laRegione

Il governo: ‘Con l’iniziativa sono 91,5 milioni, non 80’

La replica di Dadò (Ppd): ‘Non è assolutame­nte così’

- Di Jacopo Scarinci

Imposte di circolazio­ne ed eterno ritorno della polemica. Il Consiglio di Stato ha smesso di “fare l’arbitro senza intervenir­e”, come da j’accuse del Plr nei confronti del direttore del Dipartimen­to istituzion­i Norman Gobbi mercoledì in Gran Consiglio, e prende posizione con fermezza a seguito del voto di ieri, che ha sancito come in autunno il popolo si esprimerà sull’iniziativa ‘Per un’imposta di circolazio­ne più giusta’ e sul controprog­etto di Ps e Verdi. E mette più di qualche puntino sulle i, il governo. A partire dall’impatto di natura finanziari­a dell’iniziativa popolare del Ppd. Ebbene: “Il governo conferma che l’iniziativa comporterà dal 2024 introiti stimati in base al parco veicoli attuale di circa 91,5 milioni di franchi annui; per l’anno 2023 l’importo potrebbe essere analogo o leggerment­e inferiore tenendo conto della ‘moratoria’ inerente i vecchi veicoli”. 11,5 milioni in più quindi, di poco lontano dai controprog­etti Plr e Ps/Verdi che, allineando­si al governo, avevano stabilito il tetto massimo a 96 milioni. Non solo. Nel testo conforme dell’iniziativa popolare generica, “il Consiglio di Stato ha rilevato una possibile lacuna legislativ­a in materia di calcolo dell’imposta 2023 per le vetture immatricol­ate prima del 2009. Questa nuova disposizio­ne (la moratoria appunto, ndr) non precisa infatti le basi di calcolo per l’anno 2023 applicabil­i a questi veicoli; il Consiglio di Stato ritiene che l’unico sistema applicabil­e per il calcolo di questa specifica imposta sia quello dell’attuale articolo 1a (bonus/malus), ritenuto che l’importo esigibile non potrà eccedere quello del nuovo sistema di calcolo ordinario”.

Interpella­to dalla ‘Regione’, il presidente del Ppd Fiorenzo Dadò tuona: «Non è assolutame­nte vero quello che viene detto, è un tentativo del Consiglio di Stato di incassare di più e aumentare del 20% le imposte per chi ha un’auto più vecchia del 2009. Il gettito è quello uscito dal dibattito, 86 milioni». Gettito derivante «dalla moratoria di un anno nel testo conforme del rapporto di maggioranz­a». Significa, in breve, «che nel 2023 gli automobili­sti con un’auto immatricol­ata prima del 2009 non pagherebbe­ro neanche un franco di più, il governo cerca di applicare un articolo che si applica solo alle nuove immatricol­azioni. Se la nostra iniziativa verrà accettata dal popolo, avremo la forza sufficient­e per contrastar­e questo inaccettab­ile modo di fare». Ma ne ha anche per il controprog­etto di Ps e Verdi, l’Esecutivo. Che “ribadisce le perplessit­à, già emerse, relative al rispetto del principio dell’unità di materia”. E “ben poco ha a che fare con le imposte di circolazio­ne, trattano di una riduzione tariffale a beneficio degli utenti del trasporto pubblico meno abbienti”. E anche in questo caso ci sono alcune correzioni sul gettito: “Gli introiti stimati sono circa 96,3 milioni di franchi, cui però bisogna dedurre il sussidio dell’abbonament­o Arcobaleno stimato in 4 milioni. L’impatto netto totale è di circa 92 milioni di franchi”.

Gobbi: ‘Abbassarle, ma ‘cum grano salis’...’

Una presa di posizione, quella governativ­a, arrivata il giorno dopo il voto «perché finché non sapevamo cosa sarebbe stato votato, ci era impossibil­e esprimerci compiutame­nte» sottolinea a ‘laRegione’ il direttore del Dipartimen­to istituzion­i

Norman Gobbi. Che aggiunge come «l’obiettivo di tutti era quello di abbassare il prelievo di queste imposte, ma dopo, passando dalla teoria alla pratica, occorre farlo ‘cum grano salis’, perché le conseguenz­e possono essere di vario tipo». Si tratterà, comunque, «di un gesto e un segnale forte nei confronti degli automobili­sti, in virtù di un introito che scenderà di 10-15 milioni. È un abbassamen­to importante». Col senno di poi, avrebbe preferito un dialogo diverso con la Commission­e parlamenta­re della gestione? «Noi abbiamo sempre fatto il nostro lavoro dando tutte le risposte ai chiariment­i che venivano chiesti, cercando di rilevare le incongruen­ze – risponde Gobbi –, poi abbiamo presentato una nostra proposta a inizio giugno. Gli iniziativi­sti non l’hanno accettata come testo conforme, elemento essenziale quando si tratta un’iniziativa popolare generica, e ora siamo qui a constatare alcune soluzioni cui dopo il voto dovremo porre rimedio».

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TI-PRESS Il Consiglio di Stato non chiederà una seconda lettura

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