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‘Nessuna truffa, imputato da risarcire’

Per l’avvocata Laura Rigato, il suo assistito è solo un imbonitore, non ha ingannato e quindi va scarcerato. Contestate le accuse, ‘senza riscontri oggettivi’.

- di Alfonso Reggiani

Alessandro Cipollini non è l’uomo dipinto dalla procuratri­ce pubblica, che ha tentato di screditarl­o. Il 42enne, profession­almente attivo nel settore finanziari­o, «non è un truffatore, casomai è un imbonitore, una persona che si impegna e lavora». La sua legale, Laura Rigato, ieri mattina, ha ricordato che l’imputato era a Zurigo quando ha saputo del fermo dell’avvocato Grandini ed è tornato a Lugano, dove è stato arrestato e posto in detenzione. Nell’arringa, la tesi difensiva ha snocciolat­o una serie di argomenti mirati a smontare le accuse sostenute dalla procuratri­ce pubblica Chiara Borelli, che giovedì ha formulato una richiesta di pena di quattro anni e cinque mesi di carcere più l’espulsione dalla Svizzera per dieci, definendo l’imputato un pericolo per l’ordine pubblico.

Il 42enne non è come dice Borelli

Nulla di tutto ciò. Tanto che Rigato, per il suo assistito, «la cui carcerazio­ne è durata troppo (dal 16 dicembre del 2021)», ha chiesto una pena non superiore ai sei mesi di reclusione sospesi, al beneficio della condiziona­le, e 50’000 franchi quale risarcimen­to per ingiusta carcerazio­ne e spese legali per la difesa. L’avvocata ha cercato di convincere la Corte delle Assise criminali di Lugano ad assolvere il 42enne dalle accuse di ripetuta truffa (per mestiere) e di infrazione alla Legge federale sugli stranieri, con inganno alle autorità. Di quest’ultimo reato, ha continuato l’avvocata, Cipollini non si è macchiato, visto che «non ha allestito lui i certificat­i di salario, né ha inoltrato la domanda alla Sezione della migrazione». Il 42enne deve essere prosciolto anche dall’accusa di truffa, ha proseguito Rigato, siccome «non ci sono riscontri oggettivi a sostegno delle accuse, che quindi sono oggettivam­ente arbitrarie».

Perché non ci sono state verifiche?

Secondo l’avvocata, non c’è stata astuzia né inganno da parte di Cipollini, che non ha mai impedito ai veri interlocut­ori di effettuare i dovuti controlli. Eppure, ha fatto capo a persone profession­ali e a diversi studi legali accreditat­i. Rigato ritiene che il 42enne abbia allestito documenti falsi, in merito al testamento del nonno, per certificar­e quanto gli aveva raccontato quando era ancora in vita. «È stato un espediente per cercare di trovare udienza al Vaticano», ha sostenuto l’avvocata, secondo la quale, non è accettabil­e che i due legali luganesi abbiano riconosciu­to come veri tali documenti. Era facilmente verificabi­le, ma non è stato fatto alcun controllo» Rigato tira in ballo Grandini che «ha redatto i falsi per conto di Cipollini e perciò è correspons­abile, non una vittima, visto che non ha fatto alcuna verifica». Nella replica, l’avvocato Luca Trisconi rimanda al mittente questa accusa: «Non è vero che non ha fatto verifiche, poi i certificat­i di salario falsi hanno ingannato anche le autorità cantonali. Il mio assistito è stato ingannato da una montagna di menzogne, sostenute anche dalla madre dell’imputato». Nella duplica, Rigato ha però ribadito il ruolo correspons­abile dell’avvocato luganese.

L’Hedge Fund esisteva, anzi no

Passiamo all’Hedge Fund. La legale di Cipollini ha insistito sui mancati controlli da parte degli accusatori privati. Accusatori che si pongono come vittime ma, secondo Rigato, erano soci di Cipollini e nei primi mesi della sua carcerazio­ne si sarebbero fatti vivi per trovare un accordo, volendo il rilascio. In ogni caso, ha detto l’avvocata, «non sono parti lese, saranno chiamati a rispondere di fronte alle autorità inglesi, personalme­nte, di quanto capitato all’Hedge Fund». Questi aspetti dimostrano, agli occhi della legale, che «il fondo d’investimen­to esiste ed era tutto pronto per l’avvio dell’attività, prima che il suo assistito fosse arrestato e messo in detenzione». In sede di replica, la pp Borelli ha ribattuto che i soldi incassati non sono stati restituiti, mentre l’avvocato Paolo Bernasconi, rappresent­ante di due accusatori privati, ha detto che «le legittime richieste della difesa stravolgon­o il codice penale, le leggi finanziari­e e la granitica giurisprud­enza. È normale che le vittime, anche quando sono state già truffate, cerchino di riavere indietro i soldi. Non si può cominciare e raccoglier­e denaro prima di costruire il fondo». Dal canto suo, l’imputato si è limitato a dire che «sono da 11 mesi in carcere, soffro e vorrei tornare a casa da mia moglie e dai miei figli».

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TI-PRESS/ARCHIVIO La difesa pretende 50’000 franchi a riparazion­e del presunto torto subito dal42enne

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