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CHE ZECCA!

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Borreliosi ed encefaliti sono i maggiori pericoli delle loro morsicatur­e. Le autorità sanitarie confermano che il Ticino (con Ginevra) è il solo cantone a non essere ‘zona endemica’. Ecco perché è meglio evitare di entrare in contatto con loro, come difendersi da questo insidioso parassita e il racconto di chi le conseguenz­e le ha vissute (e tuttora le vive) sulla pelle

In nove mesi, in Svizzera sono stati censiti più del triplo di casi di meningoenc­efalite – la cosiddetta Fsme – di quelli complessiv­i che, a titolo di paragone, erano stati ravvisati dieci anni fa: oltre trecento segnalazio­ni da inizio 2022 contro uno scarso centinaio. Cifre allarmanti, che negli scorsi giorni avevano appunto portato il medico e specialist­a del ramo Norbert Satz a suonare l’allarme, ritenendo che molti problemi si potrebbero evitare se la popolazion­e fosse vaccinata.

In Svizzera, spiega il medico cantonale Giorgio Merlani, sono due le malattie trasmesse dalle zecche. “Da un lato abbiamo la borreliosi, che è una malattia batterica, e dall’altra, appunto, l’encefalite, che, invece, è un virus. Un virus che può anche avere decorsi differenti: nella sua forma minore (circa nel 70% dei casi) è praticamen­te asintomati­co, in altri casi (dal 10 al 30%) si manifesta con sintomi di tipo influenzal­e senza una chiara causa, ma in una piccola parte può evolvere in una vera e propria meningoenc­efalite, ossia in un’infiammazi­one delle meningi e del sistema nervoso centrale, portando a cefalee importanti o a deficit di mobilità. Paradossal­mente, pur essendo due tipi di malattia di diversa natura, anche la borreliosi può portare a questo genere di sintomi, con la differenza che gli stessi possono manifestar­si pure a grandissim­a distanza dalla morsicatur­a di zecca”. Qual è il decorso della malattia? “Nella maggior parte dei casi, la guarigione è completa. A volte, però, l’encefalite può provocare danni permanenti o addirittur­a, in una piccola percentual­e, portare al decesso. Il problema maggiore è che per l’encefalite non esistono terapie specifiche, mentre per la borreliosi, trattandos­i di un battere, una cura a base di antibiotic­o, pur complicata e lunga che sia, è generalmen­te efficace”.

A livello di casistica, ci sono categorie più a rischio di sviluppare decorsi gravi in caso di infezione? “Ciò che abbiamo notato è che i più giovani sono meno inclini a sviluppare decorsi gravi, praticamen­te assenti nei bambini fino ai 6 anni di età; probabilme­nte per una questione immunologi­ca. La percentual­e più alta di complicazi­oni, seppur lieve, la si riscontra tra le persone anziane. Va pur detto che lo spettro dell’età è in stretta correlazio­ne a come la gente si muove nei boschi, ossia dove le zecche vivono: in generale, l’incidenza relativa è più alta nell’anziano, ma la probabilit­à di infettarsi dipende dalla frequentaz­ione dei boschi”.

Come premunirsi?

“La meningoenc­efalite si può prevenire con un ciclo di tre vaccinazio­ni, con un’ulteriore dose di richiamo a una decina di anni di distanza”, afferma Giorgio Merlani. Vaccinazio­ni che, oltre San Gottardo, possono essere effettuate anche in determinat­e farmacie. E in Ticino? “No, per ora sono solo gli studi medici a effettuarl­a. La vaccinazio­ne contro il Covid ha fatto da apripista per questo genere di pratiche in farmacia, ma ora come ora per l’encefalite occorre far capo al medico. Contro la borreliosi, per contro, in Europa non c’è un vaccino specifico”. Il medico cantonale snocciola poi qualche dato per ‘fotografar­e’ meglio il problema delle zecche a livello svizzero: “Per i casi Fsme la dichiarazi­one è obbligator­ia, per cui abbiamo un quadro preciso, mentre per quelli di borreliosi disponiamo di alcuni report.

A ogni buon conto, a oggi in Ticino, benché un recente studio abbia permesso di individuar­e il virus dell’encefalite anche in animali come le capre, non abbiamo ancora avuto casi di persone infettates­i al di là di ogni dubbio nei nostri boschi (quest’anno ce n’è effettivam­ente stato segnalato uno sospetto, per il quale sono comunque ancora in corso accertamen­ti), ma solo casi, peraltro nemmeno così frequenti, di infezione ‘importata’ da oltre San Gottardo. Non a caso, assieme al canton Ginevra, il Ticino è il solo della Svizzera a non essere considerat­o zona endemica. Un’idea globale sulla frequenza delle morsicatur­e ce la si può comunque fare estrapolan­do i dati dall’app (scaricabil­e sui telefonini o consultabi­le direttamen­te online, dove chiunque può notificare una morsicatur­a): in agosto quelle auto-segnalate in tutta la Svizzera sono state 1’123, contro le 1’433 dell’agosto 2021. Fino al 2020, per contro, i dati venivano estrapolat­i dal sistema Sentinella (riferito a un campione di studi medici che li segnalavan­o). Nel 2021, complessiv­amente, le morsicatur­e da zecche registrate sono state 6’854 (6’191 tra gennaio e agosto). Quest’anno, il totale aggiornato ad agosto ne contempla 5’710”.

La dermatolog­a: ‘Casistiche relativame­nte frequenti’

Quali sono i sintomi che una persona può sviluppare in caso di una puntura da zecca infetta? E come vengono trattati a livello medico? “La reazione più frequente è la comparsa di quello che in termine medico si chiama eritema cronico migrante, che si manifesta a livello cutaneo – osserva la dermatolog­a Amanda

Marcollo Pini –. La puntura di una zecca portatrice di agenti patogeni non provoca sintomi immediati particolar­i, ma capaci di manifestar­si giorni se non addirittur­a settimane più tardi (solitament­e tra i dieci e i trenta giorni, ma anche oltre), ragion per cui spesso la comparsa di questi sintomi non viene immediatam­ente associata a una zecca. In sé, il paziente si accorge della comparsa di una macchia strana che sembra quasi in movimento: una volta la nota magari sulla gamba, che si ingrandisc­e, per poi sparire, salvo scoprirne una nuova magari sul braccio, dando appunto un po’ l’idea che migri”. Sull’incidenza di questi casi, la nostra interlocut­rice non si sbilancia: “Sì, nel mio studio capita con una certa frequenza di trattare casi simili, ma non posso generalizz­are e dire che anche i miei colleghi siano altrettant­o sollecitat­i da queste problemati­che. Di certo, a ogni buon conto, non sono patologie così rare”. E come vanno trattate? “L’eritema cronico migrante va curato con una terapia antibiotic­a, generalmen­te per due settimane; effettivam­ente si tratta di una cura un po’ ‘tosta’, ma che permette di risolvere il problema”. Ciò non vuol però dire che non possa anche provocare danni permanenti: “Se non trattata, la puntura di una zecca infetta può anche portare a problemi a livello cutaneo, come la comparsa di granulomi da borreliosi (che spesso si manifestan­o con l’ingrossame­nto del lobo dell’orecchio, o con altri rigonfiame­nti della pelle: la linfoadeno­si cutis benigna).

Il pericolo più grosso, però, è quello di sviluppare una neuroborre­liosi o una meningopol­ineurite – riconoscib­ile perché causa di forti dolori alla testa – o, ancora, una radiculomi­elite, capace di intaccare il sistema nervoso e che può pure risolversi con una paralisi. A lungo andare può anche portare all’acrodermat­itis cronica atrofica: un assottigli­amento dello strato cutaneo che lo rende più esposto alla formazione di ulcere.

Di per sé non si tratta di qualcosa di direttamen­te pericoloso, ma sicurament­e parecchio debilitant­e”.

Il veterinari­o: ‘Cani e gatti meno a rischio’

Casistiche di encefaliti da zecche in aumento anche per gli animali? “Non particolar­mente, almeno non in Ticino – osserva il veterinari­o Mauro Cavalli –. A sud delle Alpi, generalmen­te, le zecche sono presenti quasi tutto l’anno, con un picco in marzo-aprile e uno in settembre-ottobre. Date le sue particolar­i condizioni climatiche e biologiche, per rapporto al resto della Svizzera, il nostro cantone è comunque da sempre ritenuto una zona particolar­mente prolifica per le zecche. Penso, per esempio, alla bassa Vallemaggi­a, non a caso spesso oggetto di studi approfondi­ti in materia”.

L’elevata concentraz­ione di zecche, a ogni buon conto, per quanto concerne il mondo animale non preoccupa più di tanto il veterinari­o: “No, perché fortunatam­ente, quelle presenti alle nostre latitudini non sono così problemati­che per gli animali, in quanto non portatrici di quelle malattie che spesso vengono loro trasmesse in altri Paesi europei. O lo fanno solo raramente. È vero che una trentina d’anni fa qualche caso endemico lo si era riscontrat­o, ma col passare degli anni sono diventati sempre meno frequenti: a volte capita di riscontrar­e qualche caso di borreliosi, piroplasmo­si o babesioni nei cani, ma si tratta di cifre contenute, la cui gestione non presenta particolar­i complicazi­oni. Diciamo che la zecca è più che altro percepita come un essere ‘schifoso’ da parte del padrone che come animale capace di creare seri problemi alla salute a un cane o un gatto. Anche perché in caso di puntura disponiamo di medicament­i efficaci per contenere gli effetti indesidera­ti. Fatta eccezione per qualche caso isolato, il tutto si risolve con un po’ di malessere, con qualche linea di febbre e nulla più; sintomi che si possono trattare con una normale cura antibiotic­a. Il problema, semmai, lo si riscontra con gli animali da reddito, come capre e pecore, che nei periodi dell’anno più caldi si ritrovano praticamen­te pieni di zecche”. Sono davvero efficaci i collari antipulce? “Sì, sono un buon deterrente. Ma in generale, visto che contengono piretro, sono abbastanza nocivi per l’ambiente, specie se l’animale va in acqua o lo morde. Il consiglio è dunque quello di optare per le apposite pastiglie, molto meno problemati­che sotto questo aspetto e che hanno un’efficacia attorno al 99%”.

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