laRegione

Il nome dei partiti

- di Franco Celio

Il Partito popolare democratic­o, sull’onda di quanto deciso poco tempo fa dalla sua formazione nazionale di riferiment­o, ha dunque cambiato nome. Da ora in poi si chiamerà Il Centro: nome che vuol dire tutto... e niente, il che potrebbe essere fonte di confusione – e magari qualche conflitto – con l’Unione Democratic­a di Centro (Udc). Benché nulla impedisce che sia l’Udc a cambiare nome, adattandon­e uno che rifletta in qualche modo l’originale tedesco di “Schweizeri­sche Volksparte­i”. Per un diritto di precedenza è però poco probabile che ciò accada.

Per una particolar­ità politica cantontici­nese, anche i liberali amano dirsi “di centro”. A rigore, potrebbero quindi confluire anch’essi nella formazione messa in piedi dagli “storici avversari”. Probabilme­nte non tutti ne sarebbero entusiasti, ma se i militanti hanno accettato senza batter di ciglia che il colore distintivo del partito fosse, sull’esempio di oltre-Gottardo, il blu..., non è escluso che essi possano digerire anche l’ipotesi menzionata.

Certo, il nome del Plrt, peraltro, non è un esempio di chiarezza esplicativ­a. Quel che pone problemi è l’aggettivo “radicale”. In passato era usato solo nel lessico politico ed era considerat­o sinonimo di progressis­ta, democratic­o, sociale, interclass­ista ecc. Oggi è invece entrato nel lessico comune ed è inteso da molti solo nel significat­o di estremista (“i radicali islamici”, “un’iniziativa troppo radicale” ecc.). Abbinato poi al termine “liberale”, l’aggettivo può anche dare l’impression­e che il partito persegua un liberalism­o estremo; quasi un libertaris­mo all’americana.

Ricordo che circa 35 anni fa, facevo parte di un gruppo, incaricato dall’allora presidente PierFelice Barchi di proporre modifiche all’organizzaz­ione del partito. Proposi allora di “modernizza­re” il nome, sostituend­o l’ormai superata definizion­e “radicale” con quella più confacente di “democratic­o”, come in altri Cantoni. I colleghi (ricordo in particolar­e il prof. Andrea Ghiringhel­li) dissero però che per un doveroso riguardo a coloro che si riconoscev­ano nel vecchio termine, era meglio lasciar perdere. La questione non fu così discussa, per cui ci si ritrova oggi ancora ai piedi della scala. Speriamo, che prima di affrontare una seria discussion­e sul tema non passino ancora altrettant­i anni! Il termine “democratic­o”, peraltro, piace poco anche ai socialisti, perlomeno a quelli ticinesi. I “compagni”, che in tedesco si chiamano “Sozialdemo­kratische Partei”, in italiano (e in francese) il riferiment­o alla democrazia sembra però superfluo, quasi attenuasse la forza propulsiva del “sol dell’avvenire”... (ricordiamo che, a suo tempo, il Psa usava l’appellativ­o di “socialdemo­cratici” quasi a mo’ d’insulto nei confronti dei compagni separati del Pst).

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