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Politica di milizia, partendo dal cittadino

Sarà uno dei temi del Simposio sui rapporti tra Cantone e Comuni. Della Santa: ‘Il coinvolgim­ento attivo per destare l’interesse per la cosa pubblica’.

- Di Andrea Manna e Giacomo Agosta

La politica di milizia è in crisi in Ticino? «Se ci limitiamo alle istituzion­i locali, in alcuni Comuni funziona, in altri è in difficoltà, in altri ancora è in crisi. Diciamo che la situazione in generale tende, purtroppo, a peggiorare, con sempre meno persone che si candidano alla carica di municipale o a quella di consiglier­e comunale». A scattare la fotografia è Marzio Della Santa, responsabi­le, al Dipartimen­to istituzion­i, della Sezione enti locali, la Sel. Il futuro del sistema di milizia nella nostra democrazia, che vede negli organi legislativ­i ed esecutivi (ad eccezione del Consiglio di Stato) politici non profession­isti, sarà uno dei temi della quarta edizione, organizzat­a dalla Sel, del ‘Simposio sui rapporti tra Cantone e Comuni’, in programma per la prossima settimana, giovedì 2 febbraio con inizio alle 14, nell’Auditorium della Scuola cantonale di commercio a Bellinzona. L’evento, fa sapere il Dipartimen­to, è destinato anzitutto a municipali, consiglier­i comunali, autorità politiche cantonali, rappresent­anti dei partiti, funzionari dell’Amministra­zione cantonale e di quelle locali (iscrizione obbligator­ia entro il 30 di questo mese tramite il formulario su www.ti.ch/eventis sito dove il simposio potrà essere pure seguito “in diretta streaming”). L’accresciut­a complessit­à dei problemi che la politica è chiamata a risolvere, la necessità di disporre anche di competenze specifiche, la difficoltà di conciliare attività istituzion­ale, impegni profession­ali e/o vita familiare: questi e altri i motivi che possono indurre a rinunciare a candidarsi o a mollare la carica alla quale si è stati eletti. Ma al di là di fattori più o meno contingent­i, c’è una questione, anzi, la questione di fondo: l’interesse per la cosa pubblica. O meglio, il disinteres­se. Che qualcuno sostiene essere vieppiù diffuso, in Ticino come altrove. E allora, restando sul piano comunale, come ridestare l’interesse per la cosa pubblica? E di riflesso come rivitalizz­are il sistema di milizia? «Nell’avvicinare o nel riavvicina­re i cittadini alle istituzion­i – afferma Della Santa –. Intendiamo­ci, non è una sfida da poco. Ma dobbiamo affrontarl­a, anche per arginare l’astensioni­smo in occasione degli appuntamen­ti elettorali. Dobbiamo affrontarl­a affinché quella che chiamiamo democrazia viva non rimanga una visione romantica. Per questo, come Sezione enti locali, facciamo leva sul concetto di partecipaz­ione. In altre parole, secondo noi è fondamenta­le che le istituzion­i comunali coinvolgan­o, in maniera attiva, i cittadini nell’individuar­e le soluzioni, in grado di raccoglier­e il più ampio consenso possibile, ai problemi. Nel trovare quelle soluzioni che possano soddisfare al meglio i bisogni riconosciu­ti».

Per il capo della Sel, il coinvolgim­ento non passa solo dall’informazio­ne alla popolazion­e sui progetti che il Comune intende realizzare o dalle serate pubbliche organizzat­e dal Municipio su questo o quel tema. Occorre spingersi oltre. «Chi viene eletto – rileva Della Santa – non dovrebbe più considerar­si o essere considerat­o il portatore esclusivo di decisioni e soluzioni: le istituzion­i locali dovrebbero avere la capacità di coinvolger­e, ripeto attivament­e, i cittadini. Raccoglien­do così le loro opinioni, le loro proposte, facendo tesoro delle loro competenze. Rendendoli insomma veramente partecipi della vita politica comunale. Si tratta infatti non solo di cercare la soluzione migliore, ma anche di creare un consenso allargato intorno a quella soluzione. È la cittadinan­za attiva che crea una comunità». Una cittadinan­za attiva che «rafforza la responsabi­lità individual­e e che favorisce l’acquisizio­ne di una cultura politica che punta alla composizio­ne dei conflitti e non a sterili contrappos­izioni». Come possono i Comuni ‘reclutare’ cittadini attivi? «Per esempio con un annuncio pubblico, oppure sorteggian­done un determinat­o numero, liberi poi i cittadini di accettare o meno, liberi di partecipar­e o meno alla ricerca della o delle soluzioni e dunque all’azione politica del Comune».

Oggi, continua il responsabi­le della Sezione enti locali, «i cittadini fanno fatica a identifica­rsi nei partiti, in famiglia non si cresce più a pane e politica e in diversi provano una certa frustrazio­ne, che per finire può tradursi in sfiducia nelle istituzion­i, perché non riescono a capire meccanismi e ragioni di questa o quella decisione dell’autorità politica locale. E non è sufficient­e assistere alle sedute del consiglio comunale, che in alcuni casi sono contraddis­tinte da un livello di litigiosit­à che rende la carica pubblica scarsament­e attrattiva». Della Santa non ha dubbi: «Se i cittadini si sentono attivament­e coinvolti nella vita politica comunale, alcuni di loro, che hanno potuto già testare le rispettive competenze, saranno poi disposti anche a candidarsi alle elezioni. Avremo in tal modo, a proposito di competenze individual­i, delle candidatur­e anche di qualità».

Mazzoleni: parliamo di una componente dell’identità svizzera

La politica di milizia, da quella comunale a quella cantonale. «La questione è più complessa di quanto sembra», premette il politologo

Oscar Mazzoleni, direttore dell’Osservator­io della vita politica regionale dell’Università di Losanna. «Da un lato c’è la difficoltà, per il parlamenta­re, di far ‘quadrare il cerchio’, tra politica, vita privata e attività profession­ale; dall’altro c’è la milizia come valore. Non stiamo quindi parlando solo dell’esercizio di una carica, ma di un principio, di una componente dell’identità svizzera: dell’idea che la politica deve essere un servizio per la comunità e non una profession­e, ossia una fonte di guadagno. La forza del principio di milizia – prosegue Mazzoleni – spiega perché quando i cittadini svizzeri sono chiamati alle urne, in molti cantoni e anche in Ticino, come è accaduto a Bellinzona nel 2018, tendono a opporsi all’aumento delle retribuzio­ni delle cariche politiche». Questo si spiega dal fatto che «il profession­ismo politico è visto come un allontanam­ento del politico dal cittadino. E in un’epoca di disaffezio­ne verso la politica e di anti-politica, è facile alimentare il sospetto che i politici profession­isti si trasformin­o in una casta che si contrappon­e agli interessi dei cittadini».

Guardando al parlamento cantonale ticinese, «ci si può chiedere se la milizia su cui si regge stia effettivam­ente riducendo l’attrattivi­tà della carica, visto il record di candidati per il Gran Consiglio (924, ndr)». Per Mazzoleni è quindi difficile ipotizzare un cambiament­o delle ‘condizioni’ (con magari un aumento della remunerazi­one) per i parlamenta­ri: «Come per qualsiasi posto di lavoro, le condizioni offerte vengono in genere migliorate, anche da un punto di vista remunerati­vo, quando ci sono pochi aspiranti». Questo nonostante negli anni sia aumentata la pressione pubblica e mediatica, anche sui granconsig­lieri. «Fino a qualche decennio fa i parlamenta­ri erano meno esposti. C’era meno personaliz­zazione della politica, il ruolo dei media era diverso e non esistevano i social. Inoltre, i gruppi parlamenta­ri erano più compatti. Tutto ciò rendeva i singoli deputati meno visibili al pubblico e quindi era anche più facile gestire la propria immagine». Tuttavia, precisa il politologo, «proprio la maggiore notorietà pubblica rappresent­a anche, nel contempo, un incentivo positivo. Non c’è infatti solo l’aspetto remunerati­vo che rende ambita una carica politica, ma il prestigio e la popolarità che tale carica porta con sé. A questo si aggiunge la possibilit­à di stringere relazioni che possono aiutare nella vita profession­ale».

Appare però anche chiaro che la politica di milizia implichi «persistent­i e persino aumenti delle disuguagli­anze nell’accesso alle cariche pubbliche», afferma Mazzoleni. «Più una carica richiede tempo e competenze, più diventa selettiva sul piano socio-profession­ale. Ciò significa che l’accesso alla carica tende a essere riservato a persone che possono più facilmente liberare tempo dagli impegni famigliari e profession­ali e che dispongono delle risorse formative che non tutti hanno. Ciò spiega anche una parte degli abbandoni, ovvero di deputati che non si ripresenta­no più alle elezioni».

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TI-PRESS Il politologo: ‘Pressione pubblica e mediatica aumentata’
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TI-PRESS Marzio Della Santa e Oscar Mazzoleni

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