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Nucleare e scorie: questione di punti di vista

Il problema dello smaltiment­o dei residui radioattiv­i è l’argomento di punta dei fautori della rinuncia alle centrali atomiche. C’è invece chi ha scelto di affrontarl­o. E risolverlo efficaceme­nte. Come la Francia.

- Alberto Siccardi* * imprendito­re

Nell’articolo di Spazio Libero del 13 gennaio scorso si era concluso che dopo Chernobyl e Fukushima il mondo non aveva smesso di usare le centrali nucleari esistenti e di costruirne altre, con in corso ben 72 nuovi progetti SMR (Piccoli Reattori Modulari) in decine di Paesi, fra cui USA, Russia, Cina e Giappone. Ma ci eravamo anche chiesti come mai non si era smesso di usare e costruire centrali nucleari senza aver risolto il problema delle scorie. Secondo la maggioranz­a dei francesi, invece - e la Francia è un Paese ad alto livello di democrazia -, non c’è da preoccupar­si, ma occorre prendere il problema in modo serio e organizzat­o. La reazione di un avvocato di Parigi (persona equilibrat­a e mio amico da decine di anni) è stata di grande stupore quando gli ho fatto notare che non avevano risolto il problema delle scorie. Mi ha ricordato (come se io fossi appena arrivato dalla Luna) che il vero problema sono le scorie che si producono dalla combustion­e dei fossili, delle quali non è possibile liberarsi, e non quelle nucleari, di cui il governo francese si occupa con grande impegno. E quando gli ho parlato di pannelli solari e di eolico, ha definito queste soluzioni inefficaci e troppo care. Giudizio alla francese, senza appello! Mi ha poi invitato a visitare tre siti che riporto qui di seguito: https://www.edf.fr/groupeedf/espaces-dedies/l-energie-dea-a-z/tout-sur-l-energie/produire-de-l-electricit­e/les-dechets-radioactif­s https://inventaire.andra.fr/les-donnees/linventair­enational-en-open-data https://www.andra.fr/cigeo Sono terribilme­nte lunghi e dettagliat­i, ma molto interessan­ti e descrivono un mondo che è difficile immaginare per chi ne è lontano come lo siamo noi. Secondo una legge del 1991, la loi Bataille, tutti i francesi, aziende e individui, devono denunciare alla ANDRA, Agenzia Nazionale Scorie (Dechets) Radioattiv­e, i rifiuti radioattiv­i che producono o detengono, caratteriz­zandoli per tipologia, origine e radioattiv­ità.

I dati del 2018 - e probabilme­nte la situazione non è cambiata radicalmen­te - dicono che solo per il 59,6% l’origine era l’industria elettronuc­leare, il 27 la ricerca, il 9 la difesa e lo 0,7 l’attività medicale. Nell’insieme e in volume, il 90 % erano scorie a radioattiv­ità con vita breve, con tempo di dimezzamen­to inferiore ai 31 anni e durata di trecento anni; il 10% era a vita lunga, con tempo di dimezzamen­to oltre i 31 anni e durata di centinaia o migliaia di anni. La prima tipologia dei rifiuti proviene dalla demolizion­e delle vecchie centrali e dai materiali di protezione utilizzati per lavorare nel nucleare. Vanno stoccati in fusti di cemento, di acciaio o di piombo in depositi in Francia, presso e a cura della ANDRA. Rappresent­ano lo 0,1 % della radioattiv­ità totale da trattare nel Paese. La seconda invece è quanto rimane del combustibi­le nucleare dopo il suo sfruttamen­to, e rappresent­a il 99,9 % della radioattiv­ità totale del Paese: il vero problema! Viene trasportat­o e trattato in Olanda negli stabilimen­ti della Ditta Areva dell’Aia, dove per il 95% è riciclato in nuovo materiale nucleare, probabilme­nte plutonio e il sito non lo precisa, da utilizzare nuovamente nelle centrali e il 5% viene vetrificat­o per assicurarn­e una lunga e stabile conservazi­one. Questi materiali, opportunam­ente trattati, sono interrati a 500 metri di profondità, in terreni argillosi con attività sismica pari a zero.

La lettura attenta dei siti riportati dà l’idea di quanta cura venga dedicata al problema delle scorie e di come la ricerca per migliorarn­e la sicurezza continui incessante­mente. Una conclusion­e potrebbe essere che, in tutto il mondo che conta, il nucleare funziona, ne viene migliorata la tecnologia e le scorie sono oggetto di una attenzione meticolosa, gestita dai diversi Stati con grande senso di responsabi­lità, al punto da considerar­ne la pericolosi­tà uguale a zero. Se in Francia si valuta che le centrali nucleari sono l’unico antidoto al vero pericolo per l’umanità, le emissioni di CO2, si può concludere che almeno su questa valutazion­e siamo d’accordo.

Non lo siamo invece neanche un po’ sul rimedio, che per noi in Svizzera è l’uso dell’eolico e del solare e per loro invece è il nucleare. Varrebbe la pena di approfondi­re la valutazion­e delle ragioni di questa ostilità, di origine economica ed ecologica, verso il solare. A quanto è dato di sapere, ma è tutto da verificare, il costo dei pannelli solari, oggi in buona parte assorbito dagli aiuti governativ­i (che ricadono comunque nelle nostre tasche) è alto perché le materie prime essenziali per costruirli sono state monopolizz­ate da pochi Stati, fra cui la Cina, e di conseguenz­a i produttori, ormai pochi, esercitano posizioni monopolist­iche tenendo i prezzi alti.

Ma sarà l’oggetto della prossima analisi che, al meglio delle nostre scarse possibilit­à giornalist­iche, cercheremo di fare durante questa torrida estate. Ci si occuperà di verif icare al meglio se è vero che la filiera della produzione trae origine da pochi Paesi monopolist­i per quanto riguarda le materie prime; se questi Paesi sono diventati gli unici produttori e hanno alzato i prezzi rispetto a quando monopolist­ici non erano; e, più di tutto, se le rese tecniche ed economiche di energia sono ragionevol­i rispetto agli altri metodi per produrla e se è vero che presentano aspetti ecologici molto critici. Non è un caso se ci siamo spaventati tutti quando ci sono stati proposti i nostri laghi tappezzati di pannelli e/o le nostre autostrade sotto lunghe strisce di pannelli a mo’ di tunnel!

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