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Il peccato dell’indifferen­za

- di Andrea Ghiringhel­li, storico

C’è un dato statistico. Rapporto 2020 dell’Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali (Eurispes): ci informa che quasi il 16% degli italiani crede che la Shoah non sia mai esistita: nel 2004 erano meno del 3%. Oggi i negazionis­ti, coloro che ritengono che la Shoah non sia mai esistita, sono in crescita. La ricercatri­ce Valentina Pisanty ci svela un paradosso: 1) Negli ultimi vent’anni la Shoah è stata oggetto di capillari attività commemorat­ive in tutto il mondo occidental­e. 2) Negli ultimi vent’anni il razzismo e l’intolleran­za sono cresciuti a dismisura proprio nei Paesi in cui le politiche della memoria sono state implementa­te con maggior vigore (‘I guardiani della memoria’, Milano, 2020). Perché questa apparente incongruen­za? Cosa è andato storto? In un contributo del 2021 osservavo che avanzano controstor­ie alternativ­e fondate su deliranti concezioni identitari­e, su sovranismi esasperati, su una ributtante reinvenzio­ne del passato, da parte delle destre estreme, in cui le vittime della furia nazista sono additate come i veri carnefici; segnalavo l’abbondanza di minacciosi imbecilli secondo cui i diritti universali non valgono per tutti; osservavo soprattutt­o che la politica è sempre più priva di sentimenti umani. E poi mi pareva che le tante commemoraz­ioni fossero diventate un rito ripetuto, disgiunto dalla quotidiani­tà. Confermo. Tant’è vero che si celebra il giardino dei giusti, ma poi si chiude il discorso e si ritorna alla quotidiani­tà in cui si tollerano linguaggi oltraggios­i e offese quotidiane ai diritti elementari e alla dignità delle persone.

Oggi il degrado etico e civile continua. Chi avrebbe pensato che uno Stato democratic­o potesse ammettere alle più alte cariche un fascista dichiarato e un collezioni­sta di figurine e di inni nazisti?

Chi avrebbe immaginato il successo delle democrazie illiberali che fanno della negazione dei diritti umani il vanto della loro politica? Io penso che fra le tante ragioni di questa degenerazi­one vi sia il ripudio della storia che, in particolar­e nelle ultimissim­e generazion­i, ha prodotto una desolante distruzion­e del passato: perdita di memoria collettiva e ignoranza ne sono il risultato. Adriano Prosperi, storico emerito, parla di un “mutamento epocale che ha allontanat­o vertiginos­amente il presente dal recente passato”. Con conseguenz­e disastrose. L’appannamen­to della coscienza storica sta devastando la nostra società e gli effetti si vedono.

Ci sono coloro che in nome del politicame­nte corretto (ma sanno quello che dicono?) ritengono benefica la terapia dell’oblio perché rivangare continuame­nte gli scempi del passato – affermano – rappresent­a una fonte di disturbo, di rancori, di inquietudi­ni e ostacola la pacificazi­one degli animi. Quindi meglio dimenticar­e.

Tutto ciò per mascherare e cercare giustifica­zioni a uno dei mali peggiori della nostra epoca, l’indifferen­za verso i valori umani: i migranti trattati come scarti, i trucidati di Bucha, i civili quotidiana­mente massacrati e fatti a pezzi in nome degli interessi superiori della nazione. Certo, si commemora la Shoah e il politico di turno ripete “mai più”! Ma poi si prosegue come prima, peggio di prima: l’importante è guardare avanti e non voltarsi indietro. Liliana Segre, perseguita­ta ieri e perseguita­ta oggi dalla politica dell’odio, ci dà una definizion­e d’autore dell’indifferen­za: “L’indifferen­za racchiude la chiave per comprender­e le ragioni del male, perché quando credi che una cosa non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferen­te è complice dei misfatti peggiori”. E “Indifferen­za” è la parola scelta per ammonire i visitatori all’entrata del Memoriale della Shoah a Milano. Il premio Nobel per la chimica Walter Kohn, di famiglia ebraica – ce lo ricordava il senatore Pietro Grasso nel 2016 –, mette a fuoco la questione e la domanda che ci rivolge è un atto di accusa: che cosa farete la prossima volta? La realtà ci condanna: esecuzioni di massa, persecuzio­ni razziali, genocidi hanno disseminat­o di orrori gli ultimi cinquant’anni, e continuano a farlo. E noi? Promettiam­o solidariet­à ma poi gli slanci si smussano, subentra l’assuefazio­ne, e si insinua il veleno dell’indifferen­za che rende invisibile la storia.

Lo spazio non mi concede di approfondi­re, ma per lacerare il velo dell’oblio e della retorica di convenienz­a, suggerisco la lettura di un libro sconvolgen­te: Daniel Jonah Goldhagen, ‘I volonteros­i carnefici di Hitler’, Milano, 2016. Una tremenda lezione sulla banalità del male e sulla terrifican­te responsabi­lità delle persone comuni, di ogni estrazione sociale, che hanno brutalizza­to e assassinat­o milioni di ebrei per convinzion­e ideologica e per libera scelta.

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