tali aziende sono state oggetto di verifica da parte dell’Ispettorat­o del lavoro, ma non sappiamo se esse rientrino tra quelle sanzionate e se in tal caso abbiano opposto un ricorso».

Per il segretario cantonale Ocst «sanzionare condotte simili è importante non solo per dirimere la controvers­ia specifica, ma anche per esprimere un chiaro giudizio di valore. Questo cantone, posto sotto la pressione tipica di un’economia di frontiera, non può permetters­i ulteriori escamotage­s e speculazio­ni».

‘Comunicazi­one deludente’

D’animo analogo è il segretario regionale Unia Giangiorgi­o Gargantini. «Il fatto che si siano riscontrat­e poche infrazioni non mi stupisce, fin dall’inizio abbiamo sostenuto che un salario minimo peraltro così basso non avrebbe causato quegli stravolgim­enti che invece altri paventavan­o», ma «è deludente notare come non vi sia stata una comunicazi­one pubblica più dettagliat­a sulle aziende presso le quali sono state riscontrat­e infrazioni. In particolar­e, sarebbe interessan­te capire se tra queste ci sono anche le società riunite in Ticino Manufactur­ing. Questo permettere­bbe di precisare se e in che misura l’accordo in questione permetta di aggirare la legge sul salario minimo. Più in generale, occorre notare come a quasi un anno dallo scoppio del caso non vi sia ancora alcuna presa di posizione chiara da parte dell’autorità politica in merito»

Ricordiamo che la Commission­e tripartita in materia di libera circolazio­ne delle persone – l’organo che riunisce autorità cantonali, associazio­ni imprendito­riali e sindacati per prevenire e sanzionare abusi – martedì ha riferito di sole sette aziende multate per oltre 2mila franchi. Di norma, il datore di lavoro ritenuto in torto deve informare i lavoratori e corrispond­ere loro la differenza tra il salario percepito in precedenza e quello minimo stabilito dalla legge. Ricciardi ricorda che «l’applicazio­ne delle misure di accompagna­mento alla libera circolazio­ne – i contratti normali di lavoro che impongono salari minimi in settori oggetto di dumping e i controlli dell’Ispettorat­o del lavoro – sono e restano imprescind­ibili per evitare derive».

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