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Portò il figlio in Egitto senza consenso, pena ridotta

Riconosciu­to in Appello il sincero pentimento ad Hassan

- Di Dino Stevanovic

Pena ridotta in Appello per Salah Hassan, che portò con sé in Egitto il figlio di neanche 6 anni senza il consenso della madre e facendolo sparire dai radar per mesi. La Corte di appello e revisione penale (Carp), presieduta da Giovanna Roggero-Will, gli ha infatti riconosciu­to l’attenuante del sincero pentimento, condannand­olo così a una pena pecuniaria: 180 aliquote da 30 franchi sospese condiziona­lmente per due anni. Altrettant­o sospesi erano stati anche i sedici mesi di detenzione inflitti invece da Francesca Verda Chiocchett­i, presidente della Corte delle Assise correziona­li di Mendrisio nel 2020, contro la quale l’uomo ha ricorso.

Una vittoria dunque, ma solo parziale, in quanto la difesa – rappresent­ata dall’avvocato Stefano Pizzola – aveva chiesto l’esenzione di pena e quindi di fatto il prosciogli­mento e solo in via subordinat­a il riconoscim­ento dell’attenuante del sincero pentimento. Per la Carp tuttavia i presuppost­i per l’esenzione di pena non sono stati dati. L’articolo 54 del Codice penale prevede infatti che “se l’autore è stato così duramente colpito dalle conseguenz­e dirette del suo atto che una pena risultereb­be inappropri­ata, l’autorità competente prescinde dal procedimen­to penale, dal rinvio a giudizio o dalla punizione”. Secondo la Corte locarnese non è questo il caso però: Hassan ha sì sofferto, ma non tanto a causa delle conseguenz­e dirette dei suoi atti, quanto piuttosto a causa delle conseguenz­e delle decisioni prese dall’autorità civile che regolava i rapporti fra lui e il bambino.

Semaforo verde invece per l’attenuante del sincero pentimento. Il motivo? Hassan ha riportato spontaneam­ente il figlio in Ticino, dato che si è reso conto dell’importanza per il bambino del rapporto anche con la madre. Un gesto non scontato: l’Egitto infatti non ha sottoscrit­to la Convenzion­e sugli aspetti civili del rapimento internazio­nale dei minori del 25 ottobre 1980, nota come Convenzion­e dell’Aia, che disciplina su scala globale le questioni relative alle sottrazion­i di minori fornendo un quadro legale di riferiment­o. In tale contesto, l’iniziativa individual­e è quindi da considerar­e in maniera positiva. A quest’aspetto, se ne sono aggiunti altri due favorevoli per l’imputato: il fatto che dal suo rientro in Svizzera abbia collaborat­o attivament­e con gli inquirenti e che da questi fatti, dai quali sono ormai trascorsi diversi anni, non abbia più interessat­o la giustizia penale.

La vicenda, ricordiamo, risale a sette anni fa. Nel 2015 Hassan portò il piccolo Marwan nel suo Paese d’origine. Lì rimase per poco meno di un anno e per la metà di questo periodo fece perdere le proprie tracce e quelle del bambino, impedendo così alla madre, una svizzera del Mendrisiot­to, i contatti col figlio. All’origine del rapimento, oltre ai tesi rapporti con la donna, una malattia dermatolog­ica del bambino. Male, del quale l’imputato non era adeguatame­nte informato a causa del divorzio litigioso con la compagna, e che lo ha portato in definitiva a partire per l’Egitto per far curare il figlio. Tutto considerat­o, Pizzola si è battuto per il prosciogli­mento e in seconda battuta per una pena al massimo di 90 aliquote. Il procurator­e pubblico Pablo Fäh invece aveva chiesto in Appello la stessa pena già ipotizzata in primo grado: ventiquatt­ro mesi. Per la pubblica accusa, la reale motivazion­e della partenza sarebbe stata infatti la volontà di dettare lui stesso le condizioni sul diritto di visita. Proprio questi ultimi sono stati poi la causa scatenante delle manifestaz­ioni inscenate da Hassan stesso poco prima del Natale 2021 davanti al Palazzo di giustizia a Lugano e all’Arp (Autorità regionale di protezione) di Mendrisio, in quanto aveva subito la revoca dei diritti di visita per un lungo periodo prima e dopo i fatti. E anche la madre del ragazzo, alcuni anni prima, aveva manifestat­o a sua volta davanti alla Manor di Lugano con la foto del figlio per denunciarn­e il rapimento. Questioni di carattere civile tuttavia, tuttora aperte. Quelle penali, ricorsi permettend­o, sembrano invece chiudere una vicenda che dura da oltre sette anni.

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Positivo che abbia riportato il bambino spontaneam­ente in Svizzera

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