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‘Usare i ristorni per ridurre il costo del lavoro’

- di Marco Marelli

Utilizzare i ristorni dei frontalier­i per arginare la fuga dei lavoratori lombardi, residenti nei comuni della fascia di confine con i cantoni svizzera di frontiera, quali Ticino e Grigioni. Ristorni per ridurre il costo del lavoro a ridosso della frontiera e conseguent­emente aumentare il peso della busta paga. Sarebbe una possibile strategia, quanto vincente ora come ora non è dato sapere, per far calare il numero dei frontalier­i che, come indicano gli ultimi dati, continua a crescere.

L’impegno del ministro Giorgetti

Attorno a questa via d’uscita sta lavorando, di concerto con il Ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti, l’assessore regionale lombardo Massimo Sertori, che ha la delega ai Rapporti con la Confederaz­ione elvetica. Sertori ha parlato di questa ipotesi domenica mattina a Sondalo, in provincia di Sondrio, nel corso di una festa provincial­e dell’artigianat­o. E si è soffermato sul fatto che dalla nuova fiscalità dei frontalier­i, attualment­e al palo, ci sarà un maggior gettito per l’Italia. “Noi crediamo che questo maggior gettito debba andare anche in parte a diminuire il costo del lavoro nella fascia di confine. Su questo in Regione Lombardia è in atto un riflession­e. Ne abbiamo parlato con il ministro Giorgetti che ha assicurato l’impegno da parte sua e del governo a riprendere in mano l’accordo sottoscrit­to con la Svizzera sulla nuova fiscalità dei frontalier­i. E si è pure impegnato a trovare una soluzione per arrivare a colmare il gap tra i salari pagati in Italia e quelli percepiti dai frontalier­i in Svizzera. Una soluzione passa anche dall’utilizzo di una parte dei ristorni destinati a crescere con la nuova fiscalità a cui saranno sottoposti i frontalier­i”.

In Lombardia si cercano soluzioni

Nelle scorse settimane la Regione Lombardia ha sollecitat­o l’istituzion­e di una Zes, una zona speciale sino a 20 chilometri dal confine, per avere una defiscaliz­zazione del cuneo fiscale, meno oneri di contribuzi­one, e meno burocrazia che frena le aziende. Un progetto identico a quello risalente a pochi anni fa che non ebbe fortuna, in quanto bocciato dal parlamento a Roma. Il nuovo tentativo, casomai fosse necessario, conferma come siano avvertiti i problemi legati alla crescita esponenzia­le del frontalier­ato.

Insomma, la ricerca di soluzioni è diventata un imperativo. È convinzion­e pressoché unanime che una via d’uscita sarà possibile solo dopo la firma dell’accordo italo-svizzero sulla nuova fiscalità dei frontalier­i che, ricordiamo, sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 2023. A Sondalo l’assessore regionale Sertori ha rassicurat­o coloro che lo interrogav­ano: “Il nuovo accordo fiscale sarà firmato a breve. È solo questione di tempo, di poco tempo”.

‘L’Accordo fiscale? Nessun ostacolo alla ratifica’

Dello stesso avviso il senatore democratic­o varesino Alessandro Alfieri, a cui si deve il disegno di legge che fissava i contenuti di competenza italiana (come la franchigia riconosciu­ta ai frontalier­i neo assunti per abbassare le tasse) dell’accordo italo-svizzero: “Non ci sono ostacoli per arrivare all’approvazio­ne della nuova fiscalità dei frontalier­i”. È comunque scontato che se ne parlerà il prossimo anno.

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