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Cocaina, oltre 38 anni di carcere alla ‘banda’

La procuratri­ce Margherita Lanzillo propone pene da espiare nei confronti di tutti i sei imputati. Le difese mettono in dubbio le accuse e contestano i quantitati­vi.

- di Alfonso Reggiani

«Tutti gli imputati hanno preso parte all’impresa illegale, attiva nella vendita di elevate quantità di cocaina, almeno dieci chili. Soprattutt­o nel Sottocener­i, ma, al momento dell’arresto, l’attività si stava espandendo anche al Bellinzone­se». La procuratri­ce pubblica Margherita Lanzillo, che ha preso parola ieri mattina al dibattimen­to in corso a Palazzo di giustizia di Lugano da lunedì, non ha alcun dubbio. Al termine della requisitor­ia, la rappresent­ante dell’accusa ha formulato le richieste di pena nei confronti dei sei imputati: in tutto oltre 38 anni; nove anni di reclusione al 29enne, otto alla sua compagna, 7 anni e mezzo alla 53enne. Chieste pene da espiare, più l’espulsione dalla Svizzera, per dieci anni, anche per i tre ‘cavallini’: cinque anni e mezzo al 40enne, quattro e mezzo al 27enne e tre anni e dieci mesi al 30enne.

‘Inchiesta lacunosa’ per le difese

Non dieci chilogramm­i di cocaina spacciata, né i quantitati­vi attribuiti dall’accusa ai tre ‘cavallini’. Viene parecchio ridimensio­nato il traffico di droga dagli avvocati dei sei imputati, a processo di fronte alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchett­i (giudici a latere Giovanna Canepa Meuli e Aurelio Facchi). Dalle arringhe dei difensori appare un commercio ben più modesto rispetto a quello presentato dalla pp. Tutti gli imputati sono in carcere preventivo dal giorno dell’arresto, per qualche mese, poi sono stati posti in detenzione anticipata della pena. Imputati che, al termine del dibattimen­to, hanno chiesto scusa per quanto fatto. I loro avvocati, con sfumature diverse, hanno cercato di smontare la ricostruzi­one dei fatti che risultano dall’atto d’accusa. La sentenza sarà annunciata giovedì 17 novembre.

Indagini partite da corso Elvezia

Cominciamo dalla procuratri­ce, secondo la quale, dal profilo penale, i sei imputati si sono resi responsabi­li di violazione aggravata della Legge federale sugli stupefacen­ti. La loro modalità operativa configura un agire in banda. Tutti gli imputati hanno favorito l’attività criminale, fermata dagli inquirenti nel dicembre scorso. Anche il reato di riciclaggi­o di denaro, provento di attività illecita, è comprovato, per la pp. Fino al dibattimen­to, tutti gli imputati hanno contestato i quantitati­vi, tuttavia, ha continuato l’accusa, le numerose prove acquisite dimostrano il contrario. Nell’inchiesta Swiss, avviata per caso dopo alcune segnalazio­ni relative a movimenti strani attorno a un’abitazione di corso Elvezia a Lugano, ci sono stati innumerevo­li accertamen­ti e verifiche. Le tesi accusatori­e si fondano anche sulla collaboraz­ione della 53enne italiana, nei mesi successivi all’arresto. Da questo punto di vista, la pp considera tardive e inspiegabi­li le ritrattazi­oni di lunedì e ieri da parte della donna incaricata di portare la droga in Svizzera dall’Italia e di consegnare la merce agli spacciator­i sul territorio ticinese, recuperand­o il denaro della droga venduta. La 53enne ha addirittur­a allestito una tabella, nella quale ha ammesso sei chili di sostanza trasportat­a. La donna ha pure confermato i viaggi a Locarno e in altre località del Locarnese. Gli altri imputati, invece, non hanno collaborat­o. Il capo dell’azienda, il 29enne albanese, ha agito unicamente per scopo di lucro. Ha tentato invano di sminuire la sua funzione dirigenzia­le. Anche la sua compagna, secondo la pp, non è credibile. Stesso discorso per i ‘cavallini’: i loro tentativi di sminuire i quantitati­vi non reggono.

Nel pomeriggio la prima arringa è toccata a Gior

gia Maffei, patrocinat­rice del trentenne albanese, accusato di aver spacciato 1,15 chili di cocaina. La legale ha contestato il quantitati­vo di droga rimprovera­to al suo assistito, affermando che le conclusion­i alle quali è giunta l’accusa sono principalm­ente basate sulle parole della donna 53enne, che non sono convergent­i. Maffei, per il suo assistito, ha chiesto una pena sospesa con la condiziona­le. Anche per l’avvocato Sebastiano Paù-Lessi, legale del 27enne albanese accusato di aver detenuto e venduto circa 930 grammi di cocaina, non ci sono certezze nell’impianto accusatori­o, ma solo indizi. Pure Paù-Lessi ha chiesto una pena sospesa con la condiziona­le, al massimo di 24 mesi di carcere, per il suo assistito.

L’avvocato Davide Pedrotti ha invece invocato il principio ‘in dubio pro reo’ (in caso di dubbi, vanno considerat­e le posizioni favorevoli all’imputato). Il legale del 40enne albanese, accusato di aver spacciato oltre quattro chili di cocaina, ha cercato di smontare le tesi accusatori­e che sono basate su ricostruzi­oni discutibil­i. Il suo assistito è arrivato in Svizzera solo nella seconda settimana di ottobre del 2021, non possono quindi venirgli attribuite vendite antecedent­i e va condannato a una pena non superiore a 3 anni di detenzione. Il legale del ‘capo’ dell’azienda, Stefano Camponovo, ha dapprima invocato l’ottima collaboraz­ione del suo assistito, che ha confessato già al primo interrogat­orio, fornendo le basi per costruire l’impianto accusatori­o. Non possono bastare le stime della 53enne, per quanto possano essere state fatte in buona fede, a sostenere l’accusa. L’avvocato ha chiesto di ridimensio­nare la pena (inferiore ai cinque anni di carcere) da infliggere al suo assistito, considerat­o che a suo carico può essere imputato il commercio di ‘soli’ 950 grammi di polvere bianca.

Giovanni Ciano, difensore della 53enne, ha chiarito che la sua assistita ha sempre ammesso i viaggi, ribadendo la stessa versione in ogni occasione. I quantitati­vi di cui ha parlato, a verbale e durante il dibattimen­to, sono stati enunciati come stime, mai come cifre esatte. La donna, ha continuato l’avvocato, è incensurat­a, si è trovata a fare qualcosa che non le appartiene. La richiesta di pena è abnorme, occorre ridurla drasticame­nte al di sotto dei tre anni di reclusione, ha detto l’avvocato. Benedetta Noli, patrocinat­rice della compagna del 29enne, il presunto organizzat­ore del traffico, ha parlato di una ricostruzi­one dei fatti, da parte dell’accusa, traballant­e e lacunosa. Le imputazion­i relative a uno spaccio di poco più di 10 chili di droga, secondo l’avvocata, poggiano su elementi divergenti. Per queste ragioni, per la sua assistita, Noli ha chiesto una pena minore rispetto a quella richiesta dalla procuratri­ce.

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TI-PRESS/ARCHIVIO La sentenza è stata annunciata per la giornata di giovedìpro­ssimo

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