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In Belgio il tempo non scorre

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Per superare una crisi che durava da decenni, il Belgio ha capito che doveva cambiare il modo di guardare al calcio. Abbandonar­e visioni antiche, abbracciar­e la modernità. Questa modernità a fine anni 90 aveva una certa forma, quella del 4-3-3 del Barcellona o dell’Ajax. Una griglia dentro cui veniva sviluppato un certo tipo di giocatori. Come raccontato dai tecnici della federazion­e: «Sentivamo di dover sviluppare le abilità in dribbling, al cuore della nostra visione c’era l’uno contro uno, il duello. Quando i bambini iniziano a giocare devi permetterg­li di dribblare, lasciarli giocare liberament­e».

Questa rivoluzion­e parte nel 1998 e porta i suoi primi frutti nel 2014, quando il Belgio arriva al mondiale brasiliano con la migliore generazion­e di giocatori della sua storia. Hazard, Origi, Lukaku, Dembélé esprimevan­o tutti quella visione del dribbling come architrave portante del gioco. La squadra si è spinta fino ai quarti di finale, eliminata dall’Argentina e da un gol di Higuain. Nel 2018 sono entrati in squadra altri talenti folgoranti – Mertens, Courtois, De Bruyne, Nainggolan – e la squadra ha raggiunto il proprio apice, venendo eliminata solo dalla Francia in semifinale. Oggi, nel 2022, il nucleo del Belgio rimane quello. Leggere la formazione oggi regala una sinistra sensazione di tempo che ha smesso di scorrere. I giovani arrivati non sono all’altezza dei veterani, e in mezzo a qualche nome poco conosciuto il Belgio continuerà ad affidarsi alla vecchia guardia.

È una squadra dalla media età alta, che ha abbandonat­o il suo 4-3-3 in favore di un 3-42-1 che esalti il più grande talento della squadra, e uno dei giocatori più attesi dei prossimi Mondiali, Kevin De Bruyne. Nel calcio per nazionali, più generoso di tempo e spazio, De Bruyne sembra un giocatore diverso, che non è costretto a fare assist facendo passare la palla nella cruna dell’ago come gli tocca nei campi congestion­ati di Premier League. Accanto a lui Eden Hazard, uno dei migliori dell’ultimo mondiale, è in un declino peggiore dei suoi 31 anni. Anche nello scorso europeo però ha dimostrato che pure in una versione ridotta di sé può avere un grande impatto. Non ha più l’esplosivit­à di un tempo, la capacità di dribblare avversari in sequenza – che lo rendevano il prototipo perfetto del calcio belga – ma è ancora influente per la sua tecnica spalle alla porta, le sue letture offensive che danno sempre la possibilit­à al Belgio di ordinarsi. A chi serviranno i loro assist? Il ct Roberto Martinez (che avrà Henry tra i suoi assistenti) prega di recuperare Romelu Lukaku, alle prese con vari problemi muscolari da inizio stagione. Dietro di loro bisognerà verificare la tenuta dell’ossatura anziana Witsel, Alderweire­ld, Vertonghen. Protetti però dal miglior portiere al mondo oggi, Thibaut Courtois.

Il Belgio è una squadra anziana, ma il Mondiale è una competizio­ne breve: bastano poche settimane di forma eccellente per far pesare la purezza del talento. Il Belgio ne ha ancora molto.

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