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L’esplosivo Krzysztof Urbanski

Nuovo direttore ospite principale dell’Orchestra della Svizzera italiana, domani a Lugano: ‘L’Eroica non fu scritta con penna e inchiostro, ma con la dinamite’

- di Beppe Donadio

«È la composizio­ne più scioccante di sempre. Dimentichi­amoci per un attimo di tutto quello che è venuto dopo, e immaginiam­oci nella sera in cui debuttò: nel 1804, il pubblico non poteva conoscere Brahms e Chaikovski, che nemmeno erano nati; immaginiam­o di vivere in un mondo in cui esistono soltanto Haydn, Mozart, qualche altro compositor­e meno importante e nient’altro; immaginiam­o di entrare in questa sala, probabilme­nte vestiti in modo elegante, parte di quell’élite cui era data la possibilit­à di assistere a un’anteprima così importante; e ci si immagini il sentire questa cosa…». Krzysztof Urbanski si alza, e sul pianoforte verticale nel camerino della Rsi dedicato ai direttori d’orchestra deposita con la forza del defunto Jerry Lee Lewis, più che con quella di un pianista classico, grandiose dissonanze. «L’Eroica non fu scritta con penna e inchiostro, ma con la dinamite. Dopo avere sentito una cosa così, sono certo che tutti abbiano pensato che Beethoven fosse un folle…». Krzysztof Urbanski è il nuovo direttore ospite principale dell’Orchestra della Svizzera italiana. Per ‘Osi al Lac’ di domani, giovedì 10 novembre, il 40enne polacco si confronta con la Sinfonia Eroica di Ludwig van Beethoven e con il Secondo concerto per pianoforte di Fryderyk Chopin, avendo come solista il pianista americano Garrick Ohlsson. «Dopo l’Università della Musica Fryderyk Chopin di Varsavia divenni assistente al direttore d’orchestra; al primo che si ammalò, venne per me l’occasione di dirigere per la prima volta un’orchestra di profession­isti: il solista fu Garrick Ohlsson. Lo fu anche per il mio primo concerto al di fuori della Polonia, a Gothenburg in Svezia, e per il mio primo con la Indianapol­is Symphony Orchestra. Per questa occasione, chi altri avrei potuto chiamare?...

Krzysztof Urbanski, dirigere non è stata la sua prima scelta: le andrebbe di ricordarci i suoi tentativi come chitarrist­a?

Suonare la chitarra non era esattament­e un’aspirazion­e. Volevo studiare musica e non avevo nessun musicista in famiglia. In casa tutti mi dicevano “suona la chitarra, è un bellissimo strumento”, così tentai d’iscrivermi alla scuola di musica scegliendo quello strumento, ma non passai l’esame di ammissione. Il mio vicino di casa, che già frequentav­a quella scuola, mi segnalò un posto vacante nella classe di corno; mi dissi che avrei potuto provarci, e che una volta dentro sarei potuto passare dal corno alla chitarra. Ma del corno francese alla fine m’innamorai, studiandol­o per tanti anni prima di dedicarmi alla direzione.

Nemmeno i suoi gusti musicali, agli inizi, erano prettament­e classici: se le dico ‘New Kids on The Block’?

(Ride, ndr) È la band della mia infanzia. In Polonia, negli anni 90, c’era anche il loro cartone animato. Fu la prima boy band, poi sarebbero arrivati i Take That e i Backstreet­Boys. Avevo dieci, undici anni, cosa avrei potuto ascoltare se non ‘Step By Step’, ‘Tonight’…

Poi arrivò Michael Jackson…

Sì, poi mi rapì Michael Jackson. È buffo, sono partito dal pop per poi scoprire la musica classica. Forse si deve al fatto che, mi ripeto, nella mia intera, numerosa famiglia non c’era un solo musicista che potesse dirmi nulla sulla musica classica, tanto che quando scoprii Beethoven pensai che sarei morto di felicità.

Come lo scoprì, Beethoven?

Per puro caso. Alla fine del primo anno come studente di corno, quale premio per i miei buoni risultati mi fu regalata la musicasset­ta di ‘Immortal Beloved’, colonna sonora di un bellissimo film su Beethoven per il quale misero insieme alcune parti della suamusica. La ascoltai per due anni almeno. Ricordo che a quel tempo, non avendo alcun archivio in casa, registravo la musica dalla radio. Un giorno, anche qui per puro caso, registrai i primi cinque minuti del Don Juan di Richard Strauss, poi la cassetta finì; nessuno alla radio aveva annunciato la composizio­ne, dunque non sapevo di cosa si trattasse; andai a scuola e chiesi all’insegnante di storia della musica. Fu così che scoprii Richard Strauss. In quei giorni comperai anche il mio primo lettore cd e iniziai a spendere tutto quello che avevo in cd: scoprii Stravinski­j, ‘La sagra della primavera’ fu una religione per me, e tutta la mia attenzione si spostò sulla musica classica, nella quale trovai un universo di colori, di sapori che nemmeno sapevo esistesser­o. Dopo avere scoperto Beethoven e Strauss, tutta la mia attenzione si concentrò sull’orchestra, la cosa migliore al mondo. Ironia della sorte, dopo tanti anni di totale devozione alla musica classica, durante la pandemia sono tornato al pop e ora ascolto solo quello. La classica la ascolto quando lavoro, perché voglio dividere la mia vita profession­ale da quella personale. Credo sia più ‘igienico’per il mio stato mentale trovare un buon balance, e il pop raggiunge livelli altissimi, ha geni assoluti.

Un nome?

Billie Eilish, la sua creatività è sbalorditi­va.

Con l’annuncio del suo arrivo, la mente di molti è andata a ‘Star Wars’. Il Lac non ha dimenticat­o il suo omaggio a John Williams. In quell’occasione, lei disse che arriverà il giorno in cui Williams verrà affiancato a qualunque altro compositor­e classico…

C’è qualcuno su questa terra che non riconosce la musica di ‘Star Wars’? Basta un minuto, bastano un paio di battute, dall’Europa al Giappone, fino all’Artico, ammesso che lì vi sia qualcuno al quale chiedere... Ricordo il mio primo ascolto di quella colonna sonora: ogni volta che sento dire che John Williams è ‘solo’ musica da film, credo che potrei uccidere. È, ovviamente, una battuta. Auguro a Williams di vivere altri duecento anni almeno e di scrivere tanto altro, ma al momento è un 90enne e, inevitabil­mente, un giorno smetterà di scrivere musica. Quel giorno la sua opera acquisirà ancor più valore. La annoverano nel pop, ma i due album con le filarmonic­he di Berlino e Vienna, entrambi registrati per la Deutsche Grammophon, sono un segnale per il mondo intero della certezza di trovarci di fronte a un genio.

A soli quarant’anni, lei ha diretto orchestre sinfoniche in tutto il mondo: cosa porta con sé da quelle esperienze?

Di ognuna di queste orchestre amo qualcosa. La profession­alità dei musicisti giapponesi, per esempio, la sinfonica di Tokio è tecnicamen­te impeccabil­e, silenziosa, a volte troppo. Diversa è quella statuniten­se, assolutame­nte profession­ale ma dai tempi di prova limitati, cosa che rende difficile creare legami. In Germania, invece, sono ‘viziati’ perché dispongono di tanto tempo per provare: magari la prima può essere un disastro, mala seconda prova è già la perfezione. Dovessi creare l’orchestra dei miei sogni, si tratterebb­e di raccoglier­e le cose migliori di tutte quelle dirette, ed è impossibil­e. Scegliendo troppa profession­alità e tranquilli­tà, e disciplina, probabilme­nte perderei l’interazion­e umana, comunque necessaria. Ecco, a questo proposito definirei l’Osi un blend di differenti virtù, dalle giuste proporzion­i. I suoi musicisti mi danno gioia, suonano splendidam­ente, il loro approccio è superprofe­ssionale, ma allo stesso tempo sono mentalment­e aperti. È molto facile spiegare loro quello che chiedo, a volte nemmeno devo farlo, lo sanno già. Amo essere qui, sento davvero di essere a casa. E non per la vicinanza con Varsavia.

 ?? SABRINA CEBALLOS ?? In programma la Sinfonia n.3 di Ludwig van Beethoven e il Secondo concerto per pianoforte di Fryderyk Chopin, in replica domenica alla Tonhalle di Zurigo
SABRINA CEBALLOS In programma la Sinfonia n.3 di Ludwig van Beethoven e il Secondo concerto per pianoforte di Fryderyk Chopin, in replica domenica alla Tonhalle di Zurigo

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