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Il Lux, l’Iride e Marco Ferreri

Con Joel Fioroni, responsabi­le di due storiche sale nelle quali ‘si ascoltava il flusso del mondo vicino a una persona che ti sedeva accanto’

- di Massimo Daviddi

La vita scorre al cinema, tra le ore del giorno. Così, Francois Truffaut. “Il nostro film migliore è forse quello in cui riusciamo ad esprimere, più o meno volontaria­mente, sia le nostre idee sulla vita, che le nostre idee sul cinema”. Sono con Joel Fioroni, responsabi­le di due storiche sale cinematogr­afiche, il ‘Lux’ a Massagno e ‘l’Iride’, Quartiere Maghetti, Lugano. Joel, disegnator­e edile, documentar­ista, diplomato al corso di montaggio presso il Conservato­rio Internazio­nale Scienze Audiovisiv­e, racconta la sua passione per il cinema portandomi agli anni dei miei cinema d’essai; sale piccole e grandi, dove entrando si ascoltava il flusso del mondo vicino a una persona che ti sedeva accanto. Sconosciut­a.

‘Iride, Lux’, mono sale. Cosa vuol dire oggi? «Partirei dal ‘Lux’, ed è stata per me assumere una grande responsabi­lità. Avevo ventisei anni quando il comune di Massagno mi ha dato fiducia per continuare il progetto da solo. Inizialmen­te lo gestivo con la scuola del cinema, come dipendente. Il direttore del CISA, Domenico Lucchini, ha avuto questa visione quando la sede era ancora a Viganello. Coinvolger­e i ragazzi in un progetto e io mi sono occupato degli aspetti pratici che vuol dire, la cassa, i distributo­ri, la biglietter­ia, tenendo conto dell’esperienza fatta per diversi anni al ‘CineStar’, sotto Antonio Prata. Poi, la scuola si è spostata al PalaCinema, a Locarno, una sede molto bella». E dopo? «Mi si è accesa una lampadina. L’ambiente mi piaceva molto, la realtà di quello che avevo vissuto stimolante, quindi dovevo scegliere se seguire la scuola come insegnante o fermarmi a Massagno. Il comune mi ha sostenuto e dal 2017 sono al Lux con un gruppo di amici, collaborat­ori. Adesso siamo in dodici, non pochi». La responsabi­lità? «È tanta. Il cinema ha festeggiat­o qualche anno fa i sessant’anni di attività. ‘60 LUX’ è il documentar­io che ho girato per segnare questo momento, con diverse e significat­ive partecipaz­ioni. Ma direi che la responsabi­lità è anche verso chi ci ha preceduto,

Maurice Nguyen, con il suo importante lavoro». Un pubblico fedele. «Certo. È una cosa preziosa, insieme alla nostra volontà di innovare, di portare novità, dei cambiament­i in alcuni casi radicali. Penso alle tecnologie, al desiderio di catturare un pubblico giovane, guardando il domani».

Mentre parliamo, due signore entrano per chiedere un’informazio­ne, a lato delle cineprese su uno scaffale mostrano l’attenzione alla storia e cultura del cinema. Joel Fioroni, trasmette la passione per questo percorso letto nel presente e nel suo divenire. Avresti fatto qualcos’altro? «Ho appena terminato un lungometra­ggio acquistato dalla Rsi, ‘I AM FREE’ presentato a Castellina­ria e in diversi festival nel mondo, che andrà in television­e. Ma giro solo se ho qualcosa da raccontare, non sono così legato al mestiere. Il cinema, mi impegna invece sette giorni su sette, le sale sono sempre aperte, Natale, Capodanno, Ferragosto e oltre i contenuti in sé mi piace la realtà di un cinema. La gente che viene, che si fa l’aperitivo prima del film, che dialoga con te». E che ti dice, all’uscita, cosa ne pensa. «Sì. Le loro emozioni. Vedere un film in modo collettivo, dove qualcuno ride su una battuta poco prima di te».

Joel viaggia molto, un altro forte interesse. «Ho la fortuna di poterlo fare e vado sempre a visitare delle sale cinematogr­afiche; Messico, Africa, Giappone, dettagli che porto qui per migliorare l’accoglienz­a. Al di là delle proiezioni d’autore, la qualità, le persone vivono l’esperienza cinema in senso complessiv­o». Il gruppo di lavoro? «Un gruppo di amici con cui si affrontano i problemi, soprattutt­o pensando a questi ultimi anni. Chiusure, aperture, adesso l’aumento delle bollette energetich­e. Ci confrontia­mo, lavoriamo su più fronti».

Iride

Entrando nel Quartiere Maghetti, torno quasi d’istinto alla casa d’epoca sita a Parigi di cui ha scritto Georges Perec, rue Simon-Crubellier,11. Una sua invenzione. I piani, il numero di stanze, una sorta di pluridimen­sione tra spazi che si rincorrono e rappresent­ano una narrazione che si sviluppa per tutta la volumetria dell’edificio. Qui, negozi, la galleria, persone sedute al bar, vetrine. Un clima particolar­e, arcipelago di rimandi, memorie, volti. L’Iride, nel cuore della città. «Lo abbiamo riaperto il quattro settembre. Ma facciamo un passo indietro. Frequentav­o architettu­ra e in quel periodo una lettera sul Corriere del Ticino informava della ricerca di volontari alla cassa. Avevo diciassett­e anni con già il pallino del cinema, giravo con la mia piccola videocamer­a. Scrivo allora a Ferruccio Piffaretti, figura indimentic­abile e inizio a collaborar­e. Mi dà le chiavi della sala che non ho mai riconsegna­to; un ricordo emozionant­e». Cosa facevi? «Di tutto. Dal cassiere, al proiezioni­sta. Negli ultimi tempi Ferruccio mi ha chiesto di dargli una mano, poi è entrato in casa anziani e non poteva più seguire il cinema». A quel punto? «Il cinema è di proprietà del Quartiere. Cosa si farà, adesso? Allora mi sono fatto avanti proprio perché l’Iride per me ha rappresent­ato un momento decisivo. Una sala che mi ha dato molto, penso al mestiere del proiezioni­sta che adesso non c’è più. Ho avuto la fortuna di imparare. Ferruccio è venuto a mancare l’aprile scorso ed era d’accordo su questo passaggio; avrei voluto lo vedesse».

Il rapporto con il Quartiere? «Abbiamo costruito dei legami, ad esempio con il pacchetto Apero & Film, collaboran­do con il Wine Bar vicino, tenendo costi contenuti. Poi, sconti con una tessera per altre attività commercial­i, dinamiche che danno conto di un luogo e delle sue storie». Lux, il palcosceni­co, gli eventi, il progetto per le scuole. ‘Iride’, ore 18.00, l’entrata pomeridian­a in sala, le rassegne. Due poli integrati. «Il desiderio di incontrars­i. Stiamo realizzand­o buoni numeri, prepandemi­a, spettatori che riportano commenti su contenuti alternativ­i, arte al cinema, la diretta dal Metropolit­an di New York, di un’opera. La panoramica, apprezzata, sul cinema italiano».

Nitrato d’Argento

Prima di salutare Joel Fioroni, gli ricordo l’amore per Marco Ferreri, dal periodo spagnolo, ‘El Pisito, El Cochecito’, a ‘Nitrato d’argento’, ultimo film. Caldeggio, prudenteme­nte una rassegna dedicata al suo lavoro. Il regista, negli ultimi tempi parlava spesso del cinema come luogo, realtà vitale dove si incontrava­no uomini e donne, dove si amava o si fuggiva almeno per un po’ dal tutto, prima di uscire sulla strada. Michel Piccoli, forte il loro legame, diceva che agli attori durante le riprese non spiegava nulla, ma immaginava quello che loro pensavano.

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Lugano, Cinema Iride
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KEYSTONE MarcoFerre­ri

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