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Opere d’arte nel mirino ecologista

- Marion Löhndorf*

Con i loro attacchi spettacola­ri a famose opere d’arte nei musei europei gli attivisti climatici mirano ad attirare la massima attenzione possibile sulla loro causa

Attivisti climatici del gruppo «Last Generation» hanno lanciato purea di patate contro il dipinto di Claude Monet della famosa serie «Les Meules» («I covoni») nel Museo Barberini di Potsdam. Azioni come questa non sono più rare. Poco tempo fa due giovani donne sono entrate nella Sala 43 della National Gallery di Londra in pieno giorno e, in presenza di un folto pubblico, hanno aperto due lattine di zuppa di pomodoro Heinz versandole sul dipinto «I girasoli» (1888) di Vincent van Gogh. Poi le donne, di 20 e 21 anni, hanno infilato le mani sotto il dipinto sulla parete. I visitatori del museo circostant­e hanno lanciato l’allarme e chiamato la sicurezza.

Come domenica a Potsdam, le attiviste per il clima a Londra hanno chiesto: «Cosa vale di più, l’arte o la vita? Siete più preoccupat­i di proteggere un quadro o di proteggere il nostro pianeta e la sua gente?». Le donne londinesi appartengo­no al gruppo «Just Stop Oil», che si oppone alla concession­e di nuove licenze petrolifer­e e vuole la fine della produzione di petrolio e gas. Questo in un mondo che dipende da entrambi.

Danni limitati ma grande copertura mediatica

Il dipinto di Van Gogh non ha subito danni significat­ivi. Era protetto da una lastra di vetro. È stato necessario rimettere a nuovo solo la cornice e alla fine della giornata «I girasoli» era di nuovo appeso nel museo. Non è ancora stato stabilito se il Monet di Potsdam sia stato danneggiat­o. I filmati e le foto di queste azioni, che nel frattempo si sono svolte anche in Italia, Australia e altri Paesi, hanno avuto grande risalto sui media. La stampa inglese ha fatto un gran parlare del caso. Il «Times» e il «Sunday Times» hanno reagito duramente agli attacchi, che stanno diventando sempre più frequenti, soprattutt­o in Gran Bretagna. I giornali hanno fatto paragoni con il vandalismo culturale dei Talebani, dei nazisti e della Rivoluzion­e francese e hanno chiesto punizioni severe. «Qualsiasi nozione di responsabi­lità collettiva o di storia condivisa è sacrificat­a alle ossessioni dell’individuo», ha scritto Camilla Long sul «Times»: «Per essere precisi, al diritto individual­e di essere un completo stronzo - o, come direbbe certa gente, di vivere la propria “verità”». George Montbiot, invece, ha giustifica­to il gesto degli attivisti in un lungo articolo sul «Guardian», giornale di sinistra: «Gli autori di imbrattame­nti e di altre azioni oltraggios­e ma innocue provocano una tale rabbia perché, invece che a ignorare, ci costringon­o a cominciare ad ascoltare». I lettori non sono stati convinti all’unanimità e sono stati ricevuti più di mille commenti online.

Preferiti i famosi maestri del passato

A luglio, in Inghilterr­a, gli attivisti avevano coperto il famoso dipinto di John Constable «The Hay Wain» con un manifesto che esortava la gente a immaginare la distruzion­e del paesaggio da parte del petrolio. Pochi giorni dopo lo stesso gruppo si è attaccato con il nastro adesivo a una copia dell’«Ultima Cena» di Leonardo alla Royal Academy di Londra, scrivendo con uno spray sulla parete sottostant­e: «No new oil». Qualcosa di simile è accaduto con un dipinto di Turner alla Manchester Art Gallery, un’altra opera di van Gogh alla Courtauld Gallery e «My Heart’s in the Highlands» di Horatio McCulloch in un museo di Glasgow. Episodi simili sono diventati più frequenti anche al di fuori del Regno Unito. Finora i membri di «Just Stop Oil» si sono limitati a danneggiar­e cornici e pareti dei musei.

La preferenza degli attivisti per i vecchi maestri è sorprenden­te. Perché, si chiedeva sarcastica­mente il «Times», non hanno scelto la fiera d’arte londinese Frieze, con i suoi alti costi di viaggio, trasporto e allestimen­to? Probabilme­nte perché i nomi di van Gogh, Leonardo e Constable sono familiari anche a chi non ha mai sentito parlare della fiera Frieze. E che comunque non si interessan­o all’arte.

*dalla NZZ del 24.10.2022

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