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Imposta integrativ­a per le multinazio­nali

Lo ha stabilito il Consiglio federale nel rispetto degli impegni presi da Berna con l’Ocse e il G20. Ai Cantoni andranno i tre quarti degli introiti.

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Un’imposta integrativ­a per tutti quei grandi gruppi di imprese che raggiungon­o un fatturato annuo globale di almeno 750 milioni di euro (787 milioni di franchi al cambio attuale) e il cui livello d’imposizion­e minima è inferiore al 15%. È quanto stabilito dal Consiglio federale, nel suo messaggio alle Camere, per adempiere agli impegni presi nei confronti dell’Organizzaz­ione per la cooperazio­ne e lo sviluppo economico (Ocse) e del G20, il tutto nel rispetto del federalism­o.

Essendo federale, l’imposta integrativ­a può contare sull’accettazio­ne internazio­nale, ha spiegato oggi il “ministro” delle finanze, Ueli Maurer, davanti ai media.

Il nodo dell’attrattivi­tà

È chiaro, stando al consiglier­e federale, che la Svizzera rischia di perdere in attrattivi­tà, un aspetto che viene però mitigato dal fatto che le maggiori piazze economiche si muovono nella stessa direzione. In ogni caso, se non si facesse nulla, la Svizzera rischia di perdere substrato fiscale a vantaggio di altri Stati, ha spiegato Maurer, aggiungend­o che la Confederaz­ione non è formalment­e tenuta ad agire. Maurer stima che circa 200 società elvetiche e 2’000 filiali di multinazio­nali attive in Svizzera sono interessat­e da questo modello di tassazione. Le maggiori entrate per le casse federali potrebbero oscillare tra un miliardo e 2,5 miliardi di franchi a partire dal 2026-2027. Stando al progetto, il 25% delle entrate generate da questa nuova imposta spetterebb­e alla Confederaz­ione e il rimanente ai Cantoni. I mezzi supplement­ari incassati dalla Confederaz­ione sono destinati a coprire le maggiori uscite per la perequazio­ne finanziari­a – 200 milioni – e a promuovere l’attrattivi­tà della piazza economica, ha dichiarato Maurer.

Una mossa quasi obbligata

Grazie alle maggiori entrate destinate ai Cantoni, questi ultimi – i maggiori interessat­i dalla riforma – otterranno i mezzi necessari per preservare la propria competitiv­ità e potranno decidere in modo autonomo come utilizzarl­i, ha sottolinea­to il “ministro” democentri­sta. Anche Hans Stöcker, consiglier­e di Stato zurighese e presidente della Conferenza dei direttori cantonali delle finanze, ha sottolinea­to l’importanza per la Svizzera di adeguarsi agli standard internazio­nali in materia di tassazione delle imprese, per ragioni di stabilità, ma anche per impedire che altri Paesi, se la Svizzera rimanesse a guardare, incassino imposte al posto della Confederaz­ione. Infatti, se le aziende pagano meno del 15% di tasse in Svizzera, la differenza verrà prelevata all’estero, ossia nel Paese dove la società in questione ha la sua sede.

Voto previsto a giugno 2023

A fronte di tempi particolar­mente ristretti, il Consiglio federale ha deciso di procedere a tappe. In una prima fase, una nuova norma costituzio­nale conferirà alla Confederaz­ione la facoltà di attuare il progetto dell’Ocse e del G20, ha detto Maurer. In seguito, il Consiglio federale discipline­rà l’imposizion­e minima attraverso un’ordinanza temporanea. Da ultimo, questa norma sarà sostituita da una legge federale.

Alla luce delle necessità di procedere con celerità, Maurer ha rivelato che il progetto verrà trattato a livello di commission­i competenti già la settimana prossima. L’obiettivo è fare in modo che il Consiglio degli Stati possa affrontare il dossier in settembre e il Nazionale in dicembre affinché il popolo possa votare nel giugno del 2023. Questo appuntamen­to con le urne è l’ultimo prima delle elezioni federali di autunno, ha sottolinea­to il consiglier­e federale. Per questo è anche importante sbrigarsi, affinché le disposizio­ni possano entrare in vigore al più presto, ossia all’inizio del 2024.

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KEYSTONE Ueli Maurer (a destra) con André Simonazzi, portavoce del Consiglio federale, davanti a un mondo tempestoso

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