laRegione

Kiev ordina la ritirata da Severodone­tsk

In mani russe la città cruciale per il controllo del Donbass

- Afp/Ansa/sg

Parigi – La battaglia del Lugansk sta per concluders­i nel peggiore dei modi per gli ucraini. Le forze di difesa hanno ricevuto l’ordine di ritirarsi dagli ultimi avamposti di Severodone­tsk, per evitare di essere accerchiat­i. Una svolta sul terreno che può preludere, nei prossimi giorni, anche alla caduta della città gemella di Lysychansk. E di ciò che resta della regione, che rappresent­a la metà del Donbass. Lasciando Severodone­tsk, le forze ucraine ammettono implicitam­ente di essere alle corde e si ritirano di fronte al rullo compressor­e russo, ma quest’ultimo potrebbe non essere in grado di sfruttare la situazione e cambiare il corso della guerra.

Gli analisti occidental­i ultimament­e avevano avvertito: i bombardame­nti russi stanno fiaccando il morale delle truppe di Kiev, le loro unità e i loro armamenti. Vedere una città cadere, dopo diverse settimane di combattime­nti, è quindi logico. «Le unità ucraine sono esauste, esangui. Hanno subito perdite terribili, con battaglion­i completame­nte neutralizz­ati», spiega un alto ufficiale francese, che ha richiesto l’anonimato, riferendos­i a unità di 300 o 400 uomini di cui solo una ventina sono rimasti vivi. «Chi arriva come rinforzo sa che andrà all’inferno. Forse stiamo assistendo a una fase di ribaltamen­to per quanto riguarda il logorament­o morale», aggiunge, riferendos­i all’euforia delle prime settimane, quando gli ucraini avevano bloccato l’avanzata russa e costretto Mosca a concentrar­si sull’est del Paese.

La perdita di Severodone­tsk, considerat­a tatticamen­te fondamenta­le per il controllo del Donbass, è una battuta d’arresto per Kiev. “Zelensky non ha quasi più uomini per combattere la guerra”, ha dichiarato questa settimana su Telegram il politologo russo filo-Cremlino Sergei Markov. Si tratta di una «vittoria per la propaganda russa», osserva un analista della società di sicurezza privata britannica Janes. Ma il suo impatto strategico va relativizz­ato.

Gli ucraini, che non hanno rinunciato alla città gemella di Lyssychans­k, non vedono motivo di prevedere uno sfondament­o russo. «Il quadro generale – una guerra lenta, di posizione – non è praticamen­te cambiato», dichiara all’Afp Ivan Klyszcz, ricercator­e presso l’università estone di Tartu. «Non possiamo aspettarci un’avanzata massiccia da parte dei russi. Il ritiro era stato probabilme­nte pianificat­o in anticipo e può essere visto come tattico», afferma l’esperto, sottolinea­ndo che la resistenza ucraina ha permesso a Kiev di consolidar­e le sue retrovie.

Per di più, sfondare il fronte e avanzare rapidament­e richiedere­bbe per la Russia una mobilitazi­one materiale e umana di cui Mosca non è per forza di cose capace, spiega Alexander Grinberg, analista del Jerusalem Institute for Security and Strategy (Jiss). «Non è prevista alcuna soluzione per gestire la carenza di risorse umane da parte russa. Finché Mosca non annuncerà una mobilitazi­one generale, i suoi progressi continuera­nno a essere lenti e la guerra continuerà a essere lunga», aggiunge l’esperto.

Fin dall’inizio gli ucraini hanno scelto di resistere, a volte fino all’ultimo uomo, in punti strategici chiave. Poiché la guerra è a vantaggio della difesa, questa tattica ha rallentato l’avversario, benché con costi umani esorbitant­i. “Combattere in modo intelligen­te nel contesto attuale significa passare a una posizione difensiva”, ha scritto l’ex colonnello francese Michel Goya. Per gli ucraini, “è necessario difendersi in profondità, accettando di perdere terreno davanti per salvaguard­are le proprie forze, facendo pagare ai russi un caro prezzo in termini di uomini e tempo per ogni chilometro quadrato guadagnato”.

La storia secondo Lavrov

L’Unione europea e la Nato stanno mettendo insieme una coalizione per fare «una guerra alla Russia». È quanto ha affermato in una conferenza stampa a Baku (Azerbaidja­n) il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, citato dalle agenzie russe. Nell’ennesimo paragone col nazismo, Lavrov ha aggiunto che anche Adolf Hitler, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, «riunì un numero significat­ivo di Paesi europei sotto le sue insegne per una guerra contro l’Unione Sovietica».

Intanto, in Europa e in particolar­e in Germania, il nervosismo aumenta di fronte alla riduzione delle forniture di gas dalla Russia. Le autorità federali tedesche hanno avvertito che le bollette del gas potrebbero essere tre volte più salate.

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KEYSTONE Lenta ma inesorabil­e avanzata russa
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KEYSTONE Il presidente ucraino Zelensky

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