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Le testimonia­nze

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Sophie e Nadia ci sono passate. Loro, l’incubo della borreliosi l’hanno vissuto in prima persona, ma fortunatam­ente adesso è solo un brutto ricordo (almeno per la prima, visto che Nadia ancora oggi è confrontat­a con qualche sintomo), storia di diversi anni fa (sedici per la prima, diciassett­e per la seconda). Per entrambe però ancora ben presente nella loro testa. Sheila, per contro, con la borreliosi deve convivere tutt’oggi. Tre storie diverse, che hanno deciso di raccontarc­i.

Un calvario che dura da oltre un anno e mezzo

Il suo calvario non è ancora finito. E per Sheila dura ormai da quasi due anni. “Verosimilm­ente, perché io la zecca non l’ho mai vista, sono stata morsicata nel novembre del 2020, in montagna, in Verzasca – inizia a raccontare l’oggi 48enne –. Certo, si fosse notata subito la zecca, molto probabilme­nte il decorso non sarebbe stato così brutale. Poco prima di Natale ho iniziato ad accusare i primi sintomi, improvvisi ma anche piuttosto forti: dolori, nausea...

Mi sono precipitat­a al pronto soccorso per un veloce esame, più che altro per capire se si trattava di Covid, visto che allora era la prima cosa a cui si pensava alla comparsa di sintomi come quelli. Ma, effettivam­ente, di quello non si trattava, per cui una volta passati i disagi, ho ripreso la mia vita regolarmen­te”. Col passare del tempo, però, qualche sintomo si manifesta ancora: “Mi capitava spesso di avvertire dolori a qualche articolazi­one che duravano per un paio di giorni: una volta un braccio, un’altra un’anca, poi una spalla... Essendo una persona piuttosto attiva, pensavo però che fosse a causa di qualche sforzo eccessivo”.

A complicare le cose ci si mette poi il coronaviru­s, che in primavera arriva per davvero: “Il 1. aprile 2021 sono risultata positiva al Covid, con un decorso veramente brutale: sono stata malissimo. Non ero ancora vaccinata, ma la violenza con cui mi ha investita era davvero tanta consideran­do le mie condizioni fisiche e la mia età. Mi ci sono volute due settimane per vincere questo virus, ma anche dopo le cose non sono migliorate. Anzi, ho iniziato ad avvertire grosse fitte al braccio sinistro e a perdere sensibilit­à a parte della mano.

A quel punto mi sono fatta visitare prima dal medico curante e poi dal neurologo, perché ritenevano potesse trattarsi di qualcosa legato al collo o alla colonna vertebrale. Esami che hanno effettivam­ente evidenziat­o che qualcosa non andava, senza tuttavia trovarne la causa esatta. È solo dai successivi esami ematici che è emersa la borreliosi”. Storia di maggio 2021. Ma il calvario di Sheila non è certo finito lì, anzi... “A inizio giugno i medici hanno deciso di sottopormi a esami più approfondi­ti, per verificare se il liquido infetto non si fosse trasmesso al liquor, ossia il fluido contenuto nel cervello e nel midollo spinale ( detto anche liquido cerebrospi­nale, ndr)”.

Esami che purtroppo nel suo caso hanno dato esito positivo: “Ho iniziato la cura antibiotic­a, per due settimane. Ma, invece di migliorare, le mie condizioni peggiorava­no ancora, al punto che avevo difficoltà ad alzarmi, facevo fatica a connettere, balbettavo e accusavo tremori. Passato qualche tempo, in clinica ho iniziato la riabilitaz­ione motoria.

Verso la fine 2021-inizio 2022 ho provato anche a riprendere a lavorare, al 20%, ma con molta fatica. Parallelam­ente mi sono sottoposta ad altre analisi del liquor: la prima volta i valori erano migliorati. Pensavo che il peggio fosse passato, ma lo scorso aprile, altre analisi avevano denotato un rallentame­nto nel processo di guarigione rispetto alla volta precedente. Le ultime analisi, per fortuna, hanno mostrato un certo migliorame­nto. Al di là di tutto, il problema non è il dolore. Soprattutt­o per una persona come me, la cui soglia del dolore è abbastanza alto. La cosa più dura da accettare e con cui convivere è la durata del decorso: non poter più fare le cose di tutti i giorni, come guidare, cucinare...”.

‘La cosa più esasperant­e era il non poter dormire di notte a causa dell’occhio aperto’

Storia di sedici anni fa, si diceva, per Sophie. Quella mattina per lei, allora una bambina di nove anni di Quartino, doveva essere una giornata normale, come tante altre. Ma si accorge quasi subito che qualcosa non va. “In sé non ho mai visto la zecca... responsabi­le del fattaccio, e sicurament­e questo ha fatto sì che l’origine dei miei disturbi non fosse chiara sin da subito. Ma quella mattina ricordo di essermi svegliata con metà faccia praticamen­te paralizzat­a. La parte destra: l’occhio restava sempre aperto e non riuscivo più a chiudere le palpebre. Anche la parte destra della bocca era bloccata, aperta, rendendomi impossibil­e mangiare e bere; pure la lingua era per metà insensibil­e...”.

In assenza di evidenti indizi riconducib­ili alla puntura di una zecca, però, inizialmen­te pensa ad altro: “Lì per lì non ho dato molto peso a questi sintomi, forse perché ero piccolina... Ho pensato che, forse, fossero dovuti a un colpo di freddo e che dunque presto sarebbero passati”. Quando però la sera la situazione non cambia, un campanello d’allarme suona: “Vedendo che ancora a sera non riuscivo a chiudere l’occhio né a mangiare o bere, mia madre ha deciso di portarmi all’ospedale di Bellinzona per una visita di controllo. Dove in un primo momento si era pensato di sottopormi a tutta una serie di esami approfondi­ti, anche a livello cerebrale, per capire cosa avessi. È stato lì che mia madre ha avuto un’intuizione: si era ricordata che nelle frequenti visite ai nonni a Berna, spesso andavamo a passeggio nel bosco e ha dunque chiesto che mi venissero fatte anche le analisi per individuar­e l’eventuale contagio da borreliosi. Che, infatti, hanno confermato che si trattava proprio di quello”. Individuat­a la causa, per Sophie inizia subito la cura: “A base di antibiotic­o: ogni giorno, per tre settimane, veniva un’infermiera a casa per somministr­armelo in vena.

Per il resto, comunque, la mia vita scorreva normalment­e: non ho fatto degenza in ospedale, e, anzi, di giorno andavo a scuola regolarmen­te. Dopo otto giorni di antibiotic­o, finalmente, ho lentamente riacquista­to un po’ di sensibilit­à alla parte destra della faccia. Poi tutto è andato relativame­nte veloce: altri trequattro giorni e sono finalmente riuscita a richiudere bocca e occhio normalment­e”. Un sospiro di sollievo dopo lo spavento: “Al di là di tutto non è stato così drammatico: una volta scoperta l’origine di quella paralisi e dunque individuat­a la cura, tutto è andato per il meglio. Il disagio più grosso era il fatto che di notte, con l’occhio aperto, non riuscivo a dormire: la mancanza di sonno è stata esasperant­e. Per riuscire a dormire qualche ora dovevo chiudere la palpebra con il nastro adesivo”.

Nella sfortuna, Sophie cerca di vedere il lato positivo: “I dottori mi hanno detto che sono stata fortunata a contrarre la borreliosi a quell’età, perché più in là la si prende, maggiore è il rischio che i sintomi perdurino nel tempo. Inoltre, il fatto che la malattia si sia manifestat­a attraverso sintomi così acuti ha permesso di individuar­la tempestiva­mente: ci sono persone che la sviluppano in forma latente, senza sintomi chiari ma con tutta una serie di disagi, dalla stanchezza generale al mal di testa, ma se la portano appresso per anni”.

Il calvario di Nadia, incinta da sei mesi

Per certi versi simile, ma con un decorso decisament­e diverso, è la storia di Nadia. “A me è capitato diciassett­e anni fa, il 29 settembre per la precisione: allora avevo 39 anni, e per giunta ero al sesto mese di gravidanza – racconta l’oggi 56enne locarnese –. Quel giorno lo ricordo ancora bene. Come ogni altra mattina, mi ero alzata e preparata per andare al lavoro. La giornata era iniziata normalment­e. Poi, a un certo punto, quando ho provato a bere un sorso d’acqua, direttamen­te dalla bottigliet­ta, me la sono rovesciata addosso.

Ho pensato a un momento di sbadataggi­ne. E quando più tardi la scena si è ripetuta, ho sempliceme­nte pensato che non fosse giornata per bere dalla bottigliet­ta, nulla più... Passate un paio d’ore, un mio collega mi ha fatto notare come quel giorno avessi una faccia un po’ strana, ma non avvertendo dolori o altre stranezze, ho continuato a lavorare come se nulla fosse. È stato quando ho iniziato a sentire la lingua che si addormenta­va, uno strano formicolio nella sua parte destra, che ho iniziato a preoccupar­mi: ho chiamato il medico, che visitandom­i ha subito notato che la parte destra del mio viso era come paralizzat­a. Sono allora stata inviata da un neurologo. Dalle analisi del sangue è poi emersa la mia positività alla borreliosi, benché a mia memoria non ricordavo di essere stata punta da una zecca. Fin lì però non avevo dolori particolar­i”.

I sintomi, tuttavia, si sono manifestat­i in seguito: “Essendo incinta non potevo curarmi con il cortisone, per cui, a quei tempi non c’erano grandi rimedi con cui combattere l’infezione. Solo antidolori­fici e poco altro, per cui per due mesi abbondanti è stato un inferno. Ho dovuto fare anche una risonanza e sottopormi al prelievo del midollo spinale per verificare che non avessi sviluppato una meningite, visto che nel frattempo si erano manifestat­i pure fortissimi dolori alla testa. E la parte destra del volto, nel frattempo, si era completame­nte sfigurata.

La bocca era tutta storta, al punto che dovevo mangiare solo cose liquide, usando la cannuccia, e l’occhio completame­nte aperto, che dovevo continuare a idratare con gocce speciali per evitare che la retina si seccasse e chiuderlo per poter dormire...”.

Poi, finalmente, ecco il rimedio: “L’antibiotic­o che facesse al mio caso l’hanno individuat­o tre settimane prima del parto, e a quel punto facevo la spola tra la casa e l’ospedale, per un’infusione quotidiana di un’ora di antibiotic­o”. E il parto come è andato? “Fortunatam­ente è andato tutto liscio. Mio figlio è nato sano come un pesciolino. Un po’ tanto vivace, forse, ma niente fa credere che possa essere una conseguenz­a della borreliosi. E questo è stato un enorme sollievo per me: i mesi precedenti il parto sono stati molto stressanti e carichi di preoccupaz­ione; alla fine ho potuto tirare un bel sospiro”.

A diciannove anni di distanza, qualche strascico la borreliosi lo ha però lasciato in Nadia: “Sì, in particolar­e, il trigemine, il nervo facciale, mi provoca ancora delle fitte di dolore, specie quando sono affaticata o quando fa freddo. E quando sono particolar­mente stanca, guardandom­i in faccia, una certa differenza tra la parte sinistra e quella destra la si nota. Ma medicament­i non devo comunque più prenderne, e anche i controlli susseguent­i sono durati ancora qualche mese dopo il parto.

Dopodiché per due anni ho dovuto sottopormi a sedute di fisioterap­ia, facendo quasi da cavia al mio fisioterap­ista visto che a quei tempi i trattament­i specifici non erano così diffusi”. E ora com’è il rapporto con le zecche? “Prima di allora non ci avevo praticamen­te mai avuto a che fare direttamen­te. Ora, invece, ne provo una certa repulsione. Al punto che quando ne scopro una attaccata al mio cane, per farla rimuovere chiamo una mia amica: l’idea di farlo io non mi sfiora nemmeno”.

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