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L’arte medica e quel tumore non visto

Acceso dibattimen­to processual­e per il presunto errore alla Moncucco: chieste 120 aliquote, la difesa invoca l’assoluzion­e

- di Leonardo Terzi

Nei meandri dell’arte medica. E dell’errore medico, difficile da stabilire nel campo di una scienza notoriamen­te inesatta. Dopo il rinvio di metà ottobre, è stata al centro del dibattimen­to davanti alle Assise correziona­li di Lugano (in trasferta a Mendrisio) la presunta svista diagnostic­a, una omissione secondo l’accusa, che provocò gravi danni di salute alla donna visitata nel 2019 alla clinica Moncucco. Un tumore al seno non visto dal medico radiologo, una 52enne italiana residente a Lugano, con una vasta esperienza anche nel campo della senologia, che nel frattempo ha lasciato il nosocomio di Besso per uno studio privato. Contesta il decreto d’accusa del procurator­e pubblico Zaccaria

Akbas , e la relativa condanna a 120 aliquote giornalier­e, in pratica sei mesi sotto forma di pena pecuniaria di 61’200 franchi. In arringa, il procurator­e ha ribadito la stessa richiesta di pena. Un dibattimen­to nervoso, condito da numerose scintille tra le parti e che ha richiesto un certo impegno al giudice Siro Quadri. Il difensore, l’avvocato Filippo

Ferrari , mette in dubbio il valore degli accertamen­ti svolti e invoca l’assoluzion­e. La sentenza verrà emessa fra una decina di giorni.

Il mistero del file perduto

La paziente, una conoscente della dottoressa che siede sul banco degli imputati, aveva un precedente importante. Nel 1996, per un tumore, le era stato asportato il seno destro. Il rischio di recidiva, si sa, in questi casi esiste. Per questo la donna si sottoponev­a a regolari controlli, di cadenza annuale, e aveva pure partecipat­o allo ‘screening’ cantonale di prevenzion­e del tumore al seno. La lente va quindi sull’esame sostenuto alla Moncucco nel 2019. Una mammografi­a, completata dal tecnico con una tomosintes­i, un esame più approfondi­to dal quale sarebbero emersi più chiarament­e indizi di un possibile tumore. Il complement­o al ‘normale esame’ però «non era stato richiesto da me, lo utilizziam­o in caso di densità ghiandolar­e elevata, mentre la paziente aveva una densità bassa» sostiene l’imputata, che soprattutt­o afferma di non aver mai ricevuto le immagini di questa tomosintes­i. «Le ho viste solo nel 2021». Nel frattempo il tumore emerge in tutta la sua gravità: la paziente, questa volta al Sant’Anna dove si era spostata per effettuare l’esame annuale, scopre che il seno superstite è stato a sua volta attaccato dal cancro: da qui la necessità di cure pesanti: chemiotera­pia, radioterap­ia e mastectomi­a con asportazio­ne della massa tumorale, insomma gravi danni alla salute dovuti al mancato tempismo con cui si è intervenut­i. L’avvocato Renzo Galfetti, per l’accusatric­e privata, chiederà il rinvio al foro civile (si tratterebb­e di 370mila franchi) per il risarcimen­to dei danni subiti dalla sua cliente. Nel frattempo ha presentato richiesta per il risarcimen­to delle spese legali per un ammontare di 98mila franchi.

Parla il perito...

Sul piano penale, il pp Akbas ha esplorato, con il fondamenta­le supporto di un perito, la violazione dell’arte medica, a suo modo di vedere effettivam­ente accaduta. Il referto peritale, ricorda il pp, aveva già stabilito che la tomosintes­i evidenziav­a una opacità anomala, visibile su due immagini, che avrebbe imposto un approfondi­mento, come una nuova ecografia ed eventualme­nte una nuova tomosintes­i 6 mesi dopo. Questi file che denotavano preoccupan­ti indizi, sono stati mandati, e andavano esaminati. Qui sta la mancanza, ma sempre secondo l’accusa – e il perito – e questo anche alla luce della sola ecografia, il tumore era già visibile, anche se a una sola immagine. Una traccia forse flebile, ma da verificare e approfondi­re. Era un tumore dalla “velocità intermedia”, in ogni caso con una diagnosi tempestiva i danni darebbero stati ridotti. Reato penale «di media gravità» per l’accusa, mentre «il danno subito dalla paziente è grave». «Sono stati commessi degli errori, quello che mi preme è che una cosa simile non succeda più». «Il medico cantonale avrebbe potuto verificare se ci sono stati altri errori medici commessi in passato dall’imputata» rincara la dose l’avvocato dell’accusatric­e privata, cioè della paziente. Galfetti ha avuto il “coraggio civico” di presentare denuncia perché «vorrei che nessun altro dovesse vivere il mio calvario medico». Renzo Galfetti ravvisa una «colpa umana enorme» alla luce del comportame­nto di questa dottoressa, parlando di «arroganza e perfidia».

... ma è stato imbeccato?

Per l’avvocato difensore Filippo Ferrari è giusto che si sappia che gli esami hanno diagnostic­ato una completa guarigione della paziente rispetto alla malattia tumorale. Se caso, dunque, non si tratterebb­e di lesioni gravi. L’arringa ha ripercorso anche il clima pesante in cui si è svolta l’inchiesta, forse dovuto, ha detto, al fatto che il procurator­e Akbas si trovava con altri colleghi oggetto di polemiche sulle nomine in magistratu­ra, clima che ha portato la difesa ad avvalersi della facoltà di non rispondere, presa a un certo punto dell’inchiesta. Sulla perizia giudiziari­a ecco alcune obiezioni dall’avvocato Ferrari. «La mammografi­a del 2019, senza tomosintes­i, è identica a quella del 2018». E ancora: queste immagini della tomosintes­i, arrivarono, o no, al computer della dottoressa? No, dice la difesa, ed è ammesso che all’epoca alla clinica Moncucco vi fossero problemi informatic­i nella trasmissio­ne di grossi pacchetti di dati. C’è un vizio ancora maggiore nella raccolta delle prove: il perito venne influenzat­o da informazio­ni non necessarie, come il fatto nel 2020 vi fosse in essere un cancro, condiziona­ndo l’analisi retrospett­iva delle valutazion­i fatte. «Con questa tecnica di analisi a ritroso si potrebbero condannare il 30% dei medici del Canton Ticino». Resta il dubbio, in mancanza di prove, che nel 2019 ci fosse effettivam­ente un tumore.

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TI-PRESS File non semplici da ‘leggere’

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