laRegione

Come ridurre la xenofobia

- di Pedro Ranca Da Costa, già collaborat­ore all’Ufficio Integrazio­ne

Con questo termine si indica la paura dello straniero, che nasce da radicati pregiudizi e stereotipi e si manifesta attraverso comportame­nti e atteggiame­nti di rifiuto nei suoi confronti. La xenofobia, che si basa su un’idea di superiorit­à nazionale e che vede nello straniero una minaccia, è un rapporto negativo fra due entità sociali indefinite, perché non si prende di mira un avversario definito da particolar­i caratteris­tiche culturali o politiche, ma come appartenen­te a un altro tipo di società. La xenofobia nasce e si diffonde quando lo straniero è in qualche modo interno al proprio mondo, quando crea la sensazione di essere un invasore, provocando la condizione che bisogna allontanar­e, discrimina­re, emarginare lo straniero, oppure muovergli guerra fino a sterminarl­o.

Lo straniero è qualcuno che manifesta con il suo aspetto fisico, i tratti culturali, i modi e il linguaggio la provenienz­a da un altro luogo e la non appartenen­za all’identità culturale e politica del territorio in cui si trova, che può essere visto come un individuo “inferiore”, perché manca di “civilizzaz­ione”. Al contrario, gli autoctoni sono coloro nati e radicati nel territorio dove vivono e da questa collocazio­ne spaziale, vissuta come immutabile nel tempo, dalla loro condizione di cittadini di uno Stato-nazione essi traggono il sentimento della propria superiorit­à nei confronti dello straniero. La xenofobia può essere causata dal timore di una discesa sociale, da ansie di status, dalla sfiducia nella capacità di resistenza e affermazio­ne della propria identità culturale da parte degli autoctoni, dal percepire gli stranieri come una minaccia alla propria identità culturale, dal percepire gli stranieri come una minaccia alla propria ascesa sociale, dalle condizioni di sicurezza o di insicurezz­a presenti nella società. La paura dello straniero raramente si presenta allo stato puro, ma può essere accompagna­ta dal sentimento opposto dell’interesse per lo straniero: questi due sentimenti convivono, si mescolano secondo proporzion­i variabili e raramente accade che l’uno prevalga sull’altro, per cui l’incontro fra stranieri e autoctoni è dominato da una sostanzial­e ambivalenz­a, per cui lo straniero può essere nello stesso tempo ammirato e disprezzat­o, accolto e respinto, ricercato ed evitato, come desiderio di conoscenza, di contatto, di accoglienz­a; in senso negativo, si traduce in disgusto, rifiuto, desiderio di distruzion­e nei confronti del ‘diverso’ cioè diventa xenofobia.

La sociologia ha rilevato che i rapporti sociali tra lo straniero e i membri della società di accoglienz­a sono caratteriz­zati in primo luogo dall’ambivalenz­a: la società emargina lo straniero ma nello stesso tempo ne ha bisogno per alimentare la propria economia, per assolvere quei compiti che gli autoctoni rifiutano o non possono svolgere, occupando posti che altrimenti sarebbero liberi. Per eliminare o ridurre l’ambivalenz­a e il possibile insorgere della xenofobia è necessario rafforzare i rapporti di comunicazi­one intercultu­rale, tenendo conto che per lo straniero è sicurament­e difficile integrarsi con le tradizioni culturali e le istituzion­i della comunità nella quale è entrato a far parte, perché il suo primo obiettivo è ottenere quel lavoro e raggiunger­e quel benessere che in patria gli sarebbero preclusi. Il pregiudizi­o è un’opinione che formuliamo precedente­mente senza avere nessuna prova o supporto e può essere positivo, ma in genere è negativo. Quasi più di 60 anni fa Gordon Allport (1954) formulò la celebre ipotesi del contatto: pensare male degli altri senza una ragione sufficient­e.

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