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In aula alla vigilia della prescrizio­ne

Il caso di una società di Lugano attiva in Russia nel ramo del petrolio: l’accusa chiede due condanne sospese per cattiva gestione; la difesa il prosciogli­mento

- di Prisca Colombini

È arrivato in aula alla vigilia della prescrizio­ne il caso di cattiva gestione esaminato ieri dalla Corte delle Assise correziona­li di Lugano presieduta dal giudice Marco Villa. I fatti risalgono infatti al periodo compreso tra il 31 dicembre 2007 e il novembre 2008. I due imputati, un 52enne cittadino russo e un 80enne ticinese entrambi residenti nel Luganese, non negano che la loro società con sede a Lugano e attiva nel commercio, trasporto e deposito di prodotti petrolifer­i, decretata fallita nel novembre 2008 e di cui erano rispettiva­mente direttore e membro del Consiglio d’amministra­zione (Cda), fosse confrontat­a con problemi di liquidità. Negano però che la loro sia stata una cattiva gestione. La società era attiva in Russia, dove lavorava la maggior parte dei dipendenti. Nonostante i problemi di liquidità siano emersi già nell’ottobre 2007, la società non ha allestito un bilancio intermedio – come stabilito dal Codice delle obbligazio­ni – e non ha avvisato il giudice in merito alla presenza di un eccessivo indebitame­nto societario, continuand­o l’attività per altri undici mesi. A presentare i bilanci, nel giugno dell’anno successivo, è stato l’ufficio di revisione della società. L’attività, come si legge nell’atto d’accusa dell’ex procuratri­ce pubblica Francesca Piffaretti-Lanz – l’incarto è stato ripreso dal procurator­e pubblico Daniele Galliano – ha aggravato l’indebitame­nto societario di 8’480’259 dollari (somma contestata dalle difese). Al momento del fallimento dichiarato dal pretore sono stati emessi 45 attestati di carenza beni per complessiv­i 80’492’218 franchi. Al termine della sua requisitor­ia, evidenzian­do che «mi dispiace che l’incarto sia arrivato a giudizio vicino ai termini della prescrizio­ne, si poteva fare meglio», l’accusa ha chiesto una condanna a 13 mesi sospesi per un periodo di prova di due anni per l’80enne e di 16 mesi sospesi per il cittadino russo. Il più anziano «teneva i contatti con l’ufficio di revisione e sarebbe toccato a lui depositare i bilanci – ha detto Galliano – ma è anche vero che non dirigendo la società, non aveva informazio­ni di prima mano». Il gestore della società, proprio per il suo ruolo, «aveva la visione della situazione e più di tutti doveva rendersi conto che dal dicembre 2007 la società non aveva più futuro». La prima giornata di dibattimen­to si è conclusa con le richieste di risarcimen­to degli accusatori privati – i già citati 8 milioni di dollari – e l’arringa difensiva dell’avvocato Davide Fagetti, legale dell’80enne, che si è battuto per la sua assoluzion­e. Stamattina la parola passerà all’avvocato Luca Marcellini , legale del 52enne. La sentenza sarà pronunciat­a nel corso del pomeriggio.

‘Coprivamo i debiti lavorando’

I due imputati, come anticipato, non riconoscon­o né i fatti né le imputazion­i. «In quel periodo c’erano problemi di liquidità – hanno risposto entrambi alla domanda del giudice –. Erano dovuti alla volatilità del prezzo del petrolio. Ne eravamo coscienti, ci siamo parlati ma queste comunicazi­oni verbali non sono mai state formalizza­te in riunioni del Cda». Come mai, ha chiesto ancora il giudice, non è stato allestito un bilancio intermedio e non sono state messe in atto misure di risanament­o della società? «Prima di questi eventi la società era di successo ed era abbastanza in buona salute – ha risposto il 52enne –. Dopo i mesi di settembre-ottobre alcuni business si sono fermati, ma lavorando eravamo in grado di coprire i debiti. Di questa situazione sono stati informati anche i creditori». «Abbiamo creduto che tutto si sarebbe risolto al meglio – ha aggiunto l’80enne –. C’erano in corso delle trattative concrete».

La ‘breve durata’ della cattiva gestione

L’obiettivo della società luganese era l’attività presso il terminale di Murmansk, dove è stato effettuato un «investimen­to rischioso» di 30,5 milioni. «Una località strategica della Russia europea, in una posizione fondamenta­le dal punto di vista militare – sono state le parole del pp –. Nessuno voleva investire in quel luogo perché legato direttamen­te al governo russo». Il rappresent­ante dell’accusa ha evidenziat­o che la cattiva gestione è durata quattro mesi, da luglio a novembre 2008. «Gli imputati hanno scientemen­te deciso di continuare con la gestione della società, hanno violato il bilancio e non è stato possibile averlo a posteriori perché non hanno tenuto regolarmen­te la contabilit­à». Per l’accusa è importante che la Corte riconosca il calcolo dell’aggravio (ovvero gli 8 milioni) perché senza questo importo, e quindi con il prosciogli­mento degli imputati, un loro risarcimen­to sarebbe «iniquo».

L’aumento del prezzo

Nella sua arringa, l’avvocato Davide Fagetti ha ricordato che «fino al 2006 la società era ben capitalizz­ata, ha fatto utili e i conti sono sempre stati approvati». L’aumento «repentino e anomalo del prezzo del petrolio ha messo in crisi le compagnie del settore in un momento già congiuntur­almente difficile. L’attività di trading ha risentito di queste perdite e ha innescato un effetto a cascata». Il legale ha evidenziat­o che «l’ufficio di revisione era al corrente delle trattative in corso, che riteneva evidenteme­nte valide». Accordi per risanare la situazione avviati «già nell’ottobre 2007». Per la difesa non c’è quindi stata cattiva gestione e, oltre al prosciogli­mento, è stato chiesto il rimborso delle spese legali. «Un importo elevato ma giustifica­to dalla lunghezza e complessit­à del procedimen­to».

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DEPOSITPHO­TOS Il porto diMurmansk

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