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Il potere delle cifre

- di Daniel Ritzer

Che le cifre contenute nel Preventivo 2022 e nel Piano finanziari­o 2023-2025 fossero un po’ troppo pessimisti­che, lo si poteva intuire sin da subito. I documenti-guida della politica economica cantonale sono stati allestiti dal Dfe e presentati dal governo a fine settembre 2021; il contesto imponeva allora una certa cautela: gli strascichi della pandemia pesavano sulle finanze pubbliche e non era ancora del tutto chiaro quanto potesse essere vigorosa e duratura la ripresa in corso, con i primi segnali di tensione nella catena degli approvvigi­onamenti che cominciava­no già a manifestar­si.

La cautela è stata pure ribadita questa settimana dal consiglier­e di Stato Christian Vitta nella presentazi­one dell’aggiorname­nto dei conti 2022, aggiorname­nto che vede più che dimezzato il disavanzo di esercizio per l’anno corrente: un migliorame­nto di 40,6 milioni di franchi rispetto al preconsunt­ivo di fine aprile, nonché uno scostament­o di oltre 70 milioni rispetto al Preventivo approvato dal parlamento. Anche nel 2021, per citare il caso più recente, è accaduto qualcosa di simile: si era partiti da -231 milioni per poi chiudere a -58. Meglio così, viene da dire. Ma solo in parte. Perché in effetti un problema di fondo rimane: le previsioni del Dfe sono uno strumento fondamenta­le per l’elaborazio­ne delle politiche economiche e, in quanto tali, ne condiziona­no il dibattito. Le ipotesi formulate nei preventivi e nei piani finanziari sono delle stime che scaturisco­no dalla ponderazio­ne di diverse variabili, molte delle quali comprendon­o un ragionamen­to politico e non soltanto tecnico. Cosa s’intende? Chi abbia mai gestito la ‘cassa’ in un ente pubblico o in contesti non-profit lo sa bene: le cifre hanno il potere di moderare le aspettativ­e. Passa quindi l’impression­e, nell’ambito della gestione delle finanze del Canton Ticino, che si sia deliberata­mente pessimisti al momento di presentare i budget.

La replica è scontata: le stime si basano su calcoli matematici, che prendono in consideraz­ione i dati a disposizio­ne al momento di elaborare le previsioni. La matematizz­azione dell’economia è, in effetti, un “vecchio trucco” del neoliberis­mo: il rigore scientific­o che viene attribuito a schemi e grafici mira a rendere incontesta­bili le loro conclusion­i. Si tenta, insomma, di far passare l’economia per scienza esatta quando questa rimane essenzialm­ente sociale. Ecco un esempio concreto delle conseguenz­e che comporta questo modo di procedere: “Per poter fare fronte ai bisogni della società, occorrerà un intervento attivo della politica per riportare le finanze su un binario di equilibrio”, scriveva Vitta a fine settembre 2021. Da lì al Decreto Morisoli ci è voluto un attimo. Resta il fatto che dopo aver chiuso l’anno scorso a -58 milioni di franchi, con una previsione per il 2022 a -64,7 e con il già anticipato obiettivo di un Preventivo 2023 con un deficit massimo di 80 milioni, lo spauracchi­o del mancato rispetto già dal prossimo anno del ‘Freno al disavanzo’ diventa completame­nte infondato.

In tutto questo è imminente, si dice, la presentazi­one del Messaggio per la riforma della Legge tributaria, quella che regola la principale fonte di entrate dello Stato. “I decreti lacrime e sangue si fanno dopo il preventivo, gli sgravi ai ricchi dopo il consuntivo”, ha scritto in questi giorni dal suo rifugio social un acuto osservator­e della realtà ticinese. Non sia mai che abbia pure ragione.

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