La Danimarca vuole arrivare lontano
Per forza di cose il pensiero va a quel momento della partita con la Finlandia in cui Christian Eriksen, capitano della Danimarca, è caduto a terra con gli occhi sbarrati. Ma sia la Danimarca che Eriksen sono andati avanti. La squadra allenata da Kasper Hjulmand è arrivata fino in semifinale, perdendo nei supplementari contro l’Inghilterra; Eriksen nel frattempo, dopo aver iniziato il proprio percorso riabilitativo nel Brentford, squadra piccola di Premier League con un allenatore e molti giocatori danesi in squadra, ha scelto di vestire la maglia del Manchester United, una grande decaduta in cerca di riscatto. Tutto è andato per il meglio, al punto che meno di un anno dopo Eriksen è tornato a vestire la maglia della nazionale, che nel frattempo si era qualificata per la Coppa del Mondo come prima classificata del proprio girone (vincendole tutte tranne l’ultima partita). E niente racconta dello stato di salute della nazionale danese più del fatto che tra giugno e settembre ha battuto due volte la Francia campione del mondo.
Il massimo obiettivo raggiunto dalla Danimarca in un Mondiale sono i quarti di finale del 1998 ma oggi si parla più o meno apertamente della possibilità di vincere un trofeo. In un’intervista al Guardian, Hjulmand, che in Danimarca è chiamato “leader of the nation”, ha detto di aver scelto di restare sulla panchina della Nazionale nonostante avesse offerte dall’Inghilterra con l’idea di vincere qualcosa. “Se volete chiamatelo sogno, ma a me piacciono i sogni”. La sua Danimarca è una squadra flessibile, che può giocare con il 4-3-3 o con un più prudente 3-4-2-1, capace di adattarsi al contesto della partita e all’avversario che ha davanti. Che alterna fasi più aggressive, in cui pressa in zone alte di campo, a momenti in cui difende con due linee compatte nella propria metà campo, sicura anche della forza del proprio portiere, Kasper Schmeichel. Con la palla tra i piedi comanda la tecnica di Eriksen, organizzatore del gioco offensivo, e degli esterni (Skov Olsen, Damsgaard) ma anche il senso dell’ordine e il dinamismo di Hojbjerg e Delaney (il primo gioca in Premier League, nel Tottenham, il secondo in
Liga, nel Siviglia). Sulle fasce possono contare sull’energia di Mahele a sinistra e Kristensen a destra, entrambi abituati a contesti intensi e aggressivi (rispettivamente nell’Atalanta e nel Leeds). Gli unici dubbi riguardano la coppia di difesa e il centravanti. Kjaer non è sembrato ancora al meglio con il Milan, dopo essere tornato da un infortunio al ginocchio, così come Christensen ha giocato poche partite con la maglia del Barcellona per via di un problema alla caviglia (come alternativa o aggiunta, in caso di difesa a 3, c’è Joachim Andersen, da due anni al Crystal Palace). In avanti si aspetta ancora l’esplosione definitiva del talento di Dolberg, che ha giocato solo una manciata di minuti con il Siviglia e anche lo scorso anno con il Nizza non ha segnato molto, mentre Braithwaite e Cornelius sembrano opzioni di non grandissimo spessore.