SOPRA LA PANCA
Sono a Yverdon-les-Bains, nel Canton Vaud, seduto su una panchina ai piedi di una torre. Costruito nel XIII secolo, il castello di Yverdon ha subito molte trasformazioni nei secoli (fra l’altro accolse l’istituto del pedagogo Pestalozzi, poi divenne una scuola e oggi è un museo e un centro culturale). La piazza è vivace, colorata, piena di persone che bevono l’aperitivo. Ormai la roccaforte è solo un luogo turistico, un fiore all’occhiello per la città. Ma dietro la nuca avverto uno spiffero d’aria fredda che arriva da molto lontano, scavalcando i secoli. Provo un senso di precarietà che si mescola con la paura ma anche con la tenacia, con la volontà di vivere e sopravvivere. Mi volto, con precauzione. Eccola: una feritoia lunga e stretta, poco sopra di me. Da quella feritoia soffia il vento della storia, come un ammonimento: gli esseri umani non cambiano. Anche nelle belle sere d’estate, dietro gli aperitivi e i sorrisi. Basta un’ombra, l’incisione scura di una feritoia, a rammentarci la guerra, gli allarmi, il male imponderabile che stringe il cuore di ognuno di noi.