Fake Erotic Art
Sotto i tamarindi della piazza di Ocumicho, anni fa gli indios vendevano bizzarre sculturette in terracotta policroma, chiamate diablitos, diavoletti. Queste statuine, che parevano partorite da fantasie allucinate, erano a soggetto erotico. Si trattava di un kamasutra indigeno, figurativamente molto esplicito, una rassegna di amplessi decisamente… creativi. I collezionisti privati americani, sempre a caccia di arte etnica, ne ordinavano interi stock. I curatori dei musei del folkore li censivano e li catalogavano come artigianato tipico. I turisti li compravano come souvenir de voyage che avrebbero sicuramente sbalordito amici
e conoscenti al loro rientro. Insomma, i diavoletti – che erano anche chiamati seres
fantásticos, “esseri fantastici” – andavano a ruba. Un antropologo messicano decise di documentare la mitologia degli indios Ocumicho, che naturalmente doveva stare a monte di quella straordinaria produzione. Come dire, il gruppo scultoreo di Antonio Canova, Amore e Psiche, è ovvio che riproduca il mito greco che narra della loro passione. Ebbene, no. Saltò fuori che non c’era alcun mito. Gli indios si erano ispirati alle fotografie di una rivista pornografica abbandonata in una locanda da un turista americano. Le cui illustrazioni erano servite da ispirazione agli artisti (e ai commercianti) del luogo. Da antropologo “pop” mi pento moltissimo di non averne comprato almeno uno.