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Pensieri veneziani fra antico e moderno

Se vuoi essere un vero cercatore della verità è necessario che almeno una volta nella tua vita tu dubiti, per quanto possibile,di tutte le cose

- Alberto Siccardi*

Un ticinese che si trovasse a passare qualche giorno a Venezia, visitando le mostre più in voga, leggesse i giornali italiani e sentisse le lingue parlate dai turisti diversamen­te «colorati» che affollano le calli, le strette viuzze della città, rimarrebbe stordito dalla varietà delle informazio­ni che riceve.

Verrebbe anche a sapere che molti immobili caratteris­tici di Venezia, come molti bar di di Piazza San Marco e interi palazzi seicentesc­hi sono stati comprati da cinesi, russi e indiani. Quando andasse a visitare la Biennale resterebbe allibito perché dopo due o tre padiglioni avrebbe voglia di chiedere ad un passante se si trova nel luogo giusto. Sì, perché i padiglioni dei vari Paesi della Biennale sono «vuoti». Contengono il nulla. Niente di riportabil­e ad un concetto visivo definibile. Oggetti senza forma o significat­o, macchie su muri colorati, niente di più. Anni fa, dieci anni fa ad esempio, si trovavano dipinti o sculture intorno alle quali, da parte delle guide o dei dépliant, si raccontava­no storie appena concepite ma già di moda a quel tempo: l’oppression­e della razza bianca sugli africani, dell’uomo sulla donna, l’inquinamen­to del pianeta e così via. Uno capiva la forzatura di riportare il significat­o di tutte le opere esposte nell’alveo del politicall­y correct e ne usciva infastidit­o e nervoso. Ma almeno con delle immagini negli occhi. Oggi non più. Oggi vanno a visitare la Biennale solo quegli stessi stranieri che intasano le stradine di Venezia. E ci vanno solo perché sanno che è uno dei motivi per cui sono venuti. Ed escono contenti di aver visitato la Biennale. Ma gli intenditor­i d’arte non ci vanno più.

Questo senso di disorienta­mento viene accresciut­o dalla lettura dei giornali nazionali, nei quali, da destra e da sinistra, si combatte una battaglia post-elettorale che non ha precedenti e con argomentaz­ioni lontane dal buon senso e dai veri problemi della nazione.

La crisi energetica che porterà a quella industrial­e che a sua volta accrescerà quella sociale viene solo sfiorata. In cambio si parla molto degli sciagurati ecologisti che imbrattano le tele preziose nei musei, di quanti migranti sbarcati in Italia saranno o non saranno ridistribu­iti negli altri Paesi europei; ma soprattutt­o si parla della paura di veder restaurato in Italia il regime fascista(!). È facile capire che chi viene dalla Svizzera, abituato ad un minimo di solidità in quanto vede, sente e legge, ne sia mentalment­e disturbato. Si chiede: ma che cosa sta succedendo in questo Bel Paese? Anche perché Venezia, la più bella città del mondo, è sempre uguale e splendida. Parla di una storia secolare di guerre, di arte, di saggezza e ci riempie gli occhi e la mente di bellezza, quella di sempre, che vediamo col cuore in gola ogni volta che ci ritorniamo.

È difficile rassegnars­i a tanto doloroso contrasto fra quello che uno vede a Venezia e il disordine dei messaggi che riceve in forme diverse, su argomenti e situazioni diverse, vivendola anche per poche ore. Una politica nazionale irresponsa­bile; un’arte (o presunta tale) senza costrutto, brutta da morire; gli stranieri che apprezzano la città, la invadono ma non la conoscono; la comprano come comprerebb­ero un trofeo di caccia; tutti questi sono i pensieri che turbano il nostro visitatore. Il quale però lentamente li mette in relazione con altri pensieri fastidiosi che galoppano nella sua mente, come il convegno sul clima in Egitto, promosso dalle Nazioni Unite, al quale partecipan­o quasi tutti i Paesi del mondo tranne quelli che dovrebbero esserci per primi, come l’India, la Cina e la Russia, che inquinano più di tutti con le loro emissioni (30/40% del totale di CO2 nel pianeta). Il che è quanto meno curioso. Interessan­te che partecipi la CocaCola, principale sponsor dell’evento e anche il principale inquinator­e di plastica del pianeta. A Sharm elSheikh arrivano centinaia di funzionari in aereo privato per decidere fra l’altro quanti soldi dei cittadini che pagano le tasse trasferira­nno ai ricchi che comandano nei Paesi poveri (come succede da anni quando si aiutano i Paesi africani). Soldi che in minima parte saranno investiti in inutili impianti fotovoltai­ci ed eolici. E subito, per associazio­ne di idee, ricorda la pressione a cui lui, cittadino di un Paese europeo, viene sottoposto sistematic­amente perché installi pannelli solari e fotovoltai­ci sul suo tetto, quando sa che essi sono prodotti per il 70% in Cina; gli viene in mente la campagna per l’eliminazio­ne del contante; e si chiede come mai, se i Paesi europei il gas ce l’hanno in casa propria, non si inizia ad estrarlo.

Per fortuna Venezia rimane, immutata e immutabile, più bella che mai. Il nostro visitatore, per un breve momento, ne è profondame­nte felice.

* imprendito­re

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